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Comuneros.

Nome con cui sono passati alla storia gli abitanti dei comuni della Castiglia insorti contro Carlo V nel 1520-21. La rivolta traeva origine dall'ostilità che circondava la figura e l'operato del giovane re della dinastia asburgica (Carlo I, futuro Carlo V), straniero per la Spagna. L'ostilità era accentuata dall'eccessivo fiscalismo e dalla nomina di alti funzionari stranieri, tra cui il reggente Adriano di Utrecht. A fare scoppiare la scintilla della rivolta fu l'imposizione di nuove gravose tasse. Fra tutti i domini spagnoli, fu la Castiglia a dovere far fronte alle pretese di Carlo V, per finanziarne il viaggio nei Paesi Bassi e l'elezione al trono imperiale (1519). La risposta immediata fu una decisa opposizione, nonostante gli imperiali fossero riusciti, facendo concessioni ai delegati delle cortes castigliane, a indurre otto città su diciotto a votare a favore del servicio. La decisione non fu però accettata dalle popolazioni castigliane e il 20 maggio 1520 giunse a La Coruña, dove le Cortes erano riunite, la notizia dello scoppio della rivolta. Le case dei deputati che avevano votato a favore delle imposte furono attaccate dalla popolazione inferocita e i rappresentanti di Segovia vennero uccisi. I tentativi dell'autorità regia di reprimere la sollevazione con la forza, in particolare l'incendio di Medina de Rioseco da parte delle truppe del re, non fecero che alimentare il fuoco della rivolta, tanto più che le forze regie non potevano contare sull'appoggio neppure dell'aristocrazia. Durante tutta l'estate e l'inizio dell'autunno del 1520, infatti, i nobili non si mossero per difendere il potere regio e solo quando la rivolta cominciò ad estendersi dalle città alle campagne, mettendo in pericolo le proprietà dell'aristocrazia terriera, essi cominciarono ad allarmarsi, primi fra tutti gli aristocratici dell'Andalusia che, avendo al loro servizio molti moriscos, per prevenirne la sollevazione impedirono che la rivolta dei c. si diffondesse al S. Con a capo Toledo, le città ribelli (Segovia, Avila, Valladolid, Burgos, Guadalajara, Madrid), si riunirono in una lega, dando vita a un governo rivoluzionario (junta santa). Il vicerè Adriano di Utrecht fu cacciato da Valladolid, mentre il comandante dei rivoltosi, Padilla, occupava Todesillas e faceva prigioniera la regina madre, Giovanna la Pazza, facendo vacillare il potere imperiale asburgico in Spagna. Si aprirono trattative e l'accordo fu raggiunto con la sospensione del pagamento del servicio, la nomina a reggenti di due spagnoli, l'ammiraglio Enriquez e il connestabile di Castiglia, Velasco, e con l'impegno di un sollecito ritorno del re. La grande massa dei rivoltosi tuttavia non depose le armi e l'esito della rivolta rimase incerto ancora per alcuni mesi. L'elemento popolare e radicale aveva avuto il sopravvento e quando la rivolta rischiò di estendersi alle campagne si riaccese il vecchio antagonismo tra la nobiltà terriera e la nuova borghesia cittadina. Paghi delle concessioni fatte dal re, durante l'inverno 1520-21 gli esponenti moderati della nobiltà e della borghesia urbana passarono dalla parte dei realisti e il 23 aprile 1521 i nobili castigliani e i loro seguaci sbaragliavano a Villalar l'esercito dei c., inducendo Valladolid e le altre città della Castiglia settentrionale a firmare la pace. Solo Toledo resistette sino all'ottobre 1521. Il nome di c. fu poi dato ad altre sollevazioni, in particolare a quella dei comuni della Colombia e del Paraguay ribellatisi alla Spagna nel 1779-1781. ║ Società dei c.: fu detta un'associazione segreta spagnola fondata nel 1821 che, richiamandosi ai ribelli del XVI sec., intendeva sottolineare il proprio radicalismo e distinguersi dai liberali moderati.