(dal greco
kósmos: ordine, mondo e
lógos: parola razionale). Complesso di teorie riguardanti la
struttura e l'evoluzione dell'universo. ● Astron. - In ambito scientifico
la base delle speculazioni cosmologiche fu posta nel XVI sec. dalla teoria
eliocentrica di Copernico (V.), che poneva al
centro dell'universo non più la Terra ma il Sole. Una volta accettato che
la Terra non occupava nel cosmo una posizione privilegiata (concetto di
singolarità), fu possibile, grazie al procedere delle osservazioni
astronomiche che mostravano un universo sempre più esteso (popolato di
infinite stelle e galassie), giungere alla conclusione che nel cosmo, in
realtà, non fosse possibile individuare alcuna posizione di
singolarità. Da questa premessa fu possibile arrivare alla
formulazione del
principio cosmologico secondo il quale l'universo
è omogeneo ed isotropo, fondamento metodologico della
c. moderna.
Questa supposta omogeneità permise di applicare alla totalità del
sistema (il cosmo) leggi fisiche verificate solo in una porzione limitata di
esso, secondo un metodo deduttivo che implicasse a posteriori la verifica delle
ipotesi formulate. In un primo tempo il principio cosmologico portò a
supporre un universo infinito e statico, cioè privo di moti sistematici
su larga scala: lo stesso Einstein, applicando la teoria della relatività
(V. RELATIVITÀ, TEORIA DELLA) all'universo
in toto come sistema, fu costretto ad inserire nelle sue equazioni un
correttivo (detto "termine cosmologico") per poter dimostrare la
staticità che aveva postulato in esso. A partire, però, dalle
osservazioni di E.P. Hubble (V. HUBBLE E HUBBLE, LEGGE
DI) sulla recessione sistematica delle galassie e dalla sua teoria
sull'espansione dell'universo, il mondo scientifico accettò un modello
concettuale secondo il quale l'universo in espansione non risultasse in
contrasto con il principio cosmologico. Per ovviare, tuttavia, alle
difficoltà che l'espansione poneva in relazione all'evoluzione del cosmo
e al punto iniziale dell'espansione medesima, alcuni studiosi formularono il
principio cosmologico perfetto o
teoria dello stato stazionario,
secondo il quale l'uniformità dell'universo era tale non solo nello
spazio ma anche nel tempo. Questa tesi, pur eliminando da una parte i problemi
posti dall'evoluzione passata e futura dell'universo, dall'altra entrava in
contraddizione con i dati dell'espansione. Questi, infatti, alla lunga,
avrebbero portato a prevedere una sorta di diluizione del materiale cosmico e di
conseguenza a dover postulare addirittura una creazione continua, seppur
infinitesimale, di materia per sopperire a quella portata dall'espansione oltre
il limite della velocità della luce. Il modello di
stato
stazionario venne di fatto soppiantato dalle teorie evoluzionistiche di
Gamow e Dicke e dalle osservazioni sperimentale di Penzias e Wilson nel 1965. La
scoperta indiscutibile dell'esistenza di un gas di fotoni che, alla temperatura
di 2,7 K, riempiva tutto l'universo si inserì perfettamente nel modello
evoluzionistico del
big bang caldo (V. BIG
BANG). Secondo questa ipotesi, una palla infuocata primitiva, contenente
tutta la materia e le radiazioni, si disperse in un enorme volume attraverso uno
"scoppio" gigantesco. Le moderne ricerche cosmologiche sono tutte indirizzate ad
una sempre più completa e convincente costruzione del modello cosmologico
del big bang. ● Filos. - La
c. più diffusa
nell'antichità classica, che dominò anche durante il Medioevo, fu
quella aristotelico-tolemaica: il cosmo vi era concepito come finito, perfetto,
unico ed eterno; al centro di esso era posta la Terra, circondata dalle sfere in
movimento rotatorio della Luna, dei pianeti e delle stelle fisse; Dio era il
motore immobile dell'universo. Questa visione fu messa in dubbio prima da
Guglielmo di Occam nel XIV sec., poi da Nicola Cusano nel XV sec. Dal XVI sec.
in poi, con Keplero, Galileo, Newton e la
c. meccanicistica di Cartesio,
anche in ambito filosofico la
c. venne a identificarsi sempre più
con la scienza empirica. ║
Prova cosmologica: prova teologica
dell'esistenza di Dio formulata da Aristotele e ripresa da San Tommaso d'Aquino
nella
Summa theologiae. In essa si stabilisce che il movimento continuo
ed eterno del cielo primo mobile, che infonde movimento a tutti gli altri cieli,
deve essere impresso da un principio la cui sostanza non possa essere mossa (per
non retrocedere all'infinito nella serie causale) e perciò
immobile.