Il colonizzare, l'attività di fondare una colonia o
di ridurre un paese a colonia. Anche l'opera colonizzatrice svolta da una data
nazione in un determinato periodo. ║ Per estens. - Trasferimento di gruppi
biologici di una determinata specie in un territorio diverso da quello d'origine
per insediarsi stabilmente. Inoltre il complesso delle opere di bonifica e di
trasformazione di un territorio, atte a rendere possibile lo stabile
insediamento rurale su di esso. • St. -
Benché si possa supporre che già i più antichi popoli
mediterranei e mesopotamici avessero posto delle basi operative sulle coste del
Mediterraneo, del Mar Rosso e dell'Oceano Indiano a fini politici o per scopi
commerciali, fu solo ad opera dei Fenici che sorsero quegli stabilimenti
permanenti che, per vari aspetti, preludevano alle moderne colonie. La loro
fondazione si colloca tra il II e il primo millennio a.C. (pressappoco negli
stessi secoli della prima grande migrazione degli Elleni verso le coste
dell'Asia Minore e le isole dello Ionio); ebbero funzione essenzialmente di
deposito e di rifornimento commerciale e, imponendosi come mercati ed empori,
esclusero ogni conquista territoriale (sotto questo profilo esse anticiparono il
tipo di
c. portoghese e olandese del XV-XVII sec.). I rapporti di queste
colonie con la madrepatria dovevano essere molto stretti, ad eccezione forse di
Cartagine. Profondamente diverse furono la
c. greca e quella romana. Le
città greche colonizzatrici furono soprattutto quelle delle coste e delle
isole dell'Asia Minore (Mileto), dell'Eubea (Calcide ed Eretria) e della costa
settentrionale del Peloponneso (Corinto e Megara). Mileto si orientò di
preferenza verso la Tracia, gli stretti e le coste del Mar Rosso; le altre
città preferirono invece ampliarsi verso Occidente, colonizzando l'Africa
settentrionale (Cirene) la Spagna (Massilia) e soprattutto l'Italia meridionale
e la Sicilia che erano facilmente raggiungibili navigando sottocosta e offrivano
condizioni climatiche assai simili a quelle della Grecia. Le colonie romane
assolsero il compito di assorbire l'eccedente popolazione dell'Urbe, di
compensare i legionari smobilitati per il loro lungo servizio, di dare lavoro ai
disoccupati, ma soprattutto di espandere l'area di influenza di Roma, della sua
civiltà e del suo diritto. A partire dal II sec. a.C., con l'annessione
di provincie fuori d'Italia, le colonie accentuarono il carattere militare di
avamposto difensivo, a eccezione di quelle dedotte da Cesare e da Augusto in
Gallia, Spagna, Africa, Oriente che furono essenzialmente civili. In età
imperiale "colonia" divenne un titolo assai ambito e molte città
dell'Italia e dell'impero ne furono insignite, anche se, dopo Adriano, non vi fu
alcuna reale deduzione. Quando cadde l'impero la
c. romana era quindi
finita da tempo. Il fenomeno della
c. si ripresentò con le
Crociate, che costituirono la più grande occasione di espansione per
l'Europa. Queste ultime, sorte indubbiamente sotto la pressione di motivi
ideali, divennero ben presto un grosso affare commerciale per le repubbliche
marinare italiane che approfittarono delle conquiste militari per intensificare
i loro lucrosi traffici con l'Oriente, mediante la costituzione di basi, o
colonie nei porti e nelle città del vicino Oriente. Il momento culminante
di questa espansione, che per alcuni aspetti si può già definire
coloniale, si ebbe dopo la IV crociata quando la colonia veneziana di
Costantinopoli costituiva una vera e propria città governata
autonomamente, e si andavano sviluppando i più vasti possedimenti nelle
isole. Essi costituirono veri e propri imperi nei quali tutte le risorse locali
(e piantagioni nuove, tropicali, come la canna da zucchero e il cotone) venivano
sfruttate anche mediante l'impiego di schiavi. Tuttavia solo l'impresa di
Cristoforo Colombo e i viaggi di esplorazione portoghesi e spagnoli aprirono,
tra la fine del XV e l'inizio del XVI sec., il capitolo della
c. moderna.
Ma mentre il Portogallo, che aveva fini strettamente commerciali, si industriava
nel creare, mediante una rete di stabilimenti in Africa e in Asia un regime di
monopolio per i prodotti esotici più ricercati (concentrando i propri
sforzi anziché sull'occupazione militare, sull'influenza economica nelle
zone di produzione), la
c. spagnola, nata anch'essa come impresa privata
(sia pure con una partecipazione finanziaria preponderante della Corona), si
trasformò subito in conquista, vale a dire in un rapporto di dominio su
territori occupati con le armi. La "Conquista" si pose come prosecuzione ideale
della "Riconquista" degli ultimi regni arabi di Spagna; la animò infatti
lo stesso spirito, mistico e avventuroso insieme, che era poi quello dei cadetti
e degli
hidalgos, vale a dire di tutti coloro che, bastardi o diseredati
delle grandi famiglie spagnole, cercavano la ricchezza con l'alibi della
conversione degli infedeli. Con le
encomiendas (enormi estensioni di
terra con diritti sugli abitanti) il re concedeva un titolo nobiliare. Ne
nacque, nelle Americhe, una gerarchia feudale, sempre più accentratrice e
chiusa, mano a mano che in Spagna la monarchia diventava assoluta a scapito di
autonomie e privilegi. Per altro la
Casa de contratacion accentrava tutto
il commercio coloniale e il
Consiglio superiore delle Indie ne emanava e
coordinava le leggi. La società si cristallizzò e si
deteriorò nelle sue forme arcaiche; il commercio, a senso unico,
entrò rapidamente in una crisi senza uscita. Ma il seme era gettato; in
ogni contrada d'Europa si favoleggiava di galeoni carichi d'oro e di spezie, di
terre fertilissime: era l'Eldorado, era l'oro del Perù di cui gli Stati
marinari (Paesi Bassi, Inghilterra, Francia) si sentivano in qualche modo
defraudati. Al mero fatto economico s'aggiunse poco dopo il concetto di potenza,
avallato da una serie di errori politici, a mano a mano che la gara coloniale
divenne più viva. L'unione personale delle colonie iberiche con la
chiusura del porto di Lisbona (1580) alle navi dei Paesi Bassi, che solitamente
vi si rifornivano di prodotti coloniali, spinse i mercanti olandesi a ricercare
in proprio le mercanzie di cui avevano bisogno. Ciò avvenne in un momento
in cui la Spagna era debole e non aveva né le forze militari né i
mezzi finanziari per reagire; l'Olanda non ebbe difficoltà a impadronirsi
di gran parte delle basi ex-portoghesi e di volgere a proprio vantaggio
l'influenza commerciale della rivale. Simile al tipo di colonialismo portoghese,
ma esplicato più intelligentemente, fu dunque quello olandese che si
articolò in due grandi organismi di diritto privato: la Compagnia Unita
delle Indie Orientali e la Compagnia delle Indie Occidentali. Tipicamente
politica, sia pure con qualche eccezione, fu invece la
c. francese,
sviluppatasi nel XVII e XVIII sec., ma la sua grande espansione (Canada, America
Meridionale, Asia) fu frenata da alcune cause interne (scarso afflusso di
coloni, rigido accentramento amministrativo, intolleranza religiosa) e dai
rovesci militari subiti a opera degli inglesi specie durante le guerre di
Successione, dei Sette anni e napoleoniche. Più oculata, larga di
concessioni autonomistiche (ma rigidamente controllati il commercio e
l'industria), senza preconcetti religiosi e sorretta da una vigorosa migrazione,
la
c. inglese fu sostenuta fermamente specie a partire dal regno di
Elisabetta I, dallo Stato, ma si avvalse anche largamente dell'iniziativa di
privati e di gruppi, cui venivano delegati poteri giurisdizionali e
amministrativi. Tutto ciò diede notevoli risultati, cosicché se il
periodo 1598-1815 vide il condominio coloniale anglo-franco-olandese,
l'età che va dalla caduta di Napoleone al 1876 fu senz'altro appannaggio
degli Inglesi, la cui incontrastata potenza coloniale si trasformò in
eccezionale strumento politico. La scoperta del Congo aprì, dopo il 1876,
con la spartizione dell'Africa, l'ultima fase, la più virulenta
dell'espansione coloniale. La Francia riprese con vigore e con successo la sua
politica coloniale, lo stesso Reich germanico contese all'impero britannico il
dominio su vasti territori del continente nero; scese in campo anche l'Italia;
il Belgio si installò nel Congo; la Russia e il Giappone si batterono in
Asia; gli stessi Stati Uniti furono coinvolti in questo turbine acquistando e
conquistando isole e territori. Crollarono i resti dell'immenso impero spagnolo,
mentre il Portogallo ampliò e consolidò i propri domini in Africa.
Fu questo il periodo "imperialistico" per eccellenza, quello in cui il possesso
coloniale si legò strettamente al concetto di potenza; tutto ciò
non senza reazioni all'interno dell'Europa (dove la dottrina colonialistica fu
acerbamente combattuta) e all'esterno, negli stessi paesi colonizzati, dove, tra
le due guerre, sorsero o risorsero, sopiti aneliti indipendentisti. Legata, come
si è detto, al concetto di potenza, la
c. europea crollò
con il tramonto della potenza europea. Ma se il processo di decolonizzazione fu
rapido e ampio, esso non fu forse altrettanto profondo, dando vita sovente a una
nuova forma di
c., detta neocolonialismo.