L'insieme dei fedeli e l'edificio dove si esercita il culto
cristiano. ║
La C. come società religiosa: la
C.
cattolica. Il termine deriva da una voce greca, che nel suo significato
classico indicava un'assemblea politica. Le corrispondenti voci ebraiche
individuavano una società religiosa e politica insieme. L'originaria voce
greca, nell'uso dei cristiani, indicò sia l'assemblea dei fedeli sia il
luogo di culto. Descritta nel Vangelo come "Regno di Dio" sulla terra, da San
Paolo come il "corpo di Cristo" in cui si riuniscono e vivono gli uomini, la
C. è composta di un fattore soprannaturale (la grazia) e di un
fattore umano (i fedeli santificati dalla grazia). Si sono manifestate nei
secoli varie concezioni della
C., che si differenziano per la diversa
importanza data a questi due fattori e per il modo di concepire la loro
interdipendenza. Ora si dà preminenza all'aspetto soprannaturale,
definendola "comunità di grazia" o "società dei santi", per lo
più visibile e mistica; ora si insiste sull'aspetto visibile, sulle sue
strutture gerarchiche, sulle sue attribuzioni giuridiche di società
perfetta e indipendente da ogni ingerenza civile. Queste diverse concezioni
della
C. sono all'origine delle varie separazioni tra i cristiani.
Secondo la tradizione cattolica, è teologicamente e canonicamente esatta
la definizione data dal Bellarmino: "La riunione degli uomini che sono uniti per
la professione della stessa Fede, la partecipazione agli stessi sacramenti e la
guida degli stessi pastori e in particolare del romano pontefice, unico vicario
di Cristo in terra". Essa tuttavia trascura l'aspetto invisibile della
C., come la fondamentale comunione di grazia e di carità e la
possibilità di un'appartenenza invisibile ad essa, che sola può
giustificare l'assioma:
Extra ecclesiam, nulla salus. Il concilio
Vaticano I la definisce "la casa del Dio vivente", in cui i fedeli sono
vincolati da una sola fede e carità. Il concilio Vaticano II la descrive
come "il popolo di Dio" e come il
sacramentum magnum con cui Dio si dona
agli uomini. La
C. è quindi opera di Dio e prosegue l'opera di
Cristo nel mondo fino alla fine dei tempi; ha lo scopo di recare
all'umanità intera la grazia della redenzione e della Salvezza. Questo
richiama il carattere composito della
C., che, pur fondata da Dio e ricca
quindi dei suoi tesori, è però formata da uomini e appesantita
dalle loro manchevolezze. Voluta dal Padre, fondata da Cristo, vivificata dallo
Spirito Santo, la
C. appare così come un popolo aggregato
all'unità della Santissima Trinità. Dunque i fedeli sono vincolati
da questa unione soprannaturale con Cristo in una solidarietà reciproca
che trascende le divisioni razziali e affratella in Cristo tutti gli uomini,
figli di Dio con pari diritti. ║
Missione e finalità: la
missione della
C. è di continuare quella di Cristo, da lui
affidata agli apostoli, cioè di comunicare all'umanità la vita
divina. Questo si esplica in tre funzioni: a)
profetica o
di
magistero, in quanto la
C. è depositaria della fede e della
verità e ha il diritto e il dovere di insegnarla alle genti in nome di
Cristo; tutti devono perciò credere alle sue proposizioni, rivelate sia
col magistero ordinario (lettere pontificie, insegnamento dei vescovi), sia col
magistero straordinario (definizioni solenni del papa o del concilio ecumenico);
b)
sacerdotale o
di ministero propriamente detto, che comporta il
culto di Dio e l'elargizione dei sacramenti che conferiscono ai fedeli la grazia
santificante; c)
regale o
di giurisdizione, che significa sia
instaurazione nel mondo di una convivenza fondata sulla verità, sia come
vero e proprio potere giurisdizionale, con podestà legislativa,
giudiziaria e coattiva, che è il mezzo con cui la
C. può
raggiungere il fine della carità. Questa potestà viene
direttamente da Dio e il pontefice romano la esercita in modo supremo e pieno su
tutti i battezzati, sia riguardo alle verità di fede che alla disciplina
e al governo della
C. nel mondo. La missione della
C. è
quindi un impegno all'amore di Cristo e alla dedizione per la salvezza di tutti
gli uomini. Essa è dunque per definizione missionaria, ma (secondo la
dichiarazione dottrinaria) si astiene dalla preghiera e dalla predicazione
finché i popoli che posseggono di Dio solo un'inconscia esigenza o
un'immagine imperfetta non sono giunti alla pienezza della fede cristiana.
║
Costituzione gerarchica e struttura visibile: affinché
potesse esplicare la sua missione terrena, Gesù Cristo diede alla
c. una precisa costituzione gerarchica, la quale ne assicura il
funzionamento interno e costituisce una struttura esteriore riconoscibile da
tutti. Si distingue innanzitutto tra
C. docente e
C. discente
(rispettivamente
clero e
laicato), basandosi sul sacramento
dell'ordine. Il vertice della gerarchia è costituito dal papa, vicario di
Cristo; attorno a lui gravita l'intero organismo, rappresentato dal collegio
espiscopale (vescovi), sacerdoti, religiosi, laicato: il tutto costituisce il
volto umano e visibile del corpo di Cristo, attraverso cui si irradia sul mondo
il mistero di Dio. Nel
simbolo niceno-costantinopoliano sono enumerate le
quattro
note specifiche che distinguono la
C. dalle altre
contraffazioni umane: a) l'
unità: la verità è una
sola, quindi è doveroso accettarla e possibile raggiungerla e
riconoscerla; ci si separa dalla
C. con l'eresia (
rifiuto di fede)
o con lo scisma (
rifiuto di obbedienza); b) la
santità:
questo non significa che i membri della
C. siano più santi degli
altri gruppi religiosi, ma che, poiché scopo della
C. è la
santificazione degli uomini, santa è la dottrina e mezzi sicuri di
santità sono i suoi sacramenti; c) la
cattolicità:
cioè l'
universalità: il messaggio di Cristo è valido
per tutti gli uomini di ogni tempo; d) la
apostolicità: la
predicazione del Vangelo fu affidata da Gesù agli apostoli e ai loro
successori, dunque la
c. ne è la sola depositaria. ║
C. e
Stato: il modo di concepire i rapporti tra la società civile e quella
religiosa, che ha sempre avuto gran peso nel corso della storia, si può
riassumere in due schemi opposti: l'unione e la separazione.
Unione: in
questo caso può verificarsi la subordinazione o la coordinazione. Esempi
storici di
subordinazione della
C. allo Stato sono: a) il
Cesaropapismo, secondo cui il governo della
C. è un settore
dell'amministrazione statale; b) il
giurisdizionalismo, che, pur non
riunendo nella stessa persona il duplice potere civile e religioso anzi
concedendo privilegi e favori, si riserva però di invadere l'opposta
sfera, pesando sulla nomina dei vescovi, la divisione delle circoscrizioni,
l'amministrazione dei beni cioè sul settore esteriore e temporale della
C. Rientrano in questo schema il gallicanesimo in Francia, il
febronianismo e il giuseppinismo in Austria, il regalismo in Spagna, il
leopoldismo in Toscana, tutti risalenti agli ultimi secoli. Riguardo alla
subordinazione dello Stato alla
C. si distinguono invece: la
potestas
directa (
teocrazia), per cui tutti i poteri toccano al papa, e quelli
vicini vengono esercitati dallo Stato per semplice delega; la
potestas
indirecta, che assegna al papa la sola potestà di correggere e
abrogare le leggi civili, eventualmente dannose alla vita spirituale dei fedeli;
la
potestas directiva, che assegna al papa la sola possibilità di
disapprovare leggi ritenute nocive e di raccomandare ai governanti il rispetto
dei diritti di tutti e quindi anche
C. La
coordinazione si
verifica invece quando
C. e Stato si riconoscono reciprocamente sullo
stesso piano, riservandosi ciascuno il proprio campo d'ingerenza
(rispettivamente spirituale e temporale). Sui problemi non chiaramente
circoscritti all'uno o all'altro campo (le
res mixtae) le due
autorità vengono a una soluzione comune in uno spirito di mutua
collaborazione (sistema del concordato).
Separazione: in genere questo
sistema è definito dall'assenza di vincoli giuridici formali tra
C. e Stato, per cui la prima deve conformarsi al diritto comune in
vigore, senza privilegio alcuno. In pratica in questo modo la
C. viene
posta alla mercé di eventuali governanti senza scrupoli, ma d'altra parte
le rimane la più completa libertà spirituale per l'esercizio della
sua missione. Il sistema concordatario invece, se salvaguarda i diritti della
C. come società terrena e sovrana, può renderla o farla
apparire connivente con la politica del potere costituito. La
C.
cattolica preferisce ufficialmente il sistema concordatario, ritenendolo il
più adatto alla sua natura di società sovrana e indipendente; dove
le circostanze storiche lo richiedono accetta però anche una forma di
tollerante adattamento alle condizioni esterne. Sul piano teorico, dopo la
teoria medioevale del potere diretto la curia romana si è orientata verso
una forma di potere indiretto, stante la subordinazione del fine temporale al
fine spirituale, che naturalmente rimane preminente. In Italia i Patti
Lateranensi costituiscono il concordato che regola i reciproci rapporti.
• Arch. - ║
La C. come edificio
sacro: sin dalla più antica architettura cristiana tali edifici si
dividono in due tipi fondamentali: a pianta longitudinale o basilicale e a
pianta centrale; essi sono derivazioni e adattamenti di precedenti edifici
romani (cioè la basilica romana e il mausoleo o il tempio pagano). Un
terzo tipo sorse più tardi dalla fusione di questi due: ebbe pianta
cruciforme, e cupola posta sull'incrocio del braccio longitudinale (navata) con
quello trasversale (transetto). I due tipi fondamentali sono ben distinti nel
periodo paleocristiano, in cui l'edificio a pianta longitudinale, con una o due
navate, è utilizzato per i riti di culto, e quello a pianta centrale
(quadrata, ottagonale, ecc.) per la somministrazione del battesimo. I migliori
esempi di questo periodo si trovano a Roma (Santa Sabina, Battistero
Lateranense) e a Ravenna (Sant'Apollinare Nuovo, Battistero degli Ortodossi).
Successivamente l'architettura carolingia predilesse gli edifici a pianta
centrale, usandoli anche per il culto. Ma la più comune pianta che si
ritrova nei periodi seguenti, tra le numerose variazioni dei tipi fondamentali,
è quella a croce latina, di facile costruzione e di evidente valore
simbolico. In periodo romanico al soffitto architravato si sostituiscono le
volte; una cupola con tiburio compare alla sommità dell'edificio;
compaiono cappelle laterali e il deambulatorio dietro il presbiterio.
L'architettura gotica elabora maggiormente l'edificio, gli conferisce
leggerezza, grande slancio verticale per mezzo delle tipiche volte, ricca
ornamentazione; introduce più absidi con cappelle radiali. Nel
Rinascimento, benché la pianta centrale venga rivalutata come modello di
perfezione architettonica, restano prevalenti le piante longitudinali, provviste
di una grandiosa cupola (come la basilica di San Pietro a Roma). Durante il
Barocco si accolgono in parte questi schemi rinascimentali, respingendo
però ogni elemento di simmetria e di armonia: la pianta centrale viene
elaborata su pianta ellittica, con strutture libere (San Carlino alle Quattro
Fontane, Sant'Ivo, a Roma). Un ritorno alle forme classiche (colonnati,
frontoni, ecc.) si verifica fuori d'Italia nel '600-'700, e la
C. ricorda
l'aspetto dei templi pagani. L'Ottocento vede in tutta l'Europa un ritorno al
gusto dei secoli addietro, ma le opere realizzate non vanno oltre la fedele
imitazione. La
C. contemporanea, dopo qualche insoddisfacente esempio
ispirato al razionalismo e al funzionalismo, si conforma a linee libere e
originali, più vicine alle arti figurative che all'architettura vera e
propria. La storia della decorazione degli edifici sacri vede, nel periodo
paleocristiano, un prevalere del mosaico o della pittura a fresco, con intenti
illustrativi e didattici. Il mosaico rifiorì nell'architettura bizantina
(secc. XI-XIV). Nel periodo romanico e in quello gotico soprattutto acquista
importanza l'ornamentazione plastica interna (transenne e capitelli) ed esterna
(statue e rilievi): le
C. gotiche sono interamente e riccamente decorate
(Duomo di Milano). Nel Rinascimento la decorazione, di tipo pittorico, prevale
all'interno, dove si conservano cicli di affreschi dei più grandi pittori
italiani, raffiguranti storie sacre o fatti e personaggi dell'epoca. Nel Barocco
la decorazione pittorica viene concepita in funzione architettonica, cioè
usata per ottenere particolari e sorprendenti effetti spaziali di tipo
illusionistico. La copia delle decorazioni raggiunge livelli di esuberanza e
spesso di aberrazione con il Rococò (specie in Francia e Austria), dopo
di che si riduce ai soli spazi degli altari, absidi e cappelle, come nella
C. contemporanea. • Dir. can. - Secondo
la definizione del
Codex iuris canonici la
C. è l'edificio
sacro che serve principalmente a tutti i fedeli per l'esercizio del culto
pubblico. Queste sono le principali norme giuridiche sulla
C.: la sua
costruzione deve avere il consenso del vescovo, che ne stabilisce i criteri di
massima, conformemente ai principi tradizionali dell'arte sacra. È
necessario che ogni nuova
C. venga consacrata o almeno benedetta
(è sufficiente consacrare un solo altare). Le cattedrali e le collegiate
devono essere consacrate. Il carattere sacro così conferito alla
C. dura fino alla sua distribuzione, alla destinazione ad altro uso
decisa dal vescovo; oppure cessa a causa di atti empi ivi commessi, di fatti di
sangue, o perché vi si è sepolto un infedele o uno scomunicato: in
tal caso essa deve essere riconsacrata. In linea teorica, secondo l'ordinamento
ecclesiastico, la
C. conserva il diritto d'asilo, ma esso in pratica non
ha alcun valore poiché nessun ordinamento laico lo ammette.
L'amministrazione della
C. tocca al vescovo se è cattedrale, al
capitolo se è collegiata, a un rettore o consiglio di fabbrica se non ha
qualifica sociale. La
C. palatina è un edificio di culto,
sottratto alla giurisdizione vescovile, sorto per iniziativa privata di un
sovrano, che si riserva il diritto di collazione straordinaria per la nomina
degli ecclesiastici preposti. Deriva storicamente dalla cappella del
palatium dei primi imperatori cristiani; il cappellano palatino era
spesso anche cappellano generale delle forze armate dello Stato, per cui quel
titolo aveva grande importanza. Per quanto riguarda la situazione attuale, lo
Stato italiano con l'art. 29 del Concordato ha rinunciato a tutti i privilegi
palatini. La
C. privata si può definire in due modi: 1) la
C. privata è di proprietà di un privato e non di un ufficio
ecclesiastico o di un ente pubblico; può anche essere aperta al culto
pubblico; 2) La
C. privata può essere sinonimo di
oratorio,
cioè di edificio sacro in cui l'ingresso è limitato ad alcune
categorie di persone, oppure permesso a tutti i fedeli solo durante gli uffici
divini. Il Concordato stabilisce che le
C. private non possono essere
riconosciute giuridicamente.