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Cecenia.

Repubblica (15.000 kmq; 1.100.300 ab.) della Russia, estesa nella Russia sud-occidentale. Capoluogo: Grozny (210.720 ab.). • Geogr. - Compresa nel territorio caucasico, la C. è una regione prevalentemente montuosa, situata tra il Mar Nero a Ovest e il Mar Caspio a Est. • Econ. - Accanto alla tradizionale attività della pastorizia, nell'ultimo ventennio sono sorte industrie chimiche e meccaniche legate alla scoperta di ricchi giacimenti di petrolio. • St. - La C., e tutto il Caucaso di cui fa parte, ha sempre rappresentato la porta di accesso verso le grandi risorse petrolifere del Medio Oriente; la sua collocazione geografica l'ha quindi resa una terra di scontro fin dal XIX sec. Il primo contrasto tra Russi e Ceceni risale al 1722, ai tempi di Pietro il Grande, quando iniziò la politica espansionistica russa verso il Caucaso. Dalla metà del XIX sec. la C. fu protagonista di molte rivolte soffocate nel sangue (1859, 1862-65, 1877-78); migliaia di Ceceni vennero deportati, mentre dal 1901 ebbe inizio una consistente emigrazione volontaria. Con la prima guerra mondiale e la Rivoluzione d'Ottobre tutto il Caucaso cercò di rendersi più autonomo dal dominio russo. Nel 1917 fu proclamata la Confederazione dei Popoli del Caucaso del Nord, che nel maggio 1918 portò alla dichiarazione di indipendenza, cui pose fine la vittoriosa avanzata delle truppe sovietiche nel 1921. La C. fece parte della Repubblica Ceceno-Inguscezia, nell'ambito dell'Unione Sovietica, dal 1936 al 1991. Nel 1990 si riunì a Grozny una conferenza nazionale che dichiarò l'indipendenza (27 novembre) e la sovranità della C. e la sua separazione dall'ex Unione Sovietica e nominò presidente Djokhar Dudaev, ex generale dell'Armata Rossa. Nel 1992 la regione si staccò dall'Inguscezia. In seguito al rifiuto, opposto dal presidente Dudaev, di firmare il nuovo trattato federale con la Russia, nel dicembre 1994 la C. fu invasa dalle truppe russe. L'occupazione del territorio fu compiuta al prezzo di sanguinosi scontri; l'esercito russo, tuttavia, non riuscì a piegare le resistenze dei guerriglieri ceceni. Nel gennaio 1996 il filo-russo Doky Zavgayev, ex presidente del Soviet della C.-Inguscezia, fu eletto capo della Repubblica cecena, ma il capo dei separatisti ceceni Dudaev dichiarò invalido il risultato. Nel mese di aprile Dudaev fu ucciso nel corso di un bombardamento; il suo posto fu preso da Zelimkhan Yandarbiev. Alla fine del 1996 le truppe russe si ritirarono dal territorio ceceno e il 27 gennaio 1997 si tennero le elezioni presidenziali, che decretarono la vittoria di Aslan Maskhadov, ex capo di Stato Maggiore dell'esercito ceceno, che in giugno firmò con il presidente russo Boris Eltsin un accordo di pace. Intanto all'interno della realtà cecena si approfondivano le divergenze presenti tra moderati disponibili al dialogo con Mosca ed estremisti integralisti, sostenitori dell'introduzione della Sharia e del definitivo allontanamento dalla Russia: approfittando di una nuova e più virulenta insorgenza del fondamentalismo islamico nella regione del Caucaso, il primo ministro russo Vladimir Putin sferzò nel settembre 1999 un'imponente offensiva contro le truppe del guerrigliero ceceno Shamil Basaev che, sconfinate nel Daghestan, vi avevano proclamato uno Stato islamico indipendente. Ben presto la battaglia oltrepassò i confini ceceni, rompendo di fatto il trattato di pace e devastando, anche nel corso del 2000, il Paese (Grozny fu quasi rasa al suolo): diretta conseguenza degli scontri furono le migliaia di vittime tra la popolazione civile e la partenza di centinaia di migliaia di profughi. Numerosi anche gli episodi di rapimento (tra cui quello del generale Gennadiy Shpigun, inviato di Mosca, il cui corpo venne ritrovato nel marzo 2000). Nel 2000 Putin dichiarò che la regione sarebbe stata da quel momento governata esclusivamente da Mosca e il 20 giugno nominò capo dell'amministrazione provvisoria della Repubblica cecena Akhmad Kadyrov. Nel gennaio 2001 il premier russo incaricò formalmente delle operazioni di controllo sul posto i Servizi di sicurezza federali (FSB), specializzati nella repressione di insorgenze armate. Subito si levarono voci di preoccupazione da parte delle organizzazioni umanitarie internazionali, che si fecero ancora più insistenti dopo il ritrovamento di fosse comuni con corpi che presentavano mutilazioni. Nel novembre 2001 rappresentanti ceceni e russi sedettero a un tavolo per cercare di trovare soluzioni possibili: tuttavia i negoziati non portarono a risultati rilevanti. Nel luglio 2002 l'ONU, presente nella regione con missioni di aiuto e assistenza, si ritirò dopo il rapimento e l'uccisione di un suo membro di nazionalità russa. Alla fine di ottobre la situazione precipitò bruscamente dopo l'assalto da parte di un gruppo di ribelli ceceni di un teatro di Mosca e la presa in ostaggio di oltre 800 persone (ne morirono circa 120). Gli attentati continuarono anche nei mesi successivi: in dicembre un attacco suicida al quartier generale di Grozny del Governo ceceno filo-russo provocò la morte di oltre 80 persone. Nel maggio 2003 un altro attacco suicida nel Nord del Paese causò la morte di oltre 50 persone; due giorni più tardi il capo dell'amministrazione filo-russa Kadyrov uscì miracolosamente illeso da un altro attacco suicida che costò la vita a 12 persone. Intanto, in marzo, un referendum fortemente contestato da buona parte dell'opinione pubblica internazionale, contraria a una consultazione referendaria nella situazione attuale del Paese, approvò la proposta di una radicale modifica della Costituzione, che prevedeva che la C. sarebbe stata considerata come facente parte della Russia. Le elezioni presidenziali indette il 5 ottobre, caratterizzate da frodi e brogli, confermarono il presidente uscente, il filo-russo Kadyrov, eletto con l'81% dei voti. Di fronte al rifiuto del Cremlino di aprire un negoziato con il leader dei ribelli ed ex presidente Maskhadov, in dicembre i guerriglieri ceceni esportarono la guerra fuori dal loro Paese, sferrando due attacchi in Russia: il 5 dicembre fecero esplodere una bomba su un treno nella Russia meridionale, che provocò 46 morti e oltre 100 feriti, e il 9 dicembre una donna kamikaze si fece esplodere a Mosca, nei pressi della Duma, causando sei morti. Nel maggio 2004 l'ennesimo episodio di violenza scosse la C.: nel corso delle celebrazioni per la vittoria contro il Nazismo nella seconda guerra mondiale, tenutesi allo stadio di Grozny, l'esplosione di una bomba provocò la morte di decine di persone, tra cui il presidente Kadyrov, il ministro delle Finanze Eli Issayev e il presidente del Consiglio di Stato ceceno Khussain Issayev. All'indomani dell'attentato, Sergey Abramov assunse provvisoriamente le funzioni di capo dello Stato, in attesa delle elezioni presidenziali anticipate al 29 agosto. Caratterizzate da gravi irregolarità e brogli, le consultazioni decretarono la nomina a premier di Alu Alkhanov, ex ministro degli Interni del Governo ceceno e candidato sostenuto dalla Russia. Il 1° settembre un commando di terroristi prevalentemente ceceni sferrò un brutale attacco alla scuola di Beslan, nella Repubblica russa dell'Ossezia del Nord, sequestrando 1.200 persone, soprattutto bambini. Dopo due giorni di assedio e il conseguente intervento delle forze speciali russe, il sequestro si concluse con il massacro di quasi 400 persone, a cui si aggiunsero centinaia di feriti e di dispersi. La guerra russo-cecena tenne banco ancora nel 2005 e nel 2006: due apparenti successi per Mosca furono l'uccisione di Maskhadov (marzo 2005) e del ricercatissimo Basaev (luglio 2006).
L’assalto dei terroristi ceceni alla scuola elementare di Beslan, in Cecenia