Voce inglese: piroscissione. ● Chim. -
Processo di scissione termica, usato in particolare nell'industria
petrolchimica, attraverso cui viene ridotto il peso molecolare degli idrocarburi
cosiddetti pesanti. La reazione consente di produrre benzine, distillati medi
delle frazioni più pesanti del petrolio, idrocarburi paraffinici
ramificati, derivati aromatici e in particolare idrocarburi olefinici e
diolefinici leggeri tra cui etilene, propilene, butadiene e acetilenici,
fondamentali nella formazione di materie plastiche, fibre sintetiche,
elastomeri. Le benzine ottenute dai
c., in particolare da quelli
catalitici, sono molto indicate come carburante, in quanto sono costituite da
idrocarburi ramificati, con un elevato numero di ottani. I primi processi
industriali furono effettuati con metodi termici, sfruttando unicamente la
maggiore stabilità che gli idrocarburi leggeri presentano a temperature
relativamente elevate. Successivamente, studi approfonditi dei fattori cinetici
permisero l'introduzione i metodi catalitici, con risultati migliori. Infatti
nelle condizioni di lavoro anche gli idrocarburi leggeri (da 6 a 10 atomi di
carbonio) sono instabili rispetto a quelli a minor numero di atomi, e anche
rispetto agli elementi (CeH
2). La buona resa del processo dipende
quindi principalmente dai fattori cinetici: hanno grande importanza ad esempio
il tempo di permanenza nel reattore, oltre che la temperatura e il
catalizzatore. Il
c. termico si suole suddividere in:
c. a vapore,
che si impiega per produrre olefine, etilene, diolefine leggere;
c.
termico propriamente detto, che si applica su distillati più pesanti
e che produce combustibili per motori a scoppio;
visbreaking
(
viscosity breaking), ossia abbassamento di viscosità applicato a
grezzi ossia a idrocarburi già liberati da frazioni leggere;
coking o
c. a residuo di coke, in cui il grezzo è
trasformato in frazioni distillabili in quantità maggiori, così
che aumenta la produzione di coke. Si opera a temperature di 450-550 °C o a
una pressione superiore all'atmosferica per evitare formazione di
coke di
petrolio cioè di carbonio elementare. I legami carbonio-carbonio vengono
scissi mediante la sola azione del calore e si ottiene una resa anche del 60%.
L'alimentazione è riscaldata in una fornace con uno scambiatore
monotubolare (
pipe still) ed è alimentata al reattore. Si opera in
fase liquida o in fase a vapore: nel primo caso si tiene una pressione maggiore
e una temperatura minore rispetto al secondo e il prodotto è più
ricco in idrocarburi medi. All'uscita dal reattore è posta una camera di
espansione (o di flash) nella quale si separano i prodotti leggeri che vanno
alla distillazione da quelli pesanti che vengono riciclati. Uno dei problemi
più difficili che si dovette superare con l'introduzione dei
catalizzatori fu la loro diminuzione di attività dopo un brevissimo tempo
per i depositi di carbonio che si formavano su di essi. Si rese necessaria la
creazione di sistemi che permettessero la rigenerazione dei catalizzatori.
Attualmente i
c. catalitici, tutti in fase gas, si distinguono in due
tipi: a letto mobile e a letto fluido. Nel primo, il catalizzatore è
costituito da sferette del diametro di alcuni millimetri, che vengono pompate
mediante un trasporto pneumatico in testa alla colonna di
c., da cui
cadono attraverso i vapori. Una parte del catalizzatore estratto dal fondo viene
rigenerata, scaldandola in presenza di aria, per bruciare i depositi carboniosi
prima di essere rimessa in ciclo. Il
c. a letto fluido è, come il
precedente, in fase gas, ma il catalizzatore è sotto forma di una polvere
finissima che è tenuta sospesa dal fluido dei vapori verso l'alto,
secondo le tecniche dei letti fluidizzati. La rigenerazione è ottenuta,
come nel caso precedente, su una parte di catalizzatore asportata dal letto e
poi rimandata in esso. La combustione dei depositi carboniosi di cui si è
detto, essendo esotermica, produce un riscaldamento spinto del catalizzatore; in
questo modo si fornisce calore ai reagenti. Per il modo in cui si attua la
rigenerazione, il catalizzatore è supportato su una base di materiale
refrattario, ad esempio silice. Una composizione tipica dei gas uscenti dal
c. può essere la seguente nei tre casi: A)
c. non
catalitico in fase liquida; B) come il precedente in fase vapore; C) catalitico
(fase vapore).
|
A) %
|
B) %
|
C) %
|
Metano
|
50
|
28
|
18
|
Idrogeno
|
3
|
9
|
30
|
Etano
|
17
|
14
|
8
|
Propano
|
10
|
3
|
15
|
Butano
|
5
|
1
|
11
|
Etilene
|
2
|
20
|
4
|
Propilene
|
9
|
15
|
8
|
Altri (C4)
|
4
|
10
|
6
|
La quantità dei gas è molto elevata,
in quanto può giungere al 30÷40% della
carica. Questi gas vengono in genere frazionati per separarli; l'idrogeno si
utilizza nella preparazione di benzine di idrogenazione e nella desolforazione
del grezzo; il metano viene usato come combustibile o venduto come prodotto per
sintesi chimica; etano, butano e propano vengono venduti come GPL, l'etilene
costituisce materia prima per la preparazione di composti chimici, o per essere
polimerizzato a polietilene. Fino a pochi anni fa il propilene non aveva altri
impieghi industriali se non come combustibile. Lo sviluppo di nuovi
catalizzatori, dovuti al tedesco K. Ziegler e all'italiano G. Natta permisero di
trasformarlo in polipropilene, materia plastica analoga al polietilene, ma
dotata di caratteristiche migliori.