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Cinèse.

Lingua parlata in Cina. ║ L'idioma c. diffuso non soltanto nella Cina propriamente detta ma anche in Mongolia e in Manciuria, appartiene al gruppo monosillabico (shino-thai) come il tibetano, il thailandese e il vietnamita. La lingua si suddivide in tanti dialetti, fra i quali occupa un posto a sé quello di Pechino, da cui derivano i dialetti moderni (il più importante è il mandarino, parlato dal 70% circa della popolazione). Nel Kwangtung invece ha la prevalenza il dialetto di Canton (detto appunto cantonese) adottato anche nel campo commerciale. Il pechinese serve anche per le comunicazioni amministrative e legali. Tuttavia, se in Cina non esiste un comune idioma parlato, esiste invece una lingua scritta comune, di tipo ideografico: il disegno non sta ad indicare un suono particolare, bensì un'idea. L'unione di due parole dà luogo a un complesso ideologico di cui ecco due esempi classici: sole + luna = luce; madre + figlio = bontà. La scrittura c. è sillabica, cioè ciascun segno rappresenta una sillaba. Le numerose parole separate da lineette non contraddicono il monosillabismo: si tratta soltanto di parole composte che noi scriviamo normalmente unite. Il numero dei disegni della scrittura c. si calcola in diecimila, ma contando le innumerevoli varianti e le forme articolate si arriva fino a quarantamila. Tuttavia i segni maggiormente usati sono poco più di tremila e la loro rappresentazione tende a essere sempre più semplificata nei suoi tratti essenziali. La scrittura si basa sull'esistenza di 214 elementi fondamentali o radicali (o chiavi) che rappresentano raggruppamenti di concetti generali. Le linee della scrittura vanno dall'alto in basso, cominciando la prima parola al margine destro della carta. Il c. ignora la punteggiatura. La fonetica offre consonanti gutturali (k, h, ng), palatali (c, hs, s, z, y), linguali (ts, l, rh), dentali (t, s, n), labiali (p, f, w, m). Le vocali sono semplici o composte e le prime si suddividono in lunghe o corte. Le vocali composte si dividono in dittonghi e trittonghi; i primi sono ei, ai, ao, ou, ui. I trittonghi sono formati con i (uai, uei). Importanza speciale hanno nella lingua i toni musicali. Ciascuna parola semplice è monosillabica e di qui la necessità di distinguere tra sillabe dal medesimo suono mediante il tono della voce. Il tono musicale, o accento musicale, si indica con un numero messo come esponente sul monosillabo. Per esempio li4 (cioè li pronunciato col quarto tono) ha un significato ben diverso da li1 o li2. L'accento non va confuso col tono e consiste solo nel sottolineare fortemente con la voce la parola e non nel variare il suo valore musicale. Nella grammatica c. non esistono né una declinazione né una coniugazione. Un medesimo vocabolo può avere valore di sostantivo, di aggettivo, verbo o avverbio e il suo significato traspare unicamente dal contesto della frase. La leggenda attribuisce l'invenzione della scrittura a un imperatore mitico, Fu Hsi, del terzo millennio a.C., e a Tsang Chilh. I primi documenti di cui si abbia notizia (frammenti di iscrizioni dipinti su osso di animale) risalgono a più di mille anni prima di Cristo. Oggi la scrittura ideografica è stata semplificata dalla notevole diminuzione degli ideogrammi, che possono anche essere scritti in senso orizzontale e da sinistra a destra. Nel 1958 il governo della Cina Popolare ha fatto approvare un progetto di alfabeto costituito da 26 lettere facenti parte dell'alfabeto latino: questo viene ormai adottato nelle scuole e nella stampa, anche se il processo di uniformazione in tutto il Paese non è ancora stato realizzato.