Stats Tweet

Condensatore.

Tecn. - Apparecchio usato per il raffreddamento di un fluido o la condensazione di un vapore mediante scambio termico con un fluido refrigerante, che in genere è acqua, aria o altri fluidi disponibili a bassa temperatura. Nelle macchine frigorifere, il c. è l'apparato posto a valle del compressore, nel quale il fluido frigorifero viene liquefatto, mentre esso cede all'esterno il suo calore di condensazione. Nei frigoriferi domestici esso è rappresentato da un serpentino in rame alettato, posto sul retro della carcassa o nella sua parte inferiore; esso funziona ad aria, e la convezione è naturale, essendo l'aria mossa dalla differenza di densità esistente fra l'aria dell'ambiente e l'aria prossima al serpentino, più calda. Negli impianti industriali però, vista la grande quantità di calore da smaltire, non si usano questi c. se non in casi di particolare necessità, in quanto sarebbero più ingombranti e più costosi di quelli ad acqua del tipo a serpentino immerso (poco usato), monotubolare coassiale, monotubolare a pioggia d'acqua; meno usato il tipo a fascio tubiero. ║ In tutti gli impianti di produzione di potenza per mezzo di cicli a vapore (vapor d'acqua nella maggior parte dei casi, ma non sempre) si dice c. l'apparato che al termine dell'espansione del vapore lo condensa rimettendolo in ciclo come liquido. In alcuni casi, come nella maggior parte delle macchine a vapore alternative per trazione, il c. è sostituito da uno scarico atmosferico e da un reintegro completo del fluido. In genere però nella produzione di potenza da vapore mediante il ciclo Ranckine il c. è presente, ed è inserito subito a valle della raccolta del vapore espanso. In esso si mantiene una pressione in genere inferiore a quella atmosferica (negli impianti comuni di turbine a vapore il c. lavora a 0,05 ata, in qualche caso si è scesi a 0,025 ata). Tale pressione è la somma della tensione di vapore dell'acqua alla temperatura cui si trova l'acqua condensata (o condensa) aumentata della pressione dei gas incondensabili presenti. Si tende a renderla sempre minore, in quanto tanto più bassa è la pressione di scarico, cioè la pressione in c., tanto più completa può essere l'espansione del vapore e tanto più alto può essere il rendimento della macchina. La pressione nel c., se si trascurano gli incondensabili, è però legata univocamente alla temperatura della condensa, la quale è a sua volta, negli scambiatori più comuni, cioè a fascio tubiero, di almeno 5÷10°C superiore a quella del fluido di raffreddamento. Date le elevate potenze che in genere sono erogate dalle moderne centrali a vapore, le quantità di vapore da condensare sono rilevanti e, tenendo conto che per condensare un kg di vapore occorrono in genere circa 100 kg di acqua di raffreddamento, la quantità di questa che si richiede è dunque enorme. Le moderne centrali sorgono in prossimità di fiumi o del mare ogni qual volta ciò è possibile: negli altri casi si usa acqua di raffreddamento che a sua volta viene poi raffreddata con aria in apposite torri. Queste disponibilità di acqua impongono però la temperatura della condensa, che è un po' superiore a quella dell'acqua; nel caso di raffreddamento in torre dell'acqua usata nel c., la temperatura di condensazione può superare anche i 40°C. Si cerca in tali casi di rendere la temperatura della condensa il più vicina possibile a quella dell'acqua di raffreddamento: ciò impone spesso la costruzione di scambiatori a superficie (cioè costituiti da fasci di tubi all'interno dei quali passa l'acqua di raffreddamento e all'esterno dei quali condensa il vapore) giganteschi, composti da migliaia di tubi e molto costosi. A questi c. sono collegate le pompe di estrazione degli incondensabili, il cui accumulo porterebbe ad una situazione critica, in cui il vapore non condensa più. La disposizione dei tubi e delle condotte di aspirazione delle pompe obbediscono a precisi criteri fluidodinamici e cinetici, in quanto si deve evitare di estrarre vapore e si deve estrarre gli incondensabili alla minima temperatura possibile. Uno scambiatore che permetterebbe di avere condense a temperatura molto prossima a quella dell'acqua di raffreddamento è quello a miscela, in esso però i due fluidi sono miscelati, onde il suo impiego è possibile solo dove non si rimettano in ciclo le condense, il che non è il caso dei grandi impianti, nei quali sono universalmente usati scambiatori a superficie. Questi, inoltre, devono essere costruiti con materiali opportuni; in particolare se il fluido di raffreddamento è acqua marina, i tubi devono essere costruiti in leghe opportune, molto costose. Inoltre nei tubi l'acqua lascia sempre dei depositi: i c. richiedono perciò una periodica pulizia dei tubi; in alcuni casi si giunge addirittura alla sostituzione periodica dei tubi stessi. Inoltre è da tener presente che la circolazione di acqua di raffreddamento richiede spesso una notevole energia di pompaggio. • Chim. - Nell'industria chimica si dice c. anche l'apparato cui vengono mandati i vapori uscenti in testa alle colonne di distillazione, e nel quale detti vapori vengono condensati mediante un fluido refrigerante, per essere inviati in parte alla colonna stessa di cui costituiscono il riflusso e in parte all'uso. Il c. è dunque una parte integrante della colonna di distillazione, che non potrebbe funzionare senza un riflusso liquido dei vapori di test condensati. Nell'industria chimica è però frequente il caso che il fluido refrigerante sia diverso dall'acqua; si usa spesso ammoniaca liquefatta o anche altri prodotti della stessa distillazione disponibili a temperature opportune. • Elettr. - Dispositivo per l'immagazzinamento di energia elettrica sotto forma di energia di interazione elettrostatica fra cariche di segno opposto affacciate. Il c. è infatti costituito da due armature metalliche (o di altro materiale conduttore) affacciate a breve distanza, ma isolate da un dielettrico (il quale ha anche la funzione di aumentare la capacità del c.); sulle armature sono localizzate delle cariche elettriche, positive su di una e negative sull'altra, che portano le due armature e quindi ogni conduttore collegato con esse, ad un potenziale diverso. Non ha importanza tanto il valore assoluto di tali potenziali quanto la differenza di potenziale (abbreviato d.d.p.) V che esiste fra le due armature quando su una di esse è collocata una carica di valore +Q e sull'altra la carica uguale e opposta -Q (infatti l'insieme deve essere elettricamente neutro, in quanto si può realizzare una separazione di cariche, ma mai una creazione). La misura della capacità di un c., cioè grossolanamente della "quantità di cariche che può contenere", è data dal rapporto fra Q e V; se C è la capacità è dunque:

C = Q/V

e si misura in farad se V è in volt e Q in coulomb. La capacità di un farad (abbreviato F) è però molto maggiore di quelle che si riescono a realizzare comunemente; si usano quindi di solito i sottomultipli del farad, che sono il microfarad (µF), che è uguale a 10-6, e il picofarad (pF) che vale 10-12 F. I c. si denominano dalla loro forma (cilindrici, piani. sferici, ecc.) e dal dielettrico, che può essere anche semplicemente aria. Per un c. piano o sferico a grande raggio di curvatura, la capacità è data dalla formula:

C = εS/d

ove S rappresenta l'area di una delle 2 armature affacciate, d la distanza fra di esse e ε= εr · ε0 è la costante dielettrice del mezzo interposto fra le armature (εr è la costante dielettrica relativa, ε0 è la costante dielettrica del vuoto, o assoluta). Nel caso invece di un c. cilindrico di lunghezza L e di raggio interno R1 ed esterno R2, la capacità è data dalla formula seguente:

C = 2CONCORDE00.png ε · L/ln (R2/R1)

Come si vede, da questa formula si può riottenere quella per il c. piano, se R2 ̣CONCORDE01.png R1, sviluppando in serie il logaritmo e arrestandosi ai primi termini. In tutti i casi si può vedere che la capacità aumenta col diminuire della distanza fra le armature, oltre che con l'aumentare della superficie delle armature stesse. I c. di maggior capacità costruiti sono quelli elettrolitici, e rispondono ad entrambe queste esigenze pur essendo di dimensioni limitate. Come dielettrico si usa un sottile strato di carta paraffinata; su questa si fa deporre per via elettrolitica (donde il nome) un sottile strato di alluminio metallico su entrambe le facce. Questo doppio strato di metallo sostituisce le due armature; il tutto viene poi avvolto in forma cilindrica per avere la necessaria compattezza; in genere è immerso in olio che ha funzioni isolanti e chiuso in un involucro di alluminio. Con questa costituzione si riesce ad avere c. di capacità intorno a 1.000 µF di dimensioni poco superiori ai 10 cm. Si deve tener presente che lo spessore del dielettrico non può essere ridotto ad arbitrio perché la d.d.p. fra le armature, provocando una scarica distruttiva nel materiale, distruggerebbe il c. stesso. Questi c. elettrolitici sono indispensabili negli impieghi che hanno esigenze di potenze elevate. Si impiegano ad esempio per regolarizzare la scintilla nelle auto e proteggere lo spinterogeno da scariche fra le puntine (la circolazione di corrente, all'apertura del circuito, provoca una separazione di cariche, creando fra la puntina e il rocchetto una forte d.d.p., che provocherebbe una scintilla. L'aggiunta di un c. in parallelo al distributore fa si che tale d.d.p. sia molto minore e che fra le puntine platinate non avvenga nessuna scintilla). Un altro uso che richiede elevata potenza si riscontra nei flash per fotografia: l'energia elettrica prelevata dalla rete (e rettificata), da pile o da un accumulatore, viene immagazzinata (in un tempo variabile fra 2 e 20 secondi) in un c. di grande capacità. Allo scatto della macchina fotografica, il c. viene cortocircuitato sul filamento della lampada, e si scarica in un tempo brevissimo (da 1/500 a 1/2.000 di secondo) provocando il lampo. Un tipo di c. elettrolitico moderno si ottiene partendo da una striscia sottile di alluminio che, posta in una cella galvanica, viene ossidata anodicamente. Lo strato di ossido che si forma è un dielettrico, e arrotolando due di tali strisce si ha un c. Da un punto di vista impiantistico si noti che un c. presenta al passaggio di una corrente continua una resistenza infinita (cioè non lascia passare una c.c.) mentre lascia passare una corrente alternata (costituisce uno dei termini dell'impedenza). Ciò permette l'uso del c. per eliminare le ultime fluttuazioni di una corrente raddrizzata; inoltre la corrente (alternata) nel passaggio attraverso un c. viene sfasata in anticipo di 90°; ciò permette l'uso di c. per il rifasamento della corrente alternata industriale quando questa scenda ad un cosφ troppo basso per colpa di un circuito fortemente induttivo. Va ricordato inoltre che anche i c., come tutti i bipoli, possono essere fra loro accoppiati. Se si collegano due condensatori di capacità C1 e C2 in parallelo la capacità C del sistema è data da:

C = C1 + C2

mentre se i due c. sono collegati in serie la C si ricava dalla:

CONCORDE02.png

Analogamente per il collegamento di un numero maggiore di c. ║ In elettronica i c. sono diffusissimi in ogni tipo di circuito; in particolare ricordiamo il c. variabile, costituito da due serie di lamine parallele che possono compenetrarsi più o meno senza toccarsi, variando la capacità. Esso è inserito sul circuito di antenna di tutti i radioricevitori, e la sua regolazione consente di portare il sistema oscillante in cui è inserito a vibrare in risonanza su una data frequenza; operando su di esso si può ottenere la sintonizzazione dell'apparecchio sulle stazioni emittenti. C. di arresto è invece quello inserito in un circuito per eliminare una componente continua, lasciando inalterate o quasi le componenti alternate di frequenza abbastanza elevata. Si usano in genere, data la necessità di avere piccoli ingombri (e capacità non molto elevate) c. a mica, a polistirene, ceramici, così detti dai nomi dei dielettrici usati. • Ott. - Complesso di lenti (o specchi) che, raccogliendo i raggi luminosi di una sorgente, li concentrano su una superficie molto piccola. È costituito in genere da una lente piano convessa, oppure due lenti piano convesse affacciate per la parte curva; in alcuni casi consta di un'unica lente di Fresnel. Il c. costituisce una parte essenziale dei proiettori cinematografici, degli ingranditori fotografici, dei proiettori diascopici ed epidiascopici, degli illuminatori per microscopio, ecc.