Formula politica di coalizione fra cattolici e socialisti
(Democrazia Cristiana, Partito Socialista Italiano, Partito Socialista
Democratico Italiano, Partito Repubblicano Italiano) realizzata per la prima
volta nel dicembre 1963 col governo Moro (preceduto un anno prima da un governo
Fanfani con l'appoggio esterno dei socialisti). I movimenti che portarono alla
coalizione furono da un lato la crisi dell'equilibrio centrista, incarnato per
lo più nel classico "quadrilatero" (DC, PSDI, PLI, PRI), che aveva retto
l'Italia della "Ricostruzione" (1948-1960), rivelandosi in seguito inadeguato
per affrontare i problemi dell'ulteriore sviluppo del paese; dall'altro la nuova
politica del PSI che, sciolto il patto di unità di azione coi comunisti,
si disponeva ad abbandonare l'opposizione per collaborare con la Democrazia
Cristiana, nel quadro di un vasto disegno di riforme strutturali e di
programmazione economica. Gli intenti riformatori della coalizione di
c.,
contrassegnati dalla nazionalizzazione dell'energia elettrica (1963),
incontrarono forti resistenze da parte dei potentati economici e politici. Essi
si scontrarono inoltre con una logica di governo che non tardò a
coinvolgere, nella tradizionale gestione del potere, la classe di governo
socialista, emarginando nel partito quelle frange di sinistra che nutrivano un
sostanziale interesse al mutamento della società. L'ala più
avanzata della coalizione di
c. subì la sua principale e
più pesante sconfitta sul piano delle riforme istituzionali, in
conseguenza anche di una impostazione ideologica che induceva i riformatori a
sottovalutare l'importanza dell'apparato statale, punto di forza della DC, in
quanto partito di regime. Secondo questa impostazione ideologica, i riformatori
di orientamento marxista erano convinti di dover operare essenzialmente sul
terreno socio-economico, con una serie di riforme di struttura che avrebbero
dovuto comportare un automatico mutamento istituzionale, per il naturale
adeguamento delle "sovrastrutture" ai mutamenti di "struttura". Attraversata da
una profonda crisi di identità già nel suo primo periodo, la
politica di
c. si assestò su basi diverse nella seconda
metà degli anni Sessanta, subendo la sua prima interruzione nel luglio
1969, in conseguenza della scissione dell'ala destra del PSI, ricostituitasi in
PSDI. Ripresa nel febbraio 1970, con la formazione di un governo quadripartito
presieduto da M. Rumor, sostituito nell'agosto successivo da un nuovo
c.
"organico", presieduto da E. Colombo, l'esperienza politica di
c. si
concluse ufficialmente dopo le elezioni politiche anticipate del maggio 1972,
seguite dalla formazione di un governo di centro-destra (DC-PSDI-PLI),
presieduto da G. Andreotti. Molto diverse dalla impostazione originaria del
c. sono state le formule politiche succedutesi negli anni seguenti e
culminate nella politica di "unità nazionale", capeggiata da G. Andreotti
e basata sul sostegno di tutti i partiti dell'arco costituzionale, compreso il
PCI. Esauritesi le spinte propulsive al rinnovamento, favorite da un vasto
movimento di base, culminato nella vittoria dello schieramento laico, nel
referendum antidivorzista del 1974, e nelle elezioni politiche e amministrative
del 1975 e 1976, si ebbe un ripiegamento del governo su formule neocentriste
pentapartitiche (DC-PLI-PRI-PSDI-PSI). A differenza delle coalizioni "centriste"
degli anni Cinquanta (V. CENTRISMO), egemonizzate
dalla DC, la formula pentapartitica ha comportato un rafforzamento dello
schieramento laico, provocando inoltre all'inizio degli anni Ottanta la rottura
di una consuetudine che aveva comportato l'ininterrotta formazione di governi
presieduti da rappresentanti della DC, dal 1945 sino alla costituzione, nel
1981, del Governo presieduto dal repubblicano G. Spadolini, sostituito nel 1983
dal socialista B. Craxi. In seguito il termine è andato ad indicare
quella coalizione che, negli anni Novanta, sotto il nome di Ulivo
(V.), ha raccolto adesioni da parte del mondo
politico moderato e progressista.