Vincolo di appartenenza di un individuo a uno Stato. ║
Per estens. - Appartenenza di un individuo a una città. ║
C.
onoraria: diritto di considerarsi cittadino di una città diversa da
quella in cui si è nati. • Dir. - La
c. comprende diritti alla partecipazione attiva e all'organizzazione
della comunità, e doveri inerenti alla solidarietà e difesa di
interessi collettivi, con relativa soggezione alle leggi del gruppo. Nel diritto
romano lo stato di cittadino era riservato esclusivamente al
civis
romanus; lo straniero, detto nelle XII Tavole
hostis, nel diritto
posteriore
peregrinus, era libero dei propri atti, ma non difeso dalla
legge e nella stessa posizione giuridica si trovavano i provinciali membri di
città suddite o di città federate. Nell'Italia stessa, la
c. romana era stata concessa nel 49 a.C. anche ai Galli romanizzati della
pianura del Po: via via fu estesa nel corso dell'Impero anche fuori dei confini
d'Italia, finché l'imperatore Caracalla nel 212 d.C. l'accordò a
tutti i peregrini dell'Impero, che d'allora fino all'alto Medioevo si dissero
tutti romani (o romei nell'oriente ellenico). Il concetto giuridico di
c., da come si è venuto realizzando e definendo nei secoli, ha
assunto veste completa durante la Rivoluzione Francese, durante la quale si
pongono le basi per una moderna e perfetta individuazione del reciproco rapporto
fra il cittadino e la comunità, definito esattamente nel complesso di
diritti e doveri che formano lo
status di c. In epoca moderna, presso gli
Stati civili sono venute meno gran parte delle antiche limitazioni cui erano
soggetti gli stranieri e agli stessi sono state concesse tutte le garanzie che
l'ordinamento riconosce ai cittadini, sono state ridotte le particolari
situazioni di privilegio che talvolta lo
status di cittadino comporta
relativamente a chi lo possiede e infine le correlative discriminazioni a carico
di chi ne è privo. Può dirsi oggi che il prevalente contenuto
esclusivo dello stato di
c. si compendia nel godimento dei diritti
politici, nell'obbligo del servizio militare e in altre particolari
facoltà. La disciplina dell'acquisto e della perdita della
c.
è contenuta nella legge 13 giugno 1912, n. 555. La
c. italiana si
può acquistare: 1) per ragioni di sangue (il figlio di padre italiano; il
figlio di madre italiana se il padre è ignoto o non ha la cittadinanza
italiana, né quella dell'altro Stato, ovvero se il figlio non segue la
c. del padre straniero secondo la legge dello Stato al quale questi
appartiene); 2) per ragioni di territorio o di suolo (chi è nato nel
territorio dello Stato se entrambi i genitori sono ignoti o non hanno la
c. italiana né quella d'altro, ovvero se il figlio non segue la
c. dei genitori stranieri secondo la legge dello Stato al quale questi
appartengono; il figlio di ignoti trovato in Italia poiché si presume
nato nel territorio dello Stato); 3) per matrimonio (si acquista dalla donna
straniera che sposa un cittadino italiano e non viceversa); 4) per elezione o
naturalizzazione (si acquista dallo straniero se sussiste con lo Stato italiano
qualche legame: di nascita, di discendenza da ex italiani, di impiego dipendente
dallo Stato italiano, di residenza nello Stato italiano). Perde la
c. chi
acquista spontaneamente una
c. straniera e stabilisce o ha stabilito
all'estero la propria residenza: chi, avendo acquistato senza concorso di
volontà propria una
c. straniera, dichiari di rinunciare a quella
italiana e stabilisca o abbia stabilito all'estero la propria residenza; chi,
avendo accettato impiego da un governo estero o essendo entrato al servizio
militare di una potenza straniera, vi persista nonostante l'intimazione del
governo italiano di abbandonare entro un termine prefissato l'impiego o il
servizio. La perdita della
c. non esime dall'obbligo del servizio
militare. Chi ha perduto la
c. la riacquista se presta servizio militare
o accetta un impiego dello Stato; se dichiara di rinunciare alla
c. dello
Stato cui appartiene o prova di avere rinunciato all'impiego o al servizio
militare all'estero, e ha stabilito o stabilisce la propria residenza nello
Stato; dopo due anni di residenza se la perdita della
c. era derivata da
acquisto di
c. straniera. Alcune norme riguardanti la
c., non
conformi alle disposizioni costituzionali sulla parità dei cittadini
senza distinzione di sesso, sono state dichiarate illegittime dalla Corte
costituzionale. In particolare, con sentenza 16 aprile 1975 n. 87, è
stato dichiarato incostituzionale l'art. 10 della legge 13 giugno 1912 n. 55,
nella parte concernente la perdita della
c. italiana della donna che
contrae matrimonio con uno straniero. Notevole importanza ha avuto la l. 21
aprile 1983 n.123 che regola l'acquisto della
c. da parte del coniuge,
straniero o apolide, di cittadino italiano e del figlio minore, anche adottivo,
di padre cittadino o madre cittadina. L'attribuzione della
c. può
essere ricondotta a quattro casi: 1) acquisto per naturalizzazione 2) acquisto
per beneficio di legge 3) acquisto per
iuris communicatio (cioè
per estensione del diritto) 4) acquisto per nascita. Nel primo caso la
cittadinanza può essere concessa agli stranieri che abbiano svolto
determinati servizi a favore dello stato per la durata di almeno tre anni, o che
risiedano in Italia da almeno due anni prestando "notevoli servigi" al paese.
Nella seconda ipotesi la
c. è acquistata dagli stranieri nati in
Italia o figli di genitori residenti qui da almeno dieci anni; nel terzo caso la
c. viene concessa al coniuge di cittadino italiano, quando risiede da
almeno sei mesi in Italia o dopo tre anni dalla data del matrimonio; nel quarto
caso è cittadino italiano il figlio di padre o madre cittadini. L'art. 3
l. n.123/1983 prevede la concessione della cittadinanza italiana al coniuge di
cittadino italiano, attraverso decreto del presidente della repubblica, su
proposta del ministro dell'interno, su richiesta dell'interessato o del coniuge.
L'art. 5 l. n. 123/1983 regola l'acquisto della
c. italiana da parte del
figlio minore, anche adottivo, di padre cittadino o madre cittadina disponendo
che, nel caso di doppia
c. in tal modo conseguita, il figlio debba optare
per una sola entro un anno dal raggiungimento della maggiore
età.