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Contemplazione.

Atto del contemplare, del meditare; espressione della vita ascetica e mistica. In origine la contemplatio era l'osservazione del volo degli uccelli entro un determinato spazio (templum). ● Filos. - Atto percettivo o conoscitivo che, astraendo dall'oggetto conosciuto e percepito, ha come fine se stesso. Platone considerò la c. il momento più alto del pensiero, l'unico che permettesse all'uomo di accedere alle idee. Allo stesso modo Aristotele riprese tale concetto, privato però di ogni sfumatura trascendente, affermando che l'uomo contemplativo è simile a Dio, in quanto basta a se stesso. Poiché Aristotele concepiva il pensiero come la parte divina dell'uomo, egli assimilava la vita c. a quella divina, l'unica che potesse giungere ad afferrare verità eterne, delle quali non potevano fruire gli uomini dediti ad attività pratiche. L'elemento mistico presente nel concetto di c. venne ripreso da Plotino, che sostenne la superiorità della vita contemplativa rispetto a quella attiva, superiorità affermata anche dai pensatori cristiani. L'Umanesimo e il Rinascimento videro invece un profondo mutamento; fino all'Illuminismo si affermò una concezione della conoscenza come strumento d'azione, come mezzo per cambiare il mondo ed agire in esso. L'ideale di vita contemplativa fu ripreso dal Romanticismo, per essere poi nuovamente contrastato dai filosofi moderni da Nietzsche a Marx. ● Rel. - La c. filosofica, in quanto c. naturale, si distingue dalla c. soprannaturale, presente soprattutto nelle filosofie mistico-religiose come quelle neoplatoniche, dalle quali attinsero largamente la patristica cristiana e il misticismo medioevale. Concepita come sperimentale conoscenza di Dio, l'esperienza contemplativa caratterizzò fortemente le dottrine filosofiche e religiose orientali, in particolare quelle indiane, e fu elemento importante nella nascita, nel corso del IV sec., delle prime esperienze di monachesimo. Assertori della vita contemplativa furono i mistici medioevali, tra i quali si segnalano Bernardo di Chiaravalle, secondo il quale il vertice supremo della c. è dato dall'estasi; Ugo di San Vittore, che distinse tre gradi della vita mistica: la cogitatio che è studio della realtà, la meditatio che è studio dell'anima su se stessa, la contemplatio che è intuizione libera e compiuta; San Bonaventura, che distinse nella c. diversi gradi di conoscenza, corrispondenti ai diversi aspetti e attributi di Dio. Nel corso del XX sec., in coincidenza con l'orientamento della Chiesa verso una maggiore conciliazione tra vita attiva e vita contemplativa, la c. ha assunto un peso minore, pur rimanendo elemento essenziale e indispensabile per la salvezza dell'uomo. La teologia distingue, in particolare, una c. infusa, nella quale la volontà umana svolge un ruolo semplicemente passivo, di recepimento dell'intervento divino, e una c. acquisita, nella quale invece la volontà dell'uomo ha un ruolo importante.