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Compromesso.

Transazione, adattamento. ║ C. politico: il concetto politico di c. è strettamente connesso a quello di democrazia, essendo la libera discussione tra maggioranza e minoranza essenziale alla vita delle istituzioni democratiche, per cui il c. significa "risoluzione di un conflitto mediante una norma che non è totalmente conforme agli interessi di una parte, né totalmente contraria agli interessi dell'altra". Pertanto, in una democrazia, "il contenuto dell'ordinamento giuridico non è determinato esclusivamente dagli interessi della maggioranza, ma è il risultato di un c. tra due o più gruppi". ║ C. storico: espressione entrata nel linguaggio politico italiano per indicare la proposta comunista di un nuovo rapporto di collaborazione tra le forze della sinistra marxista e quelle democratico-popolari di centro, in particolare cattoliche e, più propriamente, tra i partiti che tali forze rappresentano: PCI, PSI, DC. L'espressione introdotta dal segretario del Partito comunista, Enrico Berlinguer, è apparsa per la prima volta nel settembre del 1973 sul settimanale "Rinascita" in una serie di articoli presentati come "riflessioni sul Cile". In tali articoli, Berlinguer affermava che il PCI aveva sempre tenuto conto, da un lato, delle condizioni complessive dei rapporti mondiali e del contesto internazionale in cui si colloca l'Italia, dall'altro, dello stato dei rapporti di forza esistenti nel Paese. Ricordato che le scelte di strategia e di tattica del PCI, dalla Liberazione in poi, si erano basate su una valutazione di tutte le forze politiche presenti sulla scena italiana e che il PCI aveva risposto a tutte le manovre antidemocratiche erigendosi a difensore delle libertà e del metodo democratico sancito dalla Costituzione, Berlinguer affermava che, come l'esperienza cilena aveva dimostrato, l'unità delle forze di sinistra non era condizione sufficiente per garantire la difesa e il progresso della democrazia se ad essa si contrappone un blocco di partiti di centro-destra. Per cui il problema politico centrale in Italia rimaneva quello di evitare un'organica saldatura tra le forze di centro e quelle di destra, in un fronte clerico-fascista. Pertanto, secondo il segretario del PCI, era del tutto illusorio pensare che anche nel caso in cui i partiti e le forze di sinistra avessero raggiunto il 51% dei voti e della rappresentanza parlamentare, questo fatto, di per sé, potesse essere sufficiente a garantire la sopravvivenza e l'opera di un governo espresso da tale maggioranza. Ne conseguiva l'adozione da parte del PCI di una linea, non di "alternativa di sinistra", bensì di "alternativa democratica", cioè la prospettiva di un'intesa delle forze di ispirazione comunista e socialista con le forze popolari di ispirazione cattolica, oltre che con quelle di orientamento democratico. Egli proseguiva affermando che la gravità dei problemi italiani, la minaccia di avventure reazionarie e la necessità di avviare il paese verso un sicuro sviluppo economico, sociale e democratico rendevano sempre più urgente e maturo quello che poteva essere definito "il nuovo grande c. storico tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano". La proposta comunista di c. storico sollevò vaste discussioni nel partito e nel Paese e attorno ad essa si sviluppò gran parte del dibattito del XIV Congresso del PCI (Roma, 18-23 marzo 1975) dopo che, nella relazione introduttiva, il segretario Berlinguer aveva ribadito che per uscire dalla crisi e salvare la democrazia era necessario "creare una grande maggioranza" comprendente "tutte le forze popolari e democratiche". Ai poli opposti dell'ampio ventaglio di posizioni, si collocavano quelle di Amendola e Ingrao. Secondo il primo, per uscire dalla crisi economico-politica era necessario un'immediata assunzione di responsabilità di governo da parte del PCI, garante anche dei sacrifici richiesti alla classe operaia. Secondo Ingrao, invece, era innanzi tutto necessario operare una "rottura nel sistema di potere DC", condurre una lotta a fondo contro tale sistema di potere, la cui rottura doveva essere considerata " condizione per spingere a spostamenti di fondo entro la DC", per cui illusoria era "la speranza di un tranquillo passaggio di mano al vertice della DC". Più radicale la posizione di Umberto Terracini, secondo cui nessuna intesa programmatica a lungo respiro era possibile con la DC, essendo questa il partito della grande borghesia. Il prevalere di questa linea politica all'interno del partito, doveva comunque portare il PCI (per la prima volta nel dopoguerra) in una posizione di "non sfiducia" nei confronti di un governo monocolore democristiano nel 1976 e, nel 1978, a dare il voto di fiducia al governo Andreotti. Ma il fallimento della politica di "solidarietà nazionale" determinava il venir meno delle possibilità di realizzazione pratica della proposta comunista e nel XV Congresso del partito (Roma 1979) il concetto di c. storico veniva svuotato del suo significato immediatamente politico (formula di governo, accordo tra PCI e DC) per divenire espressione di un "patto sociale per il risanamento e mutamento del paese, al cui interno possono verificarsi maggioranze e governi diversi". • Dir. - Accordo con cui le parti sottopongono l'accertamento di diritti controversi al giudizio di arbitri. Esso è contratto eccedente l'ordinaria amministrazione e deve essere redatto in forma scritta; deve inoltre determinare l'oggetto della controversia e contenere la nomina degli arbitri (sempre in numero dispari) o indicare il modo per nominarli. La decisione degli arbitri, che si chiama lodo, va depositata nella cancelleria della pretura del luogo dove è stata pronunciata, e il pretore, previo esame formale, la dichiara esecutiva con decreto. Il c., che ha per oggetto l'attribuzione di un potere, contiene la rinunzia reciproca a ricorrere all'autorità giudiziaria per la decisione di una controversia. Se nonostante il patto una delle parti adisce il giudice dello Stato, l'altra può opporre l'eccezione di c. e il giudice dichiara la improcedibilità della domanda. Il c. è vietato per alcune materie (controversie di lavoro, questioni di Stato, cause di separazione tra coniugi, questioni intransigibili in genere) che la legge affida all'esclusiva competenza del giudice.
"Il "Compromesso storico" di Giorgio Bocca