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Civitas.

Termine latino corrispondente al greco polis (città stato) e indicante sia la comunità di cittadini organizzati politicamente e giuridicamente, cioè lo Stato, sia lo status giuridico di cittadino, cioè la cittadinanza. Nel diritto romano, la c., intesa come associazione di persone libere, soggette a un comune ordinamento giuridico, viene riconosciuta come persona giuridica. In quanto entità statale, essa necessita di un popolo, di un territorio e di un ordinamento giuridico. Nell'ambito del diritto romano, suoi organi erano: l'assemblea (comitium), il consiglio degli anziani (senatus)e i magistrati (magistratus). Il concetto di c. andò perdendo il suo significato originario con l'estendersi del dominio di Roma e con la costruzione dell'Impero, anche se il termine continuò ad essere usato. Esso costituisce un concetto fondamentale della dottrina politico-filosofica di Cicerone. In contrapposizione ad Aristotele, secondo cui la cittadinanza deve essere circoscritta a un piccolo gruppo accuratamente scelto, poiché la relazione di libera cittadinanza può sussistere soltanto tra eguali, e gli uomini non sono tra loro eguali, Cicerone afferma invece che, poiché tutti gli uomini sono soggetti a una stessa legge, e sono quindi cittadini-compagni, essi devono essere riconosciuti eguali. Secondo Cicerone uno Stato non può esistere durevolmente, qualora non abbia a suo fondamento la consapevolezza degli obblighi reciproci e il mutuo riconoscimento dei diritti che legano i suoi cittadini. Lo Stato, in quanto c., è una comunità morale, un gruppo di persone che possiedono in comune la c. e le sue leggi. Esso perciò è res publica "cosa del popolo", e il popolo non è un qualsiasi gruppo di uomini, messo insieme in qualche modo, ma un'associazione di uomini uniti da un accordo comune circa la legge e il diritto, nonché dal desiderio di partecipare alla comune utilità. Se la c. non è una comunità con fini etici e non è unita da vincoli morali, non è altro, come avrebbe detto più tardi Sant'Agostino, che un "latrocinio pubblico su vasta scala". Nel De civitate Dei (Città di Dio), Agostino indica il cammino storico della natura che si fa c. Egli scrisse questo suo grande libro per difendere il cristianesimo dall'accusa di essere stato responsabile del declino della potenza romana e di essere stato la causa del saccheggio di Roma da parte di Alarico nel 410. Egli vi espone la sua teoria intorno al significato e al compito della storia umana con l'intenzione di porre la storia di Roma nella sua giusta prospettiva. In tal modo, egli giunse a reinterpretare, dal punto di vista cristiano, l'antico concetto che l'uomo è cittadino di due "città", cioè della c. dov'è nato e della c. di Dio. Si tratta di una distinzione già suggerita da Seneca e da Marc'Aurelio, ma che in Agostino si fa più esplicita, assumendo una grande importanza religiosa. Secondo Agostino, l'uomo ha una doppia natura: egli è, insieme, spirito e corpo, e perciò contemporaneamente cittadino di questo mondo e della città celeste. Il fatto fondamentale della vita umana è la divisione dei suoi interessi in "interessi terreni", che si accentrano intorno al corpo, e in "interessi ultraterreni", propri dell'anima. Questa distinzione era destinata a costruire la base di tutto il pensiero etico e politico cristiano.