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Costumbrismo.

(dallo spagnolo costumbre: costume, uso). Genere letterario narrativo, diffuso in Spagna e in America Latina soprattutto nel XIX sec., fondato principalmente sulla descrizione e l'osservazione di costumi tradizionali, scene folcloristiche, personaggi e scene popolari. Sorto verso la fine del XVIII sec., il C. presenta grandi analogie con certi quadri di Goya e, più precisamente, con i suoi cartoni; in particolare, la critica moderna considera il C. solo a partire dai sainetes (rappresentazioni del teatro comico) madrileni di R. de la Cruz o da quelli andalusi di J.I. Gonzales del Castillo oppure, per la narrativa, dal Libro de moda (1795) di J.A. de Iza Zamacola, ricco di racconti ispirati ai costumi popolari spagnoli. Nel XIX sec. i maggiori esponenti del C. spagnolo furono: Mesonero Romanos (Escenas matritenses), Estébanez Calderón (Escenas andaluzas), A. Flores (Ayer, hoy y mañana). Verso la metà dell'Ottocento, Fernán Caballero, con Gaviota (1849) e A. de Trueba diedero il via alla narrativa realista, strettamente legata al grande filone del C. pur se articolata in modo diverso, con una vera trama e con descrizioni anche psicologiche dei personaggi: il costume popolare serve solo da contorno, non è più fine a se stesso come accadeva prima. La storia della letteratura spagnola riconosce come ultimo lavoro di puro C. spagnolo le Escenas montanesas pubblicate nel 1864 da J.M. de Pereda.