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Ciclotróne.

Fis. - Macchina acceleratrice di particelle, appartenente alla classe degli acceleratori circolari, adatta ad accelerare protoni, deuteroni, particelle α (nuclei di elio) e anche atomi di metalli pesanti ionizzati. Il principio di funzionamento di questa macchina è dovuto ad E.O. Lawrence, dell'università della California (USA), che lo espose nel 1930; l'anno seguente questo ricercatore, in collaborazione con altri, costruì la prima macchina di questo tipo che accelerava protoni fino ad una energia di 1 MeV circa (mega-elettronvolt, cioè un milione di elettron-volt). Basilarmente un c. è costituito da una camera a vuoto in cui viene praticato un vuoto molto spinto (10-5 o meno mm di mercurio di pressione residua). In questa camera sono alloggiati due elettrodi, aventi una caratteristica forma a D, fra i quali viene applicata la tensione (alternata) che ha la funzione di accelerare le particelle. La camera a vuoto ha la forma di un cilindro con altezza molto piccola rispetto al diametro; sulle sue basi sono poste le espansioni polari di un grande magnete che genera un forte campo magnetico costante, destinato a mantenere le particelle accelerate su un'orbita circolare o, in presenza di accelerazione, su un'orbita a spirale piana. Tra i due elettrodi a D è applicata una tensione alternata a frequenza costante, di valore molto elevato e di forma d'onda pressoché sinusoidale. Le particelle sono generate, al centro della camera a vuoto, con un dispositivo opportuno; solitamente è un arco elettrico in un gas che dipende dal tipo di particelle che si vogliono produrre. Le particelle qui generate, per effetto del campo magnetico sopra detto e della differenza di potenziale fra i due elettrodi a D, si posizionano su un'orbita a spirale piana (approssimativamente); nel passaggio da un elettrodo all'altro esse quindi subiscono un'accelerazione dovuta alla differenza di potenziale fra i due elettrodi; dato che questa è alternata, le particelle tendono a stabilizzarsi su un'orbita sincrona, cioè a passare da un elettrodo all'altro nell'istante in cui il campo alternato si trova nel senso di accelerarle. È questa la cosiddetta condizione di risonanza del c.: le particelle che la rispettano si trovano a passare nel tratto libero fra i due elettrodi sempre nella stessa fase con la tensione alternata, e quindi ogni passaggio incrementa la loro energia. Perché ciò si verifichi occorre che il tempo impiegato dalla particella a percorrere l'arco di circonferenza posto entro ognuno dei due elettrodi a D sia esattamente uguale al tempo di inversione del campo: questo si ottiene se la particella si sposta man mano che aumenta la sua velocità (e quindi la sua energia) su un'orbita sempre più larga, in modo da percorrere una traiettoria più lunga: ciò equivale a dire che essa deve seguire una spirale di parametri opportuni. Se V1 è la differenza di potenziale fra i due elettrodi nell'istante in cui la particella si trova nello spazio intermedio fra essi, l'incremento di energia che subisce in quel passaggio sarà:

ΔE = e·n·V1

in cui E è l'energia posseduta dalla particella, che viene incrementata di ΔE, e è la carica dell'elettrone (in valore assoluto), n è un numero intero che esprime di quante volte la carica della particella considerata è multipla di e e V1 ha il significato detto. È ovvio che V può essere al massimo uguale al valore di picco della tensione alternata applicata ai due elettrodi; questa condizione si verifica però solo per un certo numero di particelle. Per altre la V sarà senz'altro minore della tensione di picco; al limite, se la particella è sfasata di un quarto di periodo, la V che essa trova è nulla. Questa particella si dispone su un'orbita circolare, non viene più accelerata tangenzialmente ma solo radialmente (per tenerla sull'orbita circolare) e, in teoria, continuerebbe a ruotare indefinitivamente. In pratica si perde per diversi motivi dopo un certo tempo. In teoria si potrebbe pensare di far compiere alle particelle che si mantengono in fase un numero molto più alto di giri, in modo che sommando molti ΔE l'energia finale sia molto elevata. In pratica diversi fattori limitano questa possibilità. Innanzi tutto la focalizzazione del raggio viene meno, cioè il fascio di particelle si allarga, mentre nelle esperienze che si vogliono condurre è molto importante avere un raggio ben focalizzato. Un secondo fattore limitativo per le potenze raggiungibili è dato dalla legge della relatività. L'aumento delle energie cinetiche delle particelle si realizza come aumento di velocità; in molti casi si giunge a frazioni apprezzabili della velocità della luce. Si sa però dalla trattazione di Einstein che all'aumentare della velocità di un qualsiasi corpo aumenta anche la sua massa, e quindi occorre una forza sempre maggiore per imprimergli una certa accelerazione. Inoltre il campo magnetico generato dalle espansioni polari del magnete non è uniforme, ma leggermente decrescente secondo il raggio; ne consegue che le orbite e la condizione di risonanza sono sempre più difficili da mantenere man mano che ci si avvicina alla periferia della camera a vuoto. Per tutti questi motivi l'energia massima che si può comunicare alle particelle è limitata: nei c. semplici più potenti si giungeva a non più di 25 MeV per i deuteroni e a circa 40 MeV per le particelle α (o elioni). Per ovviare agli inconvenienti presentati dal c., che ne limitano le prestazioni in potenza, sono state successivamente messe a punto delle macchine acceleratrici di particelle cosiddette sincrone, nelle quali la frequenza della tensione applicata agli elettrodi è variabile in modo opportuno. Queste macchine prendono diversi nomi quali sincrotone, sincrociclotrone, protosincrotone, elettrosincrotone, ecc. Il c. però presenta proprietà interessanti per diversi motivi, primi fra i quali l'elevata corrente ottenibile (fino a 250 milliampère) e il fatto che il fascio è continuo e non impulsivo come sulla maggior parte delle macchine. I tentativi di miglioramento del c. per superare le limitazioni sopra riportate hanno dato luogo ad una nuova generazione di c., detti c. isocroni o AVF (dall'inglese Azimuthally Varying Field, cioè campo magnetico variante azimutalmente). In questi c. le espansioni polari dei magneti che stanno sulle basi della camera a vuoto non sono piane ma opportunamente sagomate a settori sporgenti e rientranti, detti rispettivamente creste e valli; in questo modo si compensa parzialmente l'influsso dell'aumento relativistico di massa sull'orbita delle particelle. Ciò consente di ottenere dei fasci di particelle aventi energia anche di 100 MeV e più, pur conservando un fascio continuo con intensità di corrente di qualche centinaio di milliampère. È stato messo a punto anche un piccolo c. per l'accelerazione di elettroni, che è detto microtrone (V.). Fra i c., merita di essere ricordato il c. ad orbite separate o SOC, che è di costruzione completamente diversa. In questo infatti la cavità in cui si è fatto il vuoto e nella quale si muovono gli elettroni è costruito a forma di spirale; attorno ad essa sono posti dei magneti e l'accelerazione avviene nelle cavità risonanti in modo identico a quello proprio degli acceleratori lineari. Il SOC anzi può essere considerato un acceleratore lineare a spirale; sugli acceleratori lineari veri e propri esso presenta però il vantaggio di un'estensione molto minore e la possibilità di avere molte estrazioni di raggi e quindi la disponibilità di fasce di particelle praticamente in tutto lo spettro delle energie presente nella macchina. L'estrazione di particelle avviene deviandole dalla loro traiettoria con una forza (generalmente dovuta ad un campo magnetico) che si oppone e annulla quella che le tiene su un'orbita a spirale; le particelle allora escono dalla macchina secondo la tangente alla loro traiettoria (approssimativamente) e possono essere utilizzate. Lo stesso sistema è usato per il sincrotone; non si ha però la possibilità di estrazioni intermedie in quanto le particelle escono solo quando hanno raggiunto l'orbita più esterna, cioè quando posseggono il massimo dell'energia. Le applicazioni del c., sono ancora per lo più limitate al campo della ricerca. Il fascio di particelle accelerate viene mandato a collidere su un bersaglio opportuno per esaminare le interazioni fra la materia e queste particelle ad elevata energia. Se il bersaglio è opportuno e posto entro la macchina, si può avere all'uscita un fascio di particelle diverso da quello accelerato; in questo modo si producono ad es. fasci di neutroni o di mesoni. Il c. però comincia anche ad essere utilizzato industrialmente (produzione di isotopi radioattivi, esami non distruttivi di materiali, ecc.) e in medicina nella terapia di certi tumori. Un'applicazione importante del c. è stata la produzione di uranio 235 a partire dalla miscela di isotopi naturali. Lawrence stesso aveva dimostrato nel 1941 la possibilità di separare a mezzo di un c. gli isotopi di metalli pesanti e in particolare dell'uranio. In un c. più potente costruito sempre presso l'università della California che aveva delle espansioni polari di 95 cm, fu dimostrata la possibilità di applicare industrialmente il frazionamento isotopico dell'uranio con c. Nel 1942 entrò in funzione un grande c. (4,7 m di diametro delle espansioni polari) costruito sempre presso la stessa università, che permetteva la separazione di qualche centigrammo/giorno di uranio 235. Questo c. fu detto calutrone (V.) ed ebbe una grande importanza storica e militare in quanto, sulla scorta dell'esperienza acquisita con esso, un consorzio di industrie statunitensi costruì a Clinton un grande impianto di produzione dell'isotopo 235 dell'uranio a mezzo di c. specializzarli a questo uso. Questo impianto entrò in funzione verso la fine del 1943 e fino alla conclusione della seconda guerra mondiale produsse grandi quantità di uranio 235 di purezza sufficiente per la costruzione di bombe e di pile atomiche. Oggi questo metodo di frazionamento isotopico è stato abbandonato per l'uranio, ma è ancora in vigore per altri isotopi, soprattutto di metalli rari o altri elementi (ad es. terre rare), per i quali il frazionamento della miscela naturale non è stato realizzato in modo conveniente con metodi diversi.