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Cièlo.

Astron. - Parte dello spazio che appare al di sopra della Terra e sembra chiudersi all'orizzonte. Sembra formare una specie di volta semisferica, azzurra di giorno e nera di notte. Di giorno appare azzurro perché la maggior parte delle radiazioni luminose del Sole si disperde negli spazi celesti e il massimo assorbimento lo subisce la parte ultrarossa dello spettro solare con le onde più lunghe di colore scuro. La volta celeste ha moto apparente da Est ad Ovest intorno all'asse celeste (che è il prolungamento dell'asse terrestre), il quale passa nell'emisfero settentrionale presso la stella polare. Gli antichi credevano che il c. fosse fatto di una speciale materia in cui fossero incastonati gli astri. Il rilevamento del moto degli astri, diverso anche nella velocità, li indusse a modificare le primitive supposizioni e allora essi credettero di poter ammettere l'esistenza di varie sfere trasparenti, che giravano con diversa rapidità intorno alla Terra. Di conseguenza si diede luogo alla credenza di più c., ciascuno dei quali aveva una sua propria funzione. Aristotele postulò l'esistenza di sette c. (detti sfere di cristallo), in cui ruotavano Sole, Luna e altri cinque pianeti e assegnò l'ottavo c. (o firmamento) alle stelle fisse. Nel sistema degli Ebrei e delle Sacre Scritture esistono due c.: uno costituito dall'aria e nel quale volano gli uccelli; l'altro costituito dal firmamento che sostiene l'abisso, e nel quale sono incastonate le stelle. Secondo Tolomeo, la regione celeste è divisa in sette c., uno per pianeta, oltre i quali furono ammessi, dagli astronomi posteriori, altri c.: l'ottavo era il c. delle stelle fisse, il nono c. era quello a cui si attribuiva il moto di trepidazione che compiva un grado ogni cento anni; il decimo c. era chiamato primo mobile e col suo moto traeva con sé tutti i c. inferiori. La concezione aristotelica rimase valida per tutto il Medioevo. La confutarono Copernico, con la sua formulazione eliocentrica, e poi Galilei. Oggi, pur conoscendo la distanza tra i corpi celesti ci si continua a riferire per comodità a una sfera celeste. Le carte celesti danno la posizione relativa degli oggetti fissi del c. (costellazioni, stelle fisse, nebulose), non degli oggetti mobili (Sole, pianeti, satelliti, comete), che fanno parte tutti del sistema solare. • St. delle rel. - Simbolicamente connesso alla divinità, il c. ha esercitato sin dai tempi più antichi e presso tutti i popoli, suggestioni di cui rimangono evidenti tracce religiose che affondano le proprie radici nei più antichi miti cosmogonici (Cielo e Terra originariamente uniti in un amplesso da cui furono generate le divinità minori e gli uomini). Lo stesso termine Dio (dal latino Deus) è connesso alla radice indogermanica div che significa luminoso, celeste, anche se, per influsso della tradizione ebraicocristiana, ha assunto il significato più proprio di "signore". Accanto a numerosi altri attributi, la concezione cristiana definisce Dio "padre celeste", essere supremo, ultramondano, personale, assoluto. Studi sistematici sulle religioni, condotti soprattutto da Wilhelm Schimdt e dalla sua scuola, hanno trovato tracce di una fede monoteista, fondata sulla nozione di divinità celeste, in ogni continente e in ogni civiltà, da quelle più antiche a quelle dei "primitivi" d'Africa, Indonesia, Oceania, America centro-meridionale. Data la loro trascendenza, tali divinità, inaccessibili all'uomo, avrebbero poi acquistato meno importanza rispetto a divinità più vicine agli uomini, più "terrestri". Pur essendo diffusa pressoché dovunque la credenza in un essere primo, creatore, lo si colloca così distante dalla terra e dai destini umani, da essere onorato raramente nel culto quotidiano (a differenza delle divinità minori degli antenati) ed è invocato solo in certe particolari occasioni. Essendo in rapporto col c., la divinità celeste viene spesso considerata come colei che elargisce la pioggia. Pressoché tutte le religioni animistiche dell'Africa identificano l'essere supremo, il dio-creatore, col c. o col sole. Presso alcune tribù nilotiche, egli ha al suo fianco due dèi della tempesta ostili tra loro. Fra i Cisciti dell'Etiopia e i Galla, egli ha al suo fianco la dea della fecondità alla quale si rivolgono preghiere perché elargisca la pioggia. Spesso gli antenati vengono posti come intermediari tra il dio-c. e gli uomini. Ricco di simbologia celeste è il pensiero confuciano. Il dio della tradizione confuciana si chiama Di (radice) o Tien (c.) e il principio fondamentale della perfezione morale confuciana consiste nel precetto di imitazione del c. (Fa-Tien), espresso nei libri canonici e nei dialoghi di Confucio: "Il c. ha fatto gli spiriti e le cose; il santo imita la norma del c.". Tutto l'universo è opera del c. e in esso vi è un ordine perfetto che esprime la volontà del c. Tutti gli esseri dell'universo seguono quest'ordine, così che anche gli uomini devono seguirlo. Così come l'universo tende, per legge di natura, all'onore del c., gli uomini devono dedicare la loro vita a onorare i genitori, rappresentanti di dio in terra. In tal modo, la pietà filiale diventa il centro di tutte le virtù, poiché tutte le virtù sono subordinate all'onore dei genitori e, in senso opposto, tutte le cattive azioni sono un disonore ai genitori, anche l'autorità imperiale deriva dal c., poiché l'imperatore è il rappresentante di Dio nel governo dell'impero e perciò si chiama Figlio del c., Tien-tze. Il c. sceglie l'imperatore attraverso la volontà del popolo e così come il c., nel governo dell'universo, tende alla produzione dei viventi, l'imperatore, nel governo dell'impero, deve tendere a favorire la vita del popolo. Quando un imperatore non si preoccupa del bene del popolo, ma solo del soddisfacimento dei propri desideri, agisce contro la volontà del c. e decade dalla sua autorità, così che il popolo può scegliere un altro imperatore.