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Civiltà.

Somma dei valori spirituali e materiali di un popolo o più popoli che si riconoscono in una stessa matrice e sviluppo culturale. Il termine, derivato dal latino classico civilis, indica, nel suo significato originale la civilitas, un comportamento (quello del civis) volto al bene pubblico. Assai più complesso è il significato che il termine, in stretta connessione con quello di "cultura", è andato assumendo a cominciare dal secolo scorso, sulla base dell'inglese civilization, già largamente in uso nel XVIII sec., e del francese civilisation, introdotto dal Turgot nel 1766 e diffuso dagli illuministi in stretta relazione col termine progresso, per designare la storia delle istituzioni e dei costumi, in contrapposizione alla storia politico-militare. Nello stesso periodo, i Tedeschi adottavano, con significato analogo, il termine Kultur, così che, nel corso del XIX sec., il francese civilisation, l'inglese civilization e il tedesco kultur, si diffusero con pari significato, per indicare la storia dell'incivilimento umano e dello sviluppo delle idee. • Filos. - Grande importanza ha assunto il concetto di c.-cultura in quelle dottrine filosofiche moderne, in particolare in quella di Dilthey, che considerano la storia come un succedersi di Weltanschaungen (concezioni del mondo), ognuna corrispondente a una determinata cultura. Sulla base di queste dottrine, alla precedente concezione della c., intesa come svolgimento unitario dello spirito umano nel suo processo di incivilimento, si è andato costituendo il concetto di "culture" o "c.", cioè di unità morfologiche autonome (per cui il concetto di c. si allarga sino a comprendere anche le "culture" dei popoli cosiddetti "primitivi"), che ha trovato largo sviluppo nelle teorie dello Spengler e del Toynbee. Cercando le leggi che governano le c., Spengler individua innanzi tutto l'umanità primitiva, di cui sono esempi i gruppi "inferiori" che vivono nella semincoscienza di ciò che è cosmico e rappresentano il regno della pura contingenza. Posto che la storia comincia con la vita organizzata, Spengler individua cinque "culture": due che sorgono sui fiumi Nilo ed Eufrate (Egitto e Babilonia), sviluppandosi dal 3000 al 1500 a.C.; tre sorte intorno al 1500; India, Cina e Antichità classica, che si spengono poco prima o poco dopo l'inizio dell'era cristiana; e le ultime tre costituite dalla cultura europea-occidentale, da quella del mondo arabo e da quella del Messico. Spengler enuclea poi e analizza tre culture tipiche: quella greco-romana (apollinea o euclidea),quella araba (magica), quella occidentale (faustiana). Ogni c. fiorisce e muore in un ciclo chiuso e forma un'unità a sé stante. La penetrazione che una cultura subisce da parte di un'altra rappresenta un fatto negativo. Ogni c. dura circa un millennio, poiché ognuna comincia con forme primitive, ascende durante cinque secoli, affermandosi come Kultur, e declina nei cinque, secoli successivi, in cui diviene Zivilisation. Spengler pone pertanto una contrapposizione tra Kultur (la c. nel suo fiorire) e Zivilisation (il decadere di una c.). La cultura occidentale faustiana (simbolo dell'occidentalismo è il Faust) dovrebbe durare sino al XXII sec. e l'aurora di una nuova c. dovrebbe spuntare in Russia, ma la nuova cultura non consisterebbe tanto nell'esperienza comunista-marxista, che è un prodotto occidentale, ma in ciò che di nuovo saprà esprimere il contadino russo. Toynbee, nella sua famosa opera, intitolata Le civiltà nella Storia ha contestato l'idea romantica e positivista di c., cioè di una conquista assicurata una volta per sempre, che trova la propria garanzia nella struttura intrinseca della storia. Egli la presenta invece come una conquista costantemente posta in pericolo. Mediante la formulazione del principio di "sfida e risposta", il Toynbee ha inteso valorizzare l'opera umana: le avversità dell'ambiente costituiscono una sfida e uno stimolo ai quali l'uomo risponde mobilitando tutte le proprie energie intellettuali e morali. I costruttori di c. accettarono la sfida dell'ambiente, assumendo vittoriosamente il compito di addomesticare la natura. Ulisse corse i suoi maggiori pericoli non presso aggressivi antagonisti come i Ciclopi, ma presso incantatori che lo invitavano a una vita di agi. Nell'Italia classica, l'antitesi di Roma era Capua la cui campagna era altrettanto dolce e amabile, quanto quella romana era ostile e disagevole. Ma, mentre i romani uscirono dal loro povero e inospitale paese per soggiogare uno dopo l'altro tutti vicini, i capuani, impigriti dagli agi, se ne rimasero nel loro ospitale paese, lasciando che un vicino dopo l'altro li assoggettasse. Del problema della civiltà si sono occupati anche studiosi italiani e particolarmente interessanti sono le concezioni di Guglielmo Ferrero, che scorgeva il declino del nostro tipo di c. per mancanza di un valido "principio di autorità", di Enrico Leone e di Alfredo Niceforo. Secondo il Niceforo (Il mito della civiltà. Il mito del progresso: 1951), la c. non è che lo stato sociale, il modo d'essere e di agire di una società, cioè il complesso delle condizioni materiali, intellettuali, morali e politico-sociali. Ogni aggregato ha così una c., da quella primitiva e barbara a quella più moderna dei popoli progrediti. Per concludere che una c. sia superiore a un'altra o in progresso nel tempo, è necessario analizzare diversi elementi comparativi. Il Niceforo afferma la presenza di un progresso materiale, ma non a linea retta, bensì "sinusoidale ascendente", limitato a poche stirpi e accentuato ora nell'una ora nell'altra, ferma restando la legge di ascesa, stazionarietà e decadenza, per cui trascorre ogni c. Simile a quella del Niceforo, ma derivata da un'autonoma riflessione, è la teoria dell'americano Shepard B.V. Clough (Grandezza e decadenza della civiltà, 1953), che formula la seguente nozione: quanto più un popolo produce capolavori artistici e intellettuali, e quanto più assicura ai cittadini la sicurezza materiale e sociale, tanto più diciamo che è "civile". Pertanto, per il Clough, la condizione fondamentale di ogni incivilimento è la presenza di un "eccedente economico". Ma dal fatto che più l'uomo dedica energie per attuare opere d'arte e per dilettarsene e meno alla crescita del benessere materiale, derivano due corollari: 1) l'apogeo di una civiltà coincide con un periodo di decadenza economica; 2) un certo livello di c. non può essere conservato a lungo, se non con un'armonica distribuzione delle energie umane tra creazione artistico-intellettuale e attività economica. • Antropol. - Nel corso dell'Ottocento, il termine c. fu largamente usato in connessione con l'espansionismo coloniale europeo. Alla fine della prima guerra mondiale, alcuni grandi ideali umanitari sembrarono tradursi in istituzioni tra i cui compiti vi era quello di migliorare la condizione dei popoli soggetti a leggi coloniali, pur senza proporsi di porre fine al dominio e quindi al sopruso coloniale in quanto tale. Significativa era l'affermazione fatta al Congresso della Società delle Nazioni, secondo cui "il benessere e lo sviluppo delle popolazioni non ancora capaci di guidarsi da sé" doveva costituire un sacro impegno di c.". Ancora nei primi decenni del Novecento, infatti, predominava l'idea che "sviluppo" e "c." significassero, innanzitutto, inculcamento di valori associati con i processi di civilizzazione occidentali. Cominciava però a farsi strada il sospetto che i processi di sviluppo diretti a questo fine non erano stati in realtà dei miglioramenti per le popolazioni soggette a regime coloniale e che cercavano di conservare le proprie tradizioni. Ci si accorgeva infatti che non si potevano cambiare le leggi che governavano le relazioni sociali e familiari quotidiane con un semplice colpo di penna e imponendo una nuova legislazione, per esempio abolendo il "prezzo nuziale", definito "il peccato di comprare le mogli". Dalla posizione iniziale, tendente all'occidentalizzazione a ogni costo delle genti assoggettate, definita come "missione civilizzatrice", gli stessi colonizzatori e missionari passarono lentamente all'opinione che si dovesse rispettare e conservare ciò che c'era di indigeno, salvo certi "abusi". I missionari cominciarono ad autorizzare i loro convertiti a versare il prezzo per le mogli e gli educatori rivalutarono l'arte tradizionale, la musica e la danza dei "primitivi". In campo politico si riconobbe la validità di certe "leggi naturali" che vennero introdotte nell'amministrazione. Missionari e funzionari governativi cominciarono a frequentare corsi di antropologia pratica, sulla base delle raccomandazioni di Malinovskij di interferire il meno possibile e delle spiegazioni da lui offerte per le usanze che i colonizzatori avevano proibito. Grazie anche ai numerosi studi di etnologia e antropologia, oggi è ormai generale il riconoscimento delle varie forme di c.