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Colòmbia.

Stato (1.141.748 kmq; 45.325.000 ab.) dell'America del Sud. Confina a Est con il Venezuela, a Sud-Est con il Brasile, a Sud con il Perú e l'Ecuador, a Nord-Ovest con Panamá; a Nord è bagnato dal Mar dei Caraibi e a Ovest dall'Oceano Pacifico. Capitale: Santa Fe de Bogotá. Città principali: Medellin, Barranquilla, Cartagena, Cali, Bucaramanga. Ordinamento: Repubblica presidenziale. Il potere legislativo è affidato al Congresso Nazionale, composto dal Senato e dalla Camera dei rappresentanti; il potere esecutivo al presidente della Repubblica, che è eletto a suffragio universale diretto e dura in carica 4 anni. Moneta: peso colombiano. Lingua ufficiale: spagnolo. Religione: cattolica. Popolazione: è composta in prevalenza da bianchi e meticci, con piccole percentuali di Amerindi, neri, mulatti e Zambos.

GEOGRAFIA

A ridosso della costa si trovano le Ande colombiane, distinte in tre grandi fasce: Cordigliera orientale, Cordigliera centrale, Cordigliera occidentale; più a Nord vi è la Cordigliera del Choco, situata tra quella orientale e la costa del Pacifico; tra le Cordigliere la più elevata è quella centrale; con il vulcano Hiula raggiunge i 5.700 m. La parte orientale della C. è formata da una vasta pianura solcata da numerosi fiumi, tra cui il Guaviare e il Caqueta. Il clima è torrido, mentre nella regione montana le diverse altitudini determinano le seguenti zone climatiche: terra caliente (fino ai 600 m); terra templada (dai 600 ai 2.000 m); terra fria (oltre i 2.000 m).
Cartina della Colombia


ECONOMIA

Le risorse del Paese si basano quasi esclusivamente sulla produzione di caffè e di banane; si coltivano inoltre: mais, frumento, riso, tabacco, canna da zucchero, cotone, cacao. Immense possibilità sono offerte dall'allevamento e dalle risorse forestali. Svariatissimi i prodotti del sottosuolo: oro, argento, platino, smeraldi, salgemma, petrolio, carbone. Scarso di risorse è invece il campo industriale in cui primeggiano le industrie tessili, del tabacco, della lana, della calzatura e dei cappelli.

STORIA

Il territorio colombiano fu percorso, sin dai primi anni del Cinquecento, da avventurieri di diverse nazionalità alla ricerca del leggendario tesoro di El Dorado, nonché delle ricchezze effettive delle città della civiltà dei Chibcha. Queste, nel giro di pochi anni, furono tutte rase al suolo. Sulle rovine nel 1538 venne fondata Santa Fè de Bogotà. Essa fu elevata a capitale del Nuovo Regno di Granada che comprendeva, oltre all'attuale territorio colombiano, anche quelli di Panama, Ecuador, Venezuela. Nel 1564 il vasto territorio fu unito al Viceregno del Perù, dal quale fu staccato nel 1740. Esso mantenne l'unità politica anche dopo l'indipendenza dalla Spagna, proclamata nel 1820, e costituì la Repubblica Federale della Grande Colombia. Scioltasi la Federazione nel 1830, il territorio colombiano, assunto il nome di Nuova Granada, si costituì in repubblica autonoma. Molto agitata fu la vita del nuovo Stato per l'infuriare delle lotte tra liberali e conservatori. L'assunzione del potere da parte ora dell'uno ora dell'altro schieramento, ebbe come conseguenza, tra l'altro, l'assunzione di vari statuti costituzionali e di denominazioni diverse. Nel 1886 i conservatori ebbero partita vinta e divenne definitivo il nome di Repubblica di Colombia. Scarsi di eventi furono i decenni successivi e l'unico avvenimento di una certa importanza fu la secessione nel 1904 del territorio del Panama, costituitosi in repubblica autonoma. Il ritorno al potere dei liberali nel 1930 non segnò una svolta effettiva. Infatti, tutti i tentativi, intrapresi nei sedici anni successivi per impostare una seria riforma agraria, fallirono e le arretrate strutture del Paese non subirono sostanziali modifiche. Riassunto il potere nel 1946, i conservatori si trovarono tuttavia a governare un Paese meno rassegnato che in passato e i presidenti M. Ospina Pérez (1946-50) e L. Gomez (1950-53) si trovarono a dover fronteggiare varie rivolte popolari. L'instaurazione della dittatura militare del generale G. Rojas Pinilla, nel 1953, non riuscì a stroncare la resistenza popolare e la repressione contribuì anzi ad alimentare lo spirito di rivolta. Raggiunto un accordo di compromesso, i due partiti tradizionali, conservatore e liberale, costrinsero nel 1957 il generale Pinilla a lasciare il potere. In base all'accordo raggiunto, i due partiti si impegnavano a esercitare il potere congiuntamente, su un piano di parità, alternandosi alla presidenza. Pertanto al primo presidente, il liberale Alberto Lleras Camargo (1958-1962), subentrò automaticamente il conservatore G. Leon Valencia (1962-66), quindi il liberale C. Lleras Restrepo (1966-70). Pur riuscendo ad attenuare la tensione interna, il Frente Nacional favorì la cristallizzazione dei centri di potere oligarchico e il ristagno del processo di ammodernamento del Paese. Nell'agosto 1970 la presidenza venne assunta dal conservatore Misael Pastrana Borrero. Il crescente malessere interno provocò la frantumazione della coalizione tra liberali e conservatori e, nello schieramento liberale, la rottura tra moderati e progressisti. Le elezioni del 1974 decretarono la vittoria del liberale A. Lopez Michelsen. Gli anni Settanta furono caratterizzati dalla guerriglia, che trovò ampi consensi soprattutto nella popolazione contadina, e dalla decisa politica antigovernativa delle organizzazioni sindacali, che culminò nello sciopero generale del settembre 1977, cui il Governo rispose con un'accentuazione delle misure repressive. Nel giugno 1978 il liberale J. Turbay Ayala successe a Michelsen. Nel 1980 la guerriglia (raccolta nel movimento delle FARC, Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane e nel Movimento 19 aprile, M-19) ottenne un clamoroso successo propagandistico e politico tenendo in ostaggio nell'ambasciata della Dominica, per oltre due mesi, numerosi rappresentanti diplomatici stranieri, costringendo così le autorità a trattare e a rispettare la condizione posta per la liberazione degli ostaggi, ossia il rilascio di 311 prigionieri politici. Le elezioni del 1980, svoltesi mentre era in corso l'occupazione dell'ambasciata dominicana, decretarono un clamoroso insuccesso per il Governo, poiché l'astensione dalle urne raggiunse quasi l'80%. Nel maggio 1982, con una situazione interna sempre instabile, venne eletto presidente della Repubblica il conservatore Belisario Betancur. In politica estera il neopresidente allentò la dipendenza dagli Stati Uniti, riallacciando le relazioni con Cuba. Nel 1985 l'eruzione del Nevado del Ruiz provocò la morte di circa 25.000 persone, infliggendo un grave colpo all'economia colombiana. Nel 1986 Betancur fu sostituito dal liberale Virgilio Barco. Nel 1988 il Paese cadde nel vortice della guerriglia urbana attuata dall'organizzazione dei trafficanti di droga. Il cosiddetto "Cartello di Medellin" dimostrava di costituire un vero e proprio Stato nello Stato, sfidando ripetutamente le istituzioni colombiane. L'uccisione del procuratore della Repubblica Carlos Mauro Hoyos (gennaio 1988) destò preoccupazione anche a livello internazionale. A fine anno, infatti, il presidente statunitense George Bush annoverò tra i principali impegni del suo programma la necessità di combattere a fondo la piaga della droga e del suo commercio internazionale. La lotta frattanto continuava con l'assassinio da parte dei narcotrafficanti del senatore liberale Luis Carlos Galàn e con l'attentato al Boeing 727, esploso in volo con 107 persone a bordo. Nel maggio 1990 si verificarono duri scontri (oltre 30 vittime) nella città di Medellin, considerata ancora il regno dei narcotrafficanti. A tale situazione le autorità risposero decretando il coprifuoco. La guerriglia non impedì comunque le elezioni presidenziali, che portarono, nel 1989, all'elezione di César Gaviria Trujillo (che promise guerra ai boss della coca che avevano ucciso alcuni candidati alla presidenza); le successive consultazioni del 1994, l'anno dopo la morte di Pablo Escobar, barone della droga e capo assoluto del "Cartello", ucciso mentre stava tentando la fuga, elessero presidente il liberale Ernesto Samper Pizano, entrato effettivamente in carica nel 1995. Nel marzo 1998 le nuove elezioni assegnarono la presidenza della Repubblica ad Andrés Pastrana Arango che, nel successivo mese di novembre, annunciò il raggiungimento di un accordo con l'Esercito di liberazione nazionale per la creazione di una zona franca demilitarizzata, che sarebbe servita da luogo eletto per i colloqui di pace e che sarebbe stata periodicamente rinnovata. Nel 2000 ripresero i negoziati di pace tra il Governo e la guerriglia delle FARC, mentre continuarono gli scontri tra i guerriglieri, l'esercito regolare e i gruppi paramilitari. In aprile le FARC annunciarono la formazione di un movimento politico, il Movimento bolivariano, mentre in luglio fu creata una commissione speciale per indagare sulla sorte di oltre 3.000 persone scomparse durante la guerra civile e fu nominato un Governo di unità nazionale per far fronte alla grave situazione sociale ed economica in cui versava il Paese. Nello stesso anno, per contrastare il narcotraffico, venne approvato il "Piano C.", finanziato in parte con aiuti internazionali, che prevedeva la sostituzione delle piantagioni di coca con colture alternative. Nel febbraio 2002 Pastrana Arango accusò i guerriglieri di aver dirottato un cargo e ordinò loro di lasciare la zona franca nella quale si erano stabiliti tre anni prima. Le violenze continuarono (rapimento del candidato alla presidenza Ingrid Betancourt, uccisione di un senatore e di un vescovo), ostacolando il piano di lotta alla droga. In aprile ci fu una recrudescenza della campagna destabilizzante messa in atto dalle FARC con attentati dinamitardi e rapimenti, questi ultimi (circa 60) eseguiti al fine di effettuare scambi con guerriglieri arrestati. Le elezioni tenutesi il 26 maggio 2002 decretarono la nomina a presidente del leader indipendente di destra Alvaro Uribe; alla sua entrata in carica (agosto) fecero seguito numerose azioni terroristiche delle FARC, che portarono all'instaurazione dello stato di emergenza in tutto il Paese e all'entrata in vigore di misure economiche e militari straordinarie. In dicembre venne annunciato un cessate il fuoco unilaterale da parte delle Forze unite di autodifesa, un'organizzazione combattente paramilitare di estrema destra interessata all'avvio di colloqui di pace con il presidente Uribe. Nonostante gli sforzi, nel febbraio 2003 un grave attentato, che causò oltre 20 vittime, sconvolse Bogotá. Il conflitto tra Governo e i gruppi rivoluzionari si riacutizzò, provocando decine di morti, in occasione di due appuntamenti istituzionali: il referendum costituzionale del 25 ottobre (che chiamò la popolazione a convalidare drastiche riforme governative come la riduzione dei dipendenti pubblici e delle pensioni più alte) e le elezioni amministrative del 26 ottobre. Queste ultime (almeno 30 candidati alle elezioni furono uccisi) decretarono la vittoria di numerosi esponenti della sinistra: tra i tanti, a Bogotá fu eletto Lucho Garzón, primo sindaco di sinistra della capitale. Nonostante le gravi difficoltà attraversate dal suo Paese, Uribe ottenne un secondo mandato presidenziale vincendo le elezioni del maggio 2006.