Stats Tweet

Curvatura.

L'atto o l'effetto del curvare, del piegare a forma di arco. ● Anat. - Termine con cui si indicano curve, ripiegature o margini arcuati di un organo o di una sua parte. ● Ott. - C. del campo: sinonimo di aberrazione di un sistema ottico (V. ABERRAZIONE). ● Agr. - C. dei rami: pratica della frutticoltura, consistente nel curvare i rami flessibili degli alberi da frutto o i tralci della vite. Si tratta di un completamento della potatura che ha lo scopo di stimolare la fruttificazione. ● Aer. - C. alare: c. della linea media di un profilo in rapporto alla corda alare. ● Mat. - Concetto geometrico che, nell'aspetto più semplice e intuitivo, si presenta facendo riferimento a un cerchio, per il quale la c. è uniforme e ha lo stesso valore in ogni punto. Assegnata una curva piana = f(x), con f(x) definita su un intervallo (a, b) e ivi continua con la sua derivata del primo e del secondo ordine, si intende per c. media di tale curva, nell'intorno di un suo punto P di coordinate x0 e y0 = f(x0), il valore del rapporto:

Curcul04.png

Al numeratore compare la differenza formata con riferimento dagli angoli delle tangenti alla curva nel punto P e nel punto di ascissa x + h (in pratica, l'angolo che le due tangenti formano tra loro); al denominatore compare la lunghezza dell'arco rettificato compresa tra il punto P e il punto di ascissa x + h. Se facciamo tendere verso 0 l'incremento h e calcoliamo il limite del rapporto sopra visto, esso (se esiste finito) si chiama c. della curva nel suo punto P. Se tale c. è diversa da zero, il suo reciproco R si dice raggio di c.; questo coincide con il raggio del cerchio che oscula la curva nel punto P. Assumendo le ipotesi sopra enunciate, si può dimostrare che la curva ammette nel suo punto P una c. finita che è data dalla formula:

1/R = f"(x)/[1 + f'² (x)]3/2

Se la c. non è eccessiva (come, ad esempio, quella della deformazione delle travi caricate e, in genere, di tutte le strutture trattate dalla teoria dell'elasticità), si può porre con ottima approssimazione: 1/R = f"(x) = d²y/dx². Il luogo dei centri di c. di una curva piana C si dice evoluta della curva C. Passando a considerare le curve sghembe, per esse si definiscono innanzitutto il triedro principale e il piano osculatore. La definizione di c. diventa però più complessa; si hanno due c. principali, dette flessioni e torsioni. La prima è analoga alla definizione di c. data per le curve piane, ed è tanto maggiore quanto più rapidamente la curva si stacca dalla sua tangente; la seconda dipende, invece, dalla rapidità con cui la curva si scosta dal suo osculatore. La flessione media dell'arco di curva compreso fra i punti P e Q della curva non è definibile, in quanto le tangenti in P e in Q alla curva non si incontrano se questa è gobba; può, però, esistere il limite del rapporto tra le tangenti in P e in Q, e la lunghezza dell'arco PQ rettificato al tendere di Q a P. Tale limite, se esiste finito, si dice flessione della curva nel suo punto P. Essa vale:

1/R = Curcul05.png

ove s è la coordinata ascissa sulla curva e a, b, c, sono i coseni direttori della tangente alla curva del punto P. Analogamente, si definisce la torsione in un punto P come il limite (al tendere del punto Q a P) del rapporto fra l'angolo formato dalle binormali alla curva in P e Q e la lunghezza dell'arco PQ rettificato. Se tale limite esiste finito, sotto alcune ipotesi si può dimostrare che la torsione 1/T (ove T = raggio di torsione) vale:

1/T = Curcul06.png

essendo h, m, n i coseni direttori della binormale alla curva nel suo punto P. Considerata l'elica circolare (curva che si può pensare generata da un punto che ruota attorno a un asse con velocità angolare costante, mentre trasla di moto uniforme nel senso dell'asse stesso), è facile dimostrare che essa rappresenta la curva a flessione e torsione costanti in ogni suo punto. Consideriamo ora il caso delle superfici: sia S una superficie rappresentabile in uno spazio cartesiano dall'equazione z = f(x, y), ove la f(x, y) è una funzione definita in un campo A del piano x, y, ivi continuo con la sua derivazione prima e seconda. Se in un punto P della superficie S tracciamo la normale alla superficie stessa, considerato un piano qualsiasi π passante per detta normale, esso interseca la P della superficie S nel punto P. Di tali sezioni ne esistono naturalmente una semplice infinita, una per ogni piano del fascio che ha come sostegno la normale in P alla curva. Ogni sezione normale avrà nel suo piano una c. o flessione; si conviene di attribuirle segno positivo o negativo secondo che la direzione positiva della normale alla curva in P (direzione il cui senso possiamo scegliere arbitrariamente, ma una volta per tutte) sia rivolta verso la concavità o la convessità (rispettivamente) della sezione normale. Fra le infinite c. che una superficie presenta in un suo punto P, due di esse presentano c. massima e minima; diremo 1/R1 e 1/R2 tali curvature, sezioni principali le due sezioni normali che le presentano. Vale, in questo caso, la formula di Eulero, secondo la quale la c. di una qualsiasi sezione normale (individuata da un piano normale che forma un angolo α con il piano principale sul quale la c. è minima, ossia ha raggio di c. R1, supponendo R1 > R2) è data dalla seguente espressione:

1/R = cos²α/R1 + sen²α/R²

essendo R, come al solito, il reciproco della c., cioè il raggio di c. La formula di Eulero serve proprio per individuare i piani principali e le c. massima e minima. Riguardo al segno delle due c. principali, ovvero a quello dei raggi di c. principali, se si conviene di attribuire loro lo stesso segno delle c., i punti di una superficie possono essere di tre tipi. ║ Punto ellittico: R1 e R2 hanno segno concorde; se la superficie S in un intorno di tale punto sta tutta da una parte rispetto al piano tangente alla superficie del punto stesso, sono tali tutti i punti di un ellissoide reale. ║ Punto iperbolico: R1 e R2 hanno segno discorde. Il piano tangente alla superficie stessa nel punto considerato seca la superficie stessa, ed è iperbolico ogni punto di un paraboloide rigato. ║ Punto parabolico: uno dei due raggi di c. principale ha valore infinito e, di conseguenza, la corrispondente c. è nulla; si vede quindi che il segno dell'altra non riveste importanza. È di questo tipo ogni punto di una superficie conica distinto dal vertice. Nel caso particolare in cui valga l'uguaglianza R1 = R2, dalla formula di Eulero si deduce immediatamente che la c. è costante per qualsiasi sezione normale: un punto come questo si dice ombelico o punto sferico; sono tali, infatti, tutti i punti di una sfera.