Stats Tweet

Cromizzazione.

Operazione di finitura di parti metalliche - soprattutto in materiale ferroso - che consiste nella formazione di uno strato superficiale di cromo, molto aderente in quanto penetra anche per 0,1 mm o più nel metallo base alligandosi con esso. La formazione di una lega ferro-cromo, con cromo praticamente puro alla superficie del pezzo, porta a un notevole miglioramento delle caratteristiche del materiale ferroso, che diviene sotto certi aspetti simile a un acciaio inossidabile. Questo è particolarmente utile per pezzi che siano sottoposti a corrosione sia per l'umidità, sia per le alte temperature (dovute ai gas di scarico). Rispetto alla cromatura (galvanica) la c. produce uno strato strettamente legato al metallo base a livello atomico, che può quindi subire eventuali lavorazioni plastiche senza distaccarsi. Inoltre, lo strato ottenuto in questo modo è pressoché esente da porosità e microcricche anche su pezzi di forma complicata e con dei forti sottosquadra. La c. è nota dal 1936, ma solo negli anni Cinquanta furono messi a punto dei processi industriali. Il processo Becker (nato nel 1936) faceva uso di un alogenuro volatile di cromo, che veniva poi decomposto ad alta temperatura sul pezzo da cromizzare. Il processo Kelley ricorre invece alla cementazione per contatto; il pezzo viene ricoperto con una polvere di ossido di cromo poi ridotta a metallo mediante un riducente in essa incorporato (come il carbone) o gassoso (come l'idrogeno). Questo metodo è lungo e richiede alte temperature; inoltre non è possibile trattare materiali ad alto tenore di carbonio (e quindi nemmeno la ghisa). Un processo che dà migliori risultati e che quindi ha avuto una notevole applicazione è il DAL (Diffusion Alloys Limited): il pezzo da cromizzare viene messo in una cassetta di acciaio contenente la miscela cromizzante che viene poi chiusa, per impedire l'ingresso di aria, lasciando però uno sfogo per i gas, e riscaldata. In sei ore circa si ha uno strato di c. di 25-50 micron; con tempi più lunghi si può giungere anche a 100 micron (0,1 mm) e oltre. La polvere di c. è una miscela composta da ferro-cromo, carbone e ioduro di ammonio; il resto è un riempitivo altofondente quale ad esempio il caolino. Il riscaldamento avviene in forno a muffola per il tempo necessario; il raffreddamento dopo la c. deve essere effettuato anch'esso a cassetta chiusa. Per quanto riguarda il meccanismo della reazione si ritiene generalmente che lo ioduro di ammonio si dissoci in ammoniaca e acido iodidrico. L'ammoniaca a sua volta si dissocia in azoto e idrogeno; questo serve a mantenere l'ambiente riducente. L'acido iodidrico, reagendo col ferrocromo, forma ioduro di cromo volatile, il quale a contatto col ferro deposita cromo trasformandosi con una reazione di scambio in ioduro di ferro. A sua volta questo reagisce con l'idrogeno dando ferro metallico (che passa nella polvere) e acido iodidrico che riprende la sua azione. Lo spessore dello strato non si forma tutto in questo modo (che interessa solo la superficie del pezzo) ma anche per diffusione allo stato solido, che alle alte temperature è relativamente veloce. Dato il meccanismo della reazione, nel quale il trasporto del cromo è affidato a un gas, la c. avviene ugualmente bene su tutti i punti del pezzo anche se questo presenta delle cavità (nelle quali non si avrebbe deposito di cromo per via galvanica) o delle piccole cricche. Un ulteriore processo in uso è il Chromalloy, che si richiama a quello di Becker con la differenza che l'alogenuro volatile di cromo è generato, nella cassetta, attraverso una polvere o graniglia di mescola opportuna. Anche tutti gli altri procedimenti sono simili a questi. Fra essi vale la pena di citare il BSD (Becker-Daeves-Steinberg), che usa una polvere a base di ferrocromo e caolino, attivata per passaggio di acido cloridrico, e quello dell'ONERA (Office National d'Etudes et de Recherches Aéronautiques), che è simile al DAL ma usa fluoruro di ammonio e può effettuarsi a temperature leggermente inferiori. In certi casi si fa una c. con elementi in lega insieme col cromo; per la corrosione ad alta temperatura può ad esempio essere vantaggioso uno strato contenente dell'alluminio e del silicio.