(dal francese
cléricalisme). Termine usato con
significato spregiativo per indicare un atteggiamento e un impegno di sostegno,
soprattutto politico, della Chiesa, favorendone gli interessi temporali. Il
c. si manifesta attraverso il diretto e massiccio intervento della Chiesa
nell'attività politica, intervento che, essendo improprio alla natura
della religione, finisce spesso col comprimere e distorcere le migliori energie
religiose, messe al servizio dello Stato clericale che si considera il braccio
secolare della Chiesa. Politica clericale è propriamente quella che si
attua quando, nelle organizzazioni politiche, sociali, culturali di un paese,
è richiesta la presenza di rappresentanti del clero come consiglieri
spirituali e morali. • St. - Di tipo clericale
è stata la politica adottata dalla Santa Sede nei confronti dell'Italia
nell'immediato dopoguerra e nel corso degli anni Cinquanta, nel tentativo di
scongiurare ad ogni costo il pericolo rappresentato dal comunismo, contro il
quale furono usati tutti i mezzi religiosi, politici ed economici a disposizione
della Chiesa. Ciò comportò una profonda politicizzazione del clero
e delle associazioni cattoliche, sospinte a un attivismo febbrile, risoltosi a
danno degli obiettivi spirituali della Chiesa. Inoltre mentre le avanguardie
cattoliche venivano emarginate, l'apparato ecclesiastico veniva utilizzato a
sostegno di un ordine sociale di tipo conservatore, affidando ai parroci un
ruolo primario nella collocazione e nella selezione del personale delle aziende
industriali, soprattutto di grandi dimensioni. Il
c. del dopoguerra
raggiunse il suo punto culminante all'indomani delle elezioni del 18 aprile
1948, in cui la Democrazia Cristiana ottenne la maggioranza assoluta dei voti.
Esso è chiaramente illustrato nella dichiarazione di un alto prelato,
raccolta da C.A. Jemolo, autore di un importante studio su
Chiesa e
Stato. Secondo l'autorevole rappresentante della Chiesa, occorreva che
l'Italia "piedistallo necessario, indivisibile della Santa Sede", prendesse "il
posto di quello che fu un tempo lo Stato pontificio", sentendosi "non umiliata,
ma esaltata, in questa sua funzione di vaso d'olio destinato ad alimentare la
più alta luce che illumini la terra." Durante il decennio successivo, si
ebbero interventi diretti e indiretti della segreteria di Stato vaticana negli
affari interni italiani, che testimoniavano l'invadenza clericale nell'Italia
del dopoguerra, dopo che Pio XII aveva deciso di appoggiare personalmente le
campagne elettorali del Partito democristiano. Ciò avvenne attraverso i
Comitati Civici, il cui presidente, Luigi Gedda, affermava di essere sì
per la libertà "ma per la libertà cristiana che è la
libertà di fare soltanto il bene" e ciò significava indire
"crociate" di ogni genere, intervenire pesantemente con la censura,
affinché cinema, teatro, televisione, offrissero spettacoli moralmente
accettabili. In questo clima i clericali più intransigenti non esitavano
a redarguire lo stesso De Gasperi, cioè il capo del governo e leader di
un partito confessionale come la DC, accusandolo di non essere abbastanza
zelante nel soddisfare gli appetiti clericali, tendenti a fare dell'Italia un
grande Stato Pontificio.