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Cosmogonìa.

(dal greco kósmos: ordine, mondo e goné: nascita). Termine indicante un complesso di teorie scientifiche o un corpo di racconti a carattere mitologico o religioso riferiti alle origini e alla formazione dell'universo. ● Astron. - Il termine c. indicò, dai filosofi presocratici in poi, il tentativo di individuare un principio costitutivo dell'universo. A partire dal XVII sec., tuttavia, in ambito scientifico si cominciarono a definire teorie cosmogoniche unicamente le ipotesi relative alla nascita e formazione del sistema solare, mentre a poco a poco diventò oggetto della cosmologia (V.) non solo l'indagine sulle condizioni attuali ma anche quella sulle origini dell'universo. La prima teoria cosmogonica scientifica, costruita secondo autonomi principi metodologici, fu quella, detta dei vortici, elaborata da Cartesio nel 1664 in Le monde ou le Traité de la lumière. Il matematico francese affermò che il Sole e i pianeti si erano formati, a partire da una massa primordiale caotica di aria, terra e fuoco, come risultato di movimenti vorticosi. Si trattava di un'ipotesi monistica, che non implicava dunque l'intervento di un corpo esterno; l'ipotesi di G.L.L. de Buffon, al contrario, elaborata nel 1745 a partire dalla teoria della gravitazione (V. GRAVITAZIONE) di Newton, era di tipo dualistico. Nella sua Histoire Naturelle Buffon teorizzò che una cometa, cadendo sul Sole, ne avesse asportato del materiale stellare e che questo, condensandosi, avesse formato i pianeti. All'impostazione monistica di Cartesio si ricollegò Kant (e in seguito Laplace nel 1796), che ipotizzò l'origine del sistema solare, per condensazione, da una nebulosa. Anche le teorie attuali privilegiano modelli monistici di nebulose primeve, rispetto ad altri dualistici o catastrofici. ● Mit. - Racconto mitico sulla formazione dell'universo. Sia in ambito orientale sia in ambito ellenico la narrazione cosmogonica mirava più a spiegare come l'universo avesse raggiunto il suo stato ordinato (contrapposto al cháos primordiale indifferenziato) che a stabilire da dove avesse avuto origine la sua materia costitutiva. I miti cosmogonici erano, secondo la definizione di Mircea Eliade, "miti esemplari", in quanto costituivano non solo il paradigma esterno al tempo storico di semplici azioni e vicende, ma addirittura il fondamento di tutto ciò che esisteva e accadeva. Le c. del mondo antico presentavano numerosi caratteri comuni. Uno dei temi cosmogonici più diffusi è quello della coppia originaria di progenitori divini da cui nascono figli divini e da cui si sviluppa l'intero universo: il cielo e la terra, stretti in un amplesso primordiale, generano un figlio che li separa l'uno dall'altra. Lo spazio che si viene a creare è il luogo in cui l'universo può cominciare ad esistere. Alcuni esempi: nella teologia sumerica, An (il cielo) è separato da Ki (la terra) da Enlil (dio atmosferico); nella teologia egizia di Eliopoli, Nut (dea del cielo) è separata da Geb (dio della terra) dal figlio Shu (lo spazio); nella mitologia Maori, Rangi (il cielo) è separato da Papa (la terra) dal figlio Tane-mahuta; nella teogonia esiodea, Urano è separato da Gea dal figlio Crono. Altre immagini ricorrenti nelle diverse c. sono: l'uovo cosmico, che contiene in sé il germe della vita, presente nell'India vedica, in Iran, nelle dottrine orfiche; la lotta vittoriosa di una divinità o di un eroe su mostri caotici, come nella narrazione babilonese dello scontro fra il dio Marduk e il mostro primevo Tiamat (dal corpo smembrato del quale il dio forma il cielo e la terra). In ambito diverso si collocano i racconti creazionistici, come quello del Genesi, che attribuiscono all'azione divina non solo la potenza ordinatrice ma anche quella di trarre dal nulla la materia primordiale.