Dir. - Accordo di due o più parti per costituire,
regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale. Il
c.,
tipico negozio giuridico bi- o plurilaterale, si distingue per la caratteristica
nota della patrimonialità del suo oggetto, da cui consegue che non
possono essere considerati
c. quei negozi che, sebbene strutturalmente
identici, non tendono a produrre effetti giuridici patrimoniali (le cosiddette
convenzioni). Rappresenta il mezzo più importante attraverso cui
si giunge all'autoregolamento degli interessi privati a forza di legge fra le
parti che lo hanno posto in essere. Elementi essenziali del
c. sono: la
manifestazione di volontà (che nel caso si specifica nell'accordo o
consenso), la causa, l'oggetto, la forma (quando sia richiesta dalla legge a
pena di nullità). Si aggiunge, inoltre, per alcuni
c. (reali) la
consegna della cosa, non bastando in tali casi la sola formazione del consenso a
perfezionare il
c. Diversa può essere la natura degli effetti del
c., cosicché si distinguono i
c. obbligatori, che danno
vita a un rapporto puramente obbligatorio, e i
c. con efficacia reale,
che in base al semplice consenso danno luogo alla costituzione, al trasferimento
o all'estinzione di un diritto determinato. Altre distinzioni si basano: sul
momento in cui si producono gli effetti (
c. con efficacia immediata e
a esecuzione differita); sulla durata degli stessi (
c. a esecuzione
continuata o
periodica); sull'incidenza delle obbligazioni
consequenziali su una sola o su entrambe le parti (
c. unilaterali e
bilaterali o
a prestazioni corrispettive); sulla predeterminazione
e corrispondenza delle prestazioni (
c. commutativi) ovvero sulla
dipendenza di una o di entrambe le prestazioni da un fattore di incertezza che
può giocare a favore dell'una o dell'altra parte (
c. aleatori).
║
C. collettivo: accordo stipulato tra associazioni sindacali
contrapposte con il quale vengono stabilite norme che disciplinano i rapporti
individuali di lavoro. Il contenuto del
c. collettivo si distingue in
parte normativa, concernente la regolamentazione vera e propria dei rapporti
individuali di lavoro, e parte salariale, nella quale sono stabiliti i minimi di
paga. In relazione alla sfera di efficacia territoriale esso può essere:
nazionale, regionale, provinciale e
comunale. In relazione alle
attività economiche può essere:
intercategoriale, di
categoria e
aziendale. Dal punto di vista particolare, il
c.
collettivo di lavoro intende assicurare che le condizioni pattuite dal singolo
prestatore d'opera e dal singolo imprenditore non scendano al disotto di un
determinato livello oggettivamente prestabilito; in tal modo, alla funzione
economica, propria del
c. normativo in generale, che è quella di
assicurare una standardizzazione nella disciplina contrattuale di determinati
rapporti, il
c. collettivo di lavoro aggiunge la funzione sociale di
rappresentare un livello minimo di condizioni garantite al contraente
economicamente più debole. ║
C. individuale: il prestatore
di lavoro si obbliga, mediante un corrispettivo, a mettere a disposizione del
datore di lavoro la propria energia lavorativa, alle dipendenze e sotto la
direzione del datore medesimo. La subordinazione o dipendenza dal datore di
lavoro è la nota fondamentale del rapporto, nonché il criterio che
lo distingue dal
c. d'opera. Il primo ha per oggetto l'utilità
inerente a un'attività lavorativa subordinata, il secondo, invece, ha per
oggetto il risultato di un lavoro, autonomo; nell'un caso il rischio di lavoro,
sia per quanto riguarda il risultato, sia per i pregiudizi che dal lavoro
possono derivare alla persona del lavoratore, incide sul datore; nell'altro,
viceversa, il rischio è a carico di chi si è obbligato a compiere
l'opera o il servizio. I prestatori di lavoro si distinguono in due categorie,
impiegati e operai; il
c. di lavoro si specifica rispettivamente come
c. d'impiego (privato) e
c. di mano d'opera. I dirigenti
amministrativi o tecnici sono, in realtà, impiegati qualificati da
funzioni direttive. ║
C. di formazione e lavoro: speciale contratto
di lavoro a termine con il quale possono essere assunti esclusivamente giovani
dai 15 ai 33 anni. Disciplinato a partire dal 1984, tale contratto ha durata
massima di 24 mesi; non può essere rinnovato e solleva il datore di
lavoro dal pagamento di parte della contribuzione previdenziale. ║
C.
di lavoro a termine: cessa allo scadere di un determinato periodo di tempo.
Una legge del 1994 ha stabilito che non può durare più di 12 mesi
e non può essere applicato a un numero di lavoratori superiore al 10%
degli occupati a tempo indeterminato.