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Cloro.

(dal greco chlorós: verde). Elemento chimico di numero atomico 17, peso atomico 35,453 e simbolo Cl. Benché preparato fin dal 1774 da Scheele per azione dell'acido muriatico (acido cloridrico impuro) sulla pirolusite (biossido di manganese) fu ritenuto un composto ossigenato di un elemento ignoto, che fu detto murio. Successivamente Davy (nel 1810) lo stimò un elemento, e fu confermato come tale da diversi studiosi negli anni seguenti. Il nome gli fu dato da Davy stesso, per il suo caratteristico colore. ║ Stato naturale. Il c. non si trova libero in natura (eccetto in certe emanazioni vulcaniche) per la sua grande reattività. Se ne trovano invece notevoli quantità nell'acqua di mare sotto forma di cloroioni e sotto forma di sali in molti giacimenti (salgemma, kainite, carnallite, ecc.). Si può dire che le riserve di cloro, a differenza di quelle della maggior parte degli elementi più utili sono praticamente illimitate, senza che la materia prima di partenza (in generale l'acqua di mare) corra il pericolo di esaurirsi o di impoverirsi. Infatti le acque dei mari e degli oceani hanno un volume stimato in 1,37 miliardi di chilometri cubici, e ogni chilometro cubo di quest'acqua contiene in media ben ben 19 milioni di tonnellate di c. (dato che ha concentrazione media del c. è di circa 19 g ogni Kg di acqua marina). Nonostante questa grande e facile disponibilità il c., benché costituisca l'1,9% in peso dell'idrosfera (cioè del complesso delle acque del globo), è un elemento non troppo abbondante nella crosta terrestre, composta di c. solo per lo 0,19% in peso. Esso è quindi, ad esempio, meno abbondante del titanio, che però è molto più difficile da estrarre. Nell'universo il c. è diffuso ma non eccessivamente; se ne stima una presenza di 8,85 atomi ogni 1.000 atomi di silicio. Nel corpo umano il c. costituisce lo 0,15% in peso circa, onde un corpo umano medio ne contiene circa 105 grammi; viene introdotto come cloruri vari (specialmente di sodio) ed eliminato come cloruro sodico. Il ricambio si aggira sui 10 grammi per giorno, e il suo apporto risulta essenziale. Lo sfruttamento delle risorse di cloro avviene tramite l'estrazione dei suoi minerali oppure per separazione di cloruri (in prevalenza quello di sodio e di magnesio) dell'acqua di mare nelle saline. Dai suoi sali si ricavano poi c. gassoso o altri composti impiegati in numerosi campi della chimica e della tecnica. ║ Proprietà fisiche. Il c. si presenta in condizioni-ambiente come un gas di colore giallo verde fortemente tossico, che ha densità maggiore dell'aria (peso specifico 2,49 rispetto a questa). Alla pressione di un'atmosfera bolle a -34,06°C e liquefa a -101,0°C. Presenta due isotopi stabili: il 35Cl e il 37Cl che nella miscela naturale sono presenti in ragione del 75,77% e del 24,23% rispettivamente. È solubile in acqua in ragione dello 0,7% circa in peso (a 20°C) un litro di c. si scioglie quindi in circa due litri di acqua; questa soluzione è detta comunemente acqua di c. Da una soluzione satura si possono in certe condizioni separare dei composti solidi, detti idrati di c., aventi formula compresa fra Cl2·6H2O e Cl2·8H2O. Sembra che questi composti siano un clatrato di formula 6Cl2·46H2O. Si tratta di composti instabili, e un semplice riscaldamento moderato ne provoca la decomposizione in c. e acqua. L'azione tossica del c., che anche in concentrazioni bassissime ha un'azione espettorante (ad esempio ne bastano 30 parti per milione perché ciò avvenga), è dovuta al fatto che esso attacca i tessuti asportandone idrogeno. Questa azione si verifica su tutti i tessuti sia vegetali che animali, e, se la concentrazione di c. è abbastanza alta, ne provoca la morte. Fu impiegato durante la prima guerra mondiale come gas asfissiante; il suo uso fu però abbandonato presto in favore di suoi derivati (come il fosgene). La sua presenza in quantità tossiche è individuabile dal caratteristico odore pungente. ║ Proprietà chimiche. Il c. appartiene alla famiglia degli alogeni (gruppo VII sottogruppo A della tavola periodica degli elementi) ed è anzi il più caratteristico elemento di questa classe. Tipico metalloide, la sua valenza più comune è - 1 (dato che la 7 elettroni nello strato periferico), benché possa assumere anche valenza 1, 4, 5, 6 e 7. Avendo elettronegatività 3,0 della scala di Pauling, è un tipico non metallo. La sua reattività è molto elevata. Con idrogeno si combina violentemente, con una reazione che può facilmente decorrere in modo esplosivo; l'idrogeno brucia in atmosfera di c. e questo brucia in atmosfera di idrogeno; in entrambi i casi si ricava acido cloridrico HCl. Esso tende inoltre a sottrarre idrogeno a molti composti organici, sempre per dare HCl. Con molti metalli reagisce già a temperatura ordinaria, con altri reagisce solo se sono finemente suddivisi. Se perfettamente secco però non attacca ferro, rame, ottone, ecc. massicci; in presenza di umidità è invece molto più aggressivo, e attacca, sia pure lentamente, anche l'oro. Infatti il c. non si scioglie nell'acqua solo fisicamente ma anche chimicamente, con formazione di acido cloridrico e ipocloroso secondo la reazione:

Cl2 + H2O CLIVIA00.png HCl + HClO

L'acqua di c. ha infatti reazione acida. L'acido ipocloroso poi è instabile e col tempo si decompone in cloridrico e ossigeno, secondo la reazione:

2HClO CLIVIA00.png 2HCl+ O2

Nella reazione precedente si è descritto Cl2 in quanto la molecola del c., eccetto condizioni particolari, è sempre biatomica. Anche altri metalloidi, come ad es. il fosforo, l'arsenico, lo zolfo, ecc. si combinano col c. Con gli alcali reagisce in soluzione dando i rispettivi ipocloriti, secondo reazioni del tipo:

2NaOH + Cl2 CLIVIA00.png NaCl+ NaClO + H2O

nella quale, come già visto prima, si ha in pratica produzione contemporanea di cloruro e ipocloriti. Una gamma numerosissima di reazioni si hanno poi nella chimica organica; le più importanti fra queste sono le reazioni di alogenazione. ║ Composti idrogenati. L'unico composto inorganico non ossigenato del cloro è l'acido cloridrico. Naturalmente si hanno poi tutti i sali da questo derivati, che sono detti cloruri. Un altro composto non ossigenato è il cloruro di tionile S2Cl2, impiegato in passato per vulcanizzare a freddo il caucciù. Le soluzioni dell'acido cloridrico danno molto facilmente complessi con altri metalloidi o con metalli; ricordiamo i cloromercurati, i cloroplatinati, i cloroaurati, i cloroiodati, ecc. Le soluzioni di acido cloridrico o di cloruri (in quanto contengono lo ione Cl-) sono molto corrosive, per la loro forza e per l'azione depassivante esercitata dallo ione cloro. Ciò impone di solito l'impiego di materiali costosi per gli impianti che trattano acido cloridrico (o c. umido) o cloruri in soluzione. ║ Composti ossigenati. Come si è già detto, il c. può assumere valenza da 1 a 7, e pertanto si hanno molti composti ossigenati, che si comportano tutti come delle anidridi, dando acidi in soluzione. Tutti i composti ossigenati del c. sono instabili, e si decompongono facilmente con reazioni esplosive. Riassumiamo in una tabella le formule e i nomi delle varie anidridi, degli acidi che da esse derivano e dei sali (ad es. di potassio) che si hanno da questi.

CLIVIA01.png

Fra tutti questi acidi solo il perclorico ha potuto essere isolato, mentre tutti gli altri sono noti solo in soluzione; ben, noti sono invece i loro sali, spesso prodotti di grande consumo industriale e domestico. Esaminiamo ora separatamente le diverse anidridi e i principali prodotti che da esse derivano. L'anidride ipoclorosa, detta anche ossido di c., è un gas (bolle infatti a 3,8°C) di colore rosso-bruno che si può preparare ad es. per azione di c. gassoso a bassa temperatura su ossido mercurico secco, secondo la reazione:

HgO + 2Cl2 CLIVIA02.png ClO2 + HgCl2

Ha un odore caratteristico, irritante, ed è fortemente tossico in quanto, ossidando facilmente tutte le sostanze organiche, provoca un violento attacco sulle vie respiratorie. Può essere distillato con particolare cautela, e non va mai posto a contatto con composti organici, carbone, zolfo, fosforo, ecc. in quanto reagisce con essi in modo esplosivo. La sua soluzione acquosa avviene con formazione di un acido, detto ipocloroso, secondo la reazione di somma:

Cl2O + H2O CLIVIA02.png 2HClO

Questo acido, molto debole e instabile, può reagire ad es. secondo la reazione:

2HClO CLIVIA02.png 2HCl + O2

In questa decomposizione libera ossigeno, e si comporta quindi come un energico ossidante; tale reazione è catalizzata anche dalla luce. In presenza di acido cloridrico si ha anche un'ossidazione di questo, con formazione di c. e acqua, secondo la reazione:

HClO + HCl CLIVIA02.png Cl2 + H2O

I sali dell'acido ipocloroso vengono detti ipocloriti, i più comuni sono quelli alcalini. Ad es. l'ipoclorito di sodio, assai diffuso, mediante la reazione di c. libero con soda caustica in soluzione, secondo la reazione:

2NaOH + Cl2 CLIVIA02.pngNaCl + NaClO + H2O

che è una reazione tipica per la produzione di ipocloriti alcalini. L'ipoclorito di sodio, noto fin dalla fine del XVIII sec., e detto acqua di Javelle (ovvero candeggina, varechina, ecc.) ha avuto una grandissima diffusione come candeggiante e disinfettante sia domestico che industriale: la sua azione candeggiante è dovuta principalmente alla liberazione di ossigeno (V. la reazione sopra scritta per l'acido ipocloroso). Per tale uso è in generale impiegato in soluzione dallo 0,2 allo 0,5%; soluzioni più concentrate, impiegate per casi particolari, si possono produrre direttamente a mezzo di una particolare elettrolisi del cloruro. L'azione disinfettante è dovuta anche alla liberazione di c. (si veda la reazione scritta sopra) dato che l'acido ipocloroso in presenza di acido cloridrico (generato per decomposizione dell'ipocloroso stesso) porta appunto alla liberazione di c. In presenza di sostanze organiche si può poi pervenire alla formazione di composti come la clorammina NH2Cl, la quale ha pure una forte azione germicida, che esalta quella del solo ipoclorito. L'ipoclorito di sodio viene usato ad es. per disinfettare ambienti (specialmente pavimenti), piscine, ecc.; non è adatto alla disinfezione di ferite se non in miscela con altre sostanze. Un altro ipoclorito di vasto impiego è il cosiddetto ipoclorito di calce, di formula CaOCl2, che si può avere per azione del c. a freddo sulla calce spenta, secondo la reazione:

Ca(OH)2 + Cl2 CLIVIA02.png CaOCl2 + H2O

Questo prodotto non va confuso con il vero ipoclorito di calcio, sale neutro che ha minor interesse commerciale, avente formula brutta Ca(ClO)2. Riportiamo le formule di struttura dei due composti:

CLIVIA03.png

La denominazione ipoclorito di calce è impropria ma ormai universalmente usata; esso non è tuttavia un composto puro ma una miscela di due sali basici e precisamente di Ca(ClO)2 · 2Ca(OH)2 e CaCl2 · Ca(OH) · H 2O. Il prodotto commerciale contiene poi generalmente anche del cloruro di calcio idrato, onde il suo titolo in c. "attivo" (cioè non sotto forma di cloruro) è di circa il 30% (contro il 56% che avrebbe il composto puro). Anche l'ipoclorito di calce libera c. per azione di acido cloridrico o di un acido forte e può essere usato come decolorante e germicida (può produrre clorammina per reazione secondaria) esattamente come quello di sodio. È detto anche impropriamente, cloruro di calce. L'acido cloroso HClO2 è un acido debole, noto solo in soluzione la cui anidride, che avrebbe formula Cl2O3, non è nota. Dei suoi sali, i cloriti, solo quello sodico ha importanza industriale, in quanto Ossidante (anche se meno energico dell'ipoclorito). Viene impiegato per la sbianca a caldo dei tessuti, verso i quali è meno aggressivo dell'ipoclorito. Si produce industrialmente a partire da biossido di c. e perossido di sodio, secondo la reazione:

ClO2 + Na2O2 CLIVIA04.png 2NaClO2 + O2

Tutti i cloriti sono instabili, e si decompongono facilmente con reazioni esplosive. Il biossido di c. ClO2 è un gas di colore giallo intenso, che liquefa a 10°C e solidifica a -76°C. Viene impiegato come sbiancante e disinfettante, opportunamente stabilizzato con altre sostanze. È infatti molto pericoloso, in quanto esplode con estrema facilità sia per riscaldamento, sia per percussione o per contatto con sostanze organiche. Si può ottenere ad es. per disidratazione energica (mediante acido solforico concentrato) di un clorato. In soluzione acquosa fortemente basica dismuta, dando origine a clorati e perclorati, secondo una reazione del tipo:

2ClO2 + 2 KOH CLIVIA04.png KClO3 + KClO4 + H2O

Non si tratta di una anidride doppia in quanto la molecola di questo composto non mostra tendenza ad associarsi. L'acido clorico HClO3 è un acido forte. Si forma per trattamento di clorati con un acido forte, ad es. solforico, secondo una reazione del tipo:

2KClO3 + H2SO4 CLIVIA04.png K2SO4 + 2HClO3

Al posto di clorato di potassio si può usare quello di bario Ba(ClO3)2, dato che il solfato di bario è meno solubile di quello di potassio. In opportune condizioni può essere concentrato fino ad una soluzione al 40% circa; non si può ottenere puro perché si decompone. È un ossidante estremamente energico, più dell'acido nitrico; cedendo ossigeno si riduce ad acido cloridrico o addirittura a c. Non trova grandi impieghi come tale, mentre sono prodotti industriali importanti i suoi sali, detti clorati. Fra questi i più diffusi sono il clorato di potassio KClO3 e quello di sodio NaClO3. I clorati si possono preparare per dismutazione di ipocloriti o per azioni di c. su soluzioni fortemente alcaline, come ad es. con la seguente reazione:

6KOH + 3Cl2CLIVIA04.png KClO3 + 5KCl + 3H2O

Industrialmente però si producono pressoché solo per via elettrochimica, elettrolizzando in una cella senza diaframma una soluzione satura di cloruro. Si usano anodi generalmente di grafite, affacciati ai catodi; il clorato si separa man mano che si forma per ossidazione anodica, oppure viene recuperato per raffreddamento. I clorati sono relativamente stabili (anche se pericolosi) e vengono variamente usati per il loro potere ossidante. Quello di sodio è impiegato estensivamente come componente base di diserbanti e come sbiancante. Quello di potassio per la fabbricazione di fiammiferi, esplosivi, medicinali, ecc. I clorati esplodono per urto e per riscaldamento; in certe applicazioni sono oggi sostituiti dai corrispondenti perclorati (V. OLTRE) che, pur liberando una maggiore quantità di ossigeno, risultano più stabili e quindi meno pericolosi. Il triossido di c. Cl2O6 è un liquido rosso scuro che solidifica a -1°C ed esplode per riscaldamento o contatto con sostanze organiche. In soluzione si comporta come un'anidride doppia dando origine a clorati e perclorati in presenza di basi. L'anidride perclorica o eptaossido di c. Cl2O7, un liquido oleoso incolore, bolle a 83°C ed è relativamente stabile. Trattata con acqua dà molto lentamente l'acido perclorico HClO4 se puro questo si presenta come un liquido incolore che solidifica -112°C e si decompone se riscaldato in ClO2 H2O e O2. È l'unico acido ossigenato del c. che si conosca libero, ed è uno dei più forti acidi noti. È un forte ossidante, ma la sua capacità di cedere ossigeno dipende dallo stato in cui si trova. Molto stabile in soluzioni diluite, in soluzioni al 70% è un fortissimo ossidante. Si può ottenere per trattamento del perclorato potassico con acido solforico, e cauta distillazione sotto vuoto. Non ha grandi impieghi come tale, mentre sono molto usati i suoi sali, detti perclorati. È impiegato al posto dell'acido solforico negli accumulatori al piombo che devono funzionare a temperature molto inferiori a 0°C. I perclorati si ottengono dai rispettivi clorati per ossidazione anodica su anodi di platino (o platinati) in celle elettrolitiche ad elevata densità di corrente. I perclorati hanno sostituito i clorati in molti campi, specialmente nella fabbricazione di esplosivi (tipo cheddite) per la loro minore pericolosità di esplosione per urto o sfregamento. Il perclorato di ammonio NH4ClO4 è stato proposto e usato come propellente solido per razzi, in quanto funziona da comburente senza lasciare residui. Quello di magnesio Mg (ClO4)2 è un buon disidratante, usato in laboratorio col nome di dehidrite.Produzione industriale. Il metodo principale per la produzione di c. è oggi l'elettrolisi del cloruro sodico in opportune celle. Contemporaneamente si producono grandi quantità si soda caustica. Fino a non molti anni fa, gli impianti del genere erano costruiti per produrre essenzialmente soda caustica, e il c. era soltanto un sottoprodotto. Oggi la situazione si è praticamente invertita. La reazione globale che si realizza:

2NaCl + 2H2O CLIVIA05.png 2NaOH + Cl2 + H2

è endotermica; l'energia necessaria per farla avvenire viene fornita sotto forma di energia elettrica. L'elettrolisi della soluzione, anche senza particolari criteri porta senz'altro alla formazione di c. ma questo può sciogliersi nella soluzione alcalina di soda, con formazione di ipocloriti e cloruri, secondo la reazione vista prima. Si ovvia costruendo celle opportune, che possono essere di due tipi: a diaframma o a catodo di mercurio. Le celle a diaframma hanno lo scomparto anodico separato da quello catodico da un setto poroso (ad es. di amianto) e l'alimentazione avviene nello scomparto catodico, onde si ha un flusso continuo di liquido verso lo scomparto anodico. Ciò impedisce che salga nella parte anodica la concentrazione di ossidrilioni, e che quindi si abbia un forte sviluppo di ossigeno anziché di c., dato che la reazione: 4OH- CLIVIA05.png 2H2O + O2 + 4e- è concorrenziale dalla reazione: 2Cl- CLIVIA06.png Cl2 + 2e- di sviluppo di c., che è quella voluta. La concentrazione di cloroioni rispetto a quella degli idrogenioni deve essere la più alta possibile; ciò si ottiene lavorando con soluzioni molto concentrate in NaCl e ricorrendo al diaframma e al flusso di liquido di cui si è detto. Il c. che si svolge insieme con idrogeno è sempre umido, e quindi corrosivo. Si procede quindi all'essiccamento (ad es. con acido solforico) e al frazionamento della miscela H2 e Cl2. L'idrogeno è quindi in questo caso un sottoprodotto. Queste celle lavorano a tensioni di 3,2 ÷3,5 Volt, con densità di corrente di 3,5÷5 A/cm2. Il rendimento di corrente catodico è dello 0,9÷0,93; quello globale è circa 0,65. Al catodo si dovrebbe depositare sodio secondo la reazione:

Na+ + e- CLIVIA07.png Na

ma questa reazione non avviene perché siamo in soluzione acquosa. Si verifica invece, la reazione:

2Na+ + 2e- + 2H2O CLIVIA07.png 2NaOH + H2

con sviluppo di idrogeno gassoso e arricchimento della soluzione in soda caustica. Allorché la concentrazione di questa è circa del 10÷12% la soluzione (che contiene ancora circa il 15% di cloruro sodico) viene estratta dalla cella. Il cloruro sodico è separato per cristallizzazione e riciclato, mentre la soluzione di soda è mandata alla concentrazione. Gli anodi sono generalmente di grafite, la quale ha però tendenza ad ossidarsi e quindi si consuma, onde si tende a sostituirla con titanio platinato; i catodi possono anche essere di ferro. Il diaframma viene fatto di amianto, un materiale che assicura una resistenza limitata al passaggio di corrente fra anodo e catodo. Gran parte del c. viene prodotto con questo processo ma recentemente hanno trovato largo impiego le celle a catodo di mercurio, che peraltro in Italia sono sempre state le più diffuse. Le celle a mercurio hanno il catodo costituito da uno strato di mercurio (che si trova sul fondo della cella e vi scorre lentamente) cui portano corrente barre di ferro (completamente coperte dal mercurio, a loro volta allacciate alle barre principali che sono di rame). L'anodo, solitamente di grafite, è posto orizzontalmente sopra lo strato di mercurio e poco distante da esso. La funzione del mercurio è la seguente: il sodio si deposita al catodo come metallo in quanto si amalgama con il mercurio (il quale esce dalla cella quando contiene lo 0,2÷0,4% di sodio). Non si ha in questo caso formazione di idrato sodico in cella, dato che il sodio è amalgamato. Il mercurio con sodio passa in un disamalgamatore, nel quale l'amalgama è di struttura facendo reagire il sodio che esso contiene con acqua su un letto composto da blocchetti di grafite. Nelle prime celle in questa fase si recupera un po' di energia, facendola avvenire in una cella apposita. Il mercurio viene riciclato in continuo. La soluzione che si ottiene al disamalgamatore può essere anche al 50% e più in soda, cioè molto più concentrata di quella ottenuta dalle celle a diaframma. Si tenga presente che la concentrazione della soda è un operazione molto costosa. Ciò giustifica il maggior costo di impianto e di esercizio delle celle a mercurio. Dati caratteristici di queste celle sono: tensione 3,5÷4,5 Volt per cella; densità di corrente catodica 17÷24 A/cm2; rendimento catodico 0,9÷0/95; rendimento globale 0,65÷0,75. Oltre ai processi elettrochimici, esistono altri metodi per la produzione industriale di c. In generale si tratta di processi particolari, che hanno lo scopo di recuperare del c. che sarebbe altrimenti perduto. Ad es., fino a pochi anni fa, il c. veniva usato per la produzione di acido cloridrico, secondo la reazione di sintesi dagli elementi, che è una combustione:

H2 + Cl2 CLIVIA07.png 2HCl

Oggi invece l'acido cloridrico è un sottoprodotto di numerosissime sintesi che prevedono la clorurazione di un composto organico. La sovrabbondanza locale di acido cloridrico può renderne il prezzo talmente basso che conviene ritrasformarlo in c., a mezzo di una reazione di ossidazione. Altro c. si può avere poi come sottoprodotto dell'elettrolisi di cloruri di potassio, che viene condotta principalmente per ottenere l'idrossido di questo metallo (molto più costoso di quello di sodio). ║ Produzione e usi. Il notevole incremento della produzione di c. è dovuto principalmente all'espandersi dei consumi soprattutto per sintesi organiche, dovuto al forte aumento registrato nella produzione di materie plastiche (PVC, polieteri clorurati, ecc.), elastomeri (cloroprene, ecc.), prodotti chimici di largo uso (DDT, fluorocloroidrocarburi, trielina, ecc.). ║ Saggio analitico. Il c., se presente come cloruro, può essere determinato sia qualitativamente che quantitativamente per il precipitato bianco caseoso che si manifesta per addizione alla soluzione di un'altra soluzione di nitrato di argento: il cloruro di argento è infatti pressoché insolubile. La reazione è però comune a tutti gli alogeni (eccetto il fluoro); il cloruro di argento si può però confermare sciogliendolo in ammoniaca in eccesso, dalla quale può essere riprecipitato per acidificazione.