Classe o grado di ordini cavallereschi religiosi o militari;
anche la decorazione che il grado comporta, e, un tempo, i benefici connessi con
l'appartenenza all'ordine e al titolo specifico di cui il beneficiario era
insignito. ║
Contratto di c.: contratto di società
ampliamente utilizzato nel Medioevo per regolamentare i rapporti sorti nel
commercio marittimo. • Dir. -
Nell'antichità assumeva due forme: nella prima, un socio capitalista
(
commendator) affidava danaro o merci al gestore (
commendatarius)
che si impegnava a commerciarlo, trattenendo una parte (normalmente un quarto)
degli utili; nella seconda, il socio commendatarius partecipava con una quota di
capitale e fruiva della metà degli utili. La prima forma prendeva anche
il nome, secondo i luoghi, di
accomendacio, commendacio, accomenda, comanda,
accomandita, la seconda veniva anche detta
collegantia o
societas
maris. Oggi
c. designa diversi istituti che si ricollegano nella
sostanza all'idea di affidare beni a persone che non ne sono proprietarie, ma
che ne traggono comunque benefici. • Dir. can. -
Conferimento a una persona (commendatario) di un beneficio ecclesiastico vacante
per il solo usufrutto nelle rendite senza gli oneri ecclesiastici annessi. I
primi a goderne furono gli ordini cavallereschi (donde il titolo di
commendatore). Clemente IV riservava alla Santa Sede il conferimento di alcune
c. (1265); Clemente V nel 1307 proibì le
c. di chiese o
abbazie fatte da re o da principi e Giovanni XXII (1317-25) vietò
l'accumulo di
c. in una sola persona. Ciononostante la consuetudine
contraria, che datava fin dagli inizi del Medioevo, soprattutto ad opera di
Carlo Martello continuò a essere praticata. I concili di Lione II,
Lateranense e Tridentino cercarono di porvi rimedio, ma senza frutto.
Nell'attuale diritto canonico la
c. è esclusa dai benefici
ecclesiastici.