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Cesàreo.

(dal latino scientifico caesaureus, nella locuzione sectio caesarea: taglio cesareo, derivato dal latino Caesar, interpretato come matris utero, cioè nato dall'utero tagliato della madre). Med. - Taglio c.: operazione già usata dai Romani sulla madre morta nella speranza di salvare il figlio. I nati da parto c. erano chiamati caesares. Oggi il taglio c. consiste in un'incisione sulle pareti dell'utero, subito ricucite, per liberare il feto vivo dalla madre; si può praticare attraverso l'addome o attraverso la vagina. La prima forma si dice sezione c. addominale, la seconda sezione c. vaginale; l'ultima è più sicura e più facile, ma la scelta tra l'uno e l'altro metodo si deve stabilire in relazione al decorso delle ultime settimane di gestazione. Il taglio c. addominale si pratica aprendo la cavità addominale; indi si attua l'incisione sulla parete dell'utero, rompendo lateralmente il sacco delle acque e liberando il feto, tirandolo per una gamba; si taglia quindi il cordone ombelicale, dopo averlo legato; poi si distaccano le membrane e la placenta dell'utero e si rimuovono; infine si richiude l'incisione dell'utero e poi quella dell'addome. Nella seconda forma d'intervento, quella vaginale, non si apre l'addome, ma si pratica l'incisione attraverso la parete inferiore dell'utero, dalle sue pareti esterne verso l'alto. Il taglio c. è indicato nei parti difficili per strettezza o deformità delle ossa pelviche, per tumori che ostruiscono la cavità pelvica, per eccessiva rigidità delle pareti molle della gestante (il che si verifica di preferenza quando questa ha una certa età) o anche perché il feto è troppo grosso. È necessario anche durante un parto normale, qualora si verifichi un'improvvisa emorragia dell'utero, per essersi la placenta staccata prima che il feto venisse alla luce e, infine, in alcuni casi di eclampsia. In quest'ultimo caso, però, l'operazione non sempre riesce. Il taglio c. è controindicato, quando vi sia anche il solo sospetto di infezione batterica. Parimenti l'operazione non si dovrà praticare quando il feto sia già morto: lo si potrà liberare con altro metodo. Non si dovrà praticare infine, il taglio c. quando vi sia il pericolo che, per salvare la vita del feto, l'operazione metta a repentaglio quella della madre. Il taglio c. può comportare complicazioni infettive, se praticato quando il travaglio è già cominciato e la cavità uterina aperta. In tali condizioni si interviene per porre fine ad un lungo travaglio, durante il quale sia stato applicato il forcipe o si siano compiute parecchie esplorazioni vaginali l'infezione potrebbe infatti ostacolare il rimarginarsi del taglio dell'utero, derivandone peritonite, a causa dei germi introdottisi nella cavità addominale. Quando sia indispensabile praticare il taglio c. in una gestante in cui sia presente un'infezione da microrganismi patogeni, è necessario asportare l'utero immediatamente dopo la liberazione del feto. Questo tipo di taglio c. dicesi taglio demolitore in contrapposto a quello comune che dicesi conservatore.