(in latino
circumcellio). Il termine, derivato da
cellas (capanna, deposito, magazzino) e
circumire (aggirarsi
attorno), fu introdotto al tempo delle lotte contro l'eresia donatista (IV-V
sec.) per indicare bande di fanatici (
circoncelioni) operanti nelle
regioni dell'Africa settentrionale (Numidia). Si trattava in prevalenza di
braccianti agricoli occupati stagionalmente dai latifondisti romani, e per la
maggior parte dell'anno disoccupati, che rafforzavano le proprie rivendicazioni
sociali servendosi dei principi cristiani, interpretati in maniera distorta e
portati alle loro conseguenze più estreme. Nato come movimento di
protesta sociale e geograficamente circoscritto, andò poi estendendosi e
associandosi alla setta dei "donatisti", che contribuì ad accentuarne il
fanatismo religioso. Inizialmente si trattò soprattutto di una reazione
contro le misere condizioni del bracciantato agricolo dell'Africa
settentrionale, composto soprattutto da berberi e le cui file si erano andate
ingrossando con l'impoverimento di numerosi piccoli coltivatori indebitati ed
espropriati dei loro pezzi di terra, andati ad ingrandire i latifondi. Tra le
azioni più frequenti figurava il saccheggio di depositi di viveri e il
sequestro dei creditori, per impedire loro di esigere il rimborso dei debiti.
Numerose inoltre erano le aggressioni ai padroni, messi spesso pubblicamente
alla gogna e legati dietro i carri su cui avevano preso posto i loro schiavi.
Con l'allargarsi del fenomeno, si ebbero, da una parte, varie azioni puramente
banditesche alle quali la rivolta dei
c. serviva solo come copertura,
dall'altra, un più accentuato fanatismo che ne aumentava la violenza. I
loro capi, Axido e Fasir, si erano autonominati "capi dei santi", si
costituirono in bande che, al grido di
Deo laudes, si abbandonavano al
saccheggio di case e chiese, senza indietreggiare di fronte alla morte. Infatti,
interpretando in senso restrittivo la redenzione e la santità, cercavano
volontariamente il martirio, abbandonandosi a saccheggi e a violenze di ogni
genere e andando incontro alla morte per guadagnarsi la fama di martiri. Il
termine fu ripreso nel XIII sec. per indicare i seguaci di una setta sveva che,
per protesta contro la scomunica e la deposizione di Federico II, si abbandonava
ad atti di violenza paragonabili a quelli degli antichi
c.