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Cièco.

(dal latino caecus). Chi è privo della vista. • Pedag. - L'assistenza al c. deve tendere a metterlo in condizioni di essere, almeno parzialmente, indipendente. L'assistenza ai c. dalla nascita è diversa da quella a coloro che hanno perduto la vista a una certa età. Per il c. dalla nascita l'educazione deve essere iniziata dall'infanzia: anzitutto bisogna far sì che il piccolo si abitui a compiere ogni suo atto con naturalezza; è necessario, cioè, che egli si convinca di essere un ragazzo normale. All'età di 5 anni si può già cominciare ad insegnargli qualche nozione elementare e poi si progredisce gradatamente, favorendo il suo spirito di indipendenza. L'insegnamento in una scuola comune sarebbe dannoso perché il c., trovandosi ad essere trattato differentemente dagli altri, potrebbe essere portato a demoralizzarsi e ne deriverebbe, quindi, un aggravamento del suo stato. Nelle scuole speciali per c. si tende a sviluppare la facoltà di percezione e di memoria. La difficoltà di comunicazione tra insegnante e scolaro è stata brillantemente superata dall'alfabeto inventato da Braille. Esso consiste in combinazioni variabili di sei punti rilevabili al tatto, che servono a formare le varie lettere dell'alfabeto, i segni d'interpunzione, ecc. • Med. - V. CECITÀ. • Anat. - Prima parte dell'intestino crasso posto al di sotto dello sbocco dell'ileo. Sta nella parte destra inferiore dell'addome e ha forma di un sacco dal cui fondo sporge l'appendice ciecale, piccolo tubo chiuso, lungo 5-6 cm. Il nome deriva dal fatto che esso è a fondo cieco (V. INTESTINO).