Dottrina che nel corso dei secoli propugnò
un'accentuazione unilaterale dei diritti ecclesiastici e politici del papato,
nel senso di una centralizzazione della Curia romana. Le affermazioni più
radicali in tal senso, in epoca medioevale, si trovano nel
De ecclesiastica
potestate (1301) di E. Colonna. In seguito al Concilio di Trento (1545-63),
il
c. si concentrò nella difesa della potestà del pontefice
di emanare leggi che, pur riferite alla Chiesa, vincolassero anche gli Stati
cattolici. In età moderna, si è identificato piuttosto con la
potestà del pontefice di censurare le leggi ritenute dannose per la
Chiesa; tale posizione, rappresentando ovviamente una chiara direttiva d'azione
per gli Stati confessionali, è stata spesso causa di conflitti interni
(ad esempio, con i cattolici intenzionati a partecipare alla vita politica) e di
accuse d'intromissione nelle attribuzioni dello Stato.