(dal latino
carcer: recinto e poi prigione). Luogo di
detenzione in cui vengono trattenuti individui condannati per un reato, oppure
in custodia preventiva. Come edificio ha assunto una sua tipologia in epoca
romana, mentre nelle civiltà più antiche, dove la detenzione
esisteva solo in attesa del giudizio o dell'esecuzione della pena, veniva
adibito a
c. qualunque ambiente da cui non si potesse fuggire. ║
Nella moderna legislazione italiana il
c. è diviso in stabilimenti
di custodia preventiva, stabilimenti di pena ordinari, stabilimenti di pena
speciali. Gli stabilimenti di custodia preventiva sono destinati a quanti non
abbiano ancora subito una condanna definitivamente confermata dalla corte di
Cassazione. Gli stabilimenti di pena ordinari si dividono in
ergastoli,
case di reclusione e
case di arresto. Per quanto riguarda queste
ultime, è prevista un'ulteriore suddivisione in
Stabilimenti per i
minori di 18 anni,
Case di lavoro all'aperto e
Stabilimenti di
riadattamento sociale. Sono, o in certi casi erano, previste anche
Case
di punizione,
Case di rigore,
Case per minorati fisici e
psichici,
Sanatori giudiziari,
Ergastoli speciali. Per tutti i
detenuti, compresi quelli ancora in attesa di giudizio, si prevede l'obbligo al
lavoro, che viene remunerato a spese dello Stato. Gli stabilimenti di pena sono
gestiti da direttori, che hanno alle proprie dipendenze il personale di
sorveglianza e il personale di concetto. I compiti di sorveglianza sono affidati
ad agenti appartenenti al corpo delle guardie carcerarie e, per quanto riguarda
le donne, a suore. Tutti dipendono dal ministero di Grazia e Giustizia. Nei
c. di minore importanza le funzioni del direttore sono assunte dal
procuratore della Repubblica o dal pretore. Una nuova regolamentazione del
regime carcerario italiano è stata stabilita dalla L. 8 n. 354 del
26.7.1975, integrata dal DPR 29.4.1976 n. 431. Con tale legge avrebbe dovuto
attuarsi un'ampia riforma dell'ordinamento penitenziario, tesa a dare alle
c. un assetto più umano, un maggiore riconoscimento dei diritti
del cittadino detenuto e consentire il suo effettivo reinserimento sociale. La
riforma carceraria, però, ha avuto un'applicazione pratica parziale e
insoddisfacente per vari motivi. In particolare, per la difficoltà di
adeguare le vecchie strutture carcerarie ai nuovi principi, per l'insufficienza
degli organici degli agenti di custodia e di personale specializzato, per il
sovraffollamento delle
c., dovuto soprattutto al numero crescente di
detenuti in attesa di giudizio. A questi motivi, va aggiunto l'irrigidimento
negli anni Settanta della stessa legislazione, determinato dalla gravità
dei fatti di terrorismo e di criminalità comune organizzata. Le leggi
eccezionali, successive alla riforma carceraria del 1975, hanno modificato i
termini massimi della carcerazione preventiva, stabiliti dall'art. 277 del
Codice di procedura penale, che prevedeva un termine massimo di 2 anni, quando
l'accusa concerneva reati punibili con l'ergastolo o con una pena non inferiore
ai 20 anni. In base alla legge 7.6.1977 n. 296, la decorrenza dei termini
rimaneva sospesa per cause di forza maggiore. Attraverso una serie di rinvii e
di meccanismi giudiziari, la carcerazione preventiva poteva pertanto protrarsi
per un periodo superiore a 10 anni. Il regime carcerario è stato,
inoltre, reso più rigido con l'istituzione delle
c. speciali,
"supercarceri" dotati di eccezionali apparati di sicurezza. Per risolvere un
problema che, alla fine del 1983, ha portato la popolazione carceraria a
superare il numero di 40.000 detenuti, due terzi dei quali costituito da
detenuti in attesa di giudizio e in buona parte accusati di reati politici, si
è posta la necessità di una revisione delle leggi eccezionali, e
nuove norme meno restrittive sono state approvate nel 1984. La legge 25.1.1985
n. 7 ha apportato, poi, altre leggere modifiche alla legge del 1984 (28.7.1984
n. 398) sulla carcerazione preventiva. Inoltre, con l'entrata in vigore (28
luglio 1989) del nuovo Codice di procedura penale, si è tentato di
svecchiare e rendere più coerente il processo penale italiano, ciò
che indirettamente riguarda anche la situazione carceraria (specialmente nei
casi di attesa di giudizio).