Istituzione della vita politica del tardo Medioevo,
intimamente legata al feudalesimo e caratterizzata da uno spirito
corporativistico che, in quell'epoca, legava un individuo all'altro nel vincolo
della stessa condizione sociale. Il cavaliere medioevale è prima di tutto
un
miles: la milizia costituisce l'essenza della sua vita e la cerimonia
che ad essa l'ha aggregato con i momenti diversi del rito (colpo di piatto della
spada o della mano dell'investitore sulla spalla del candidato, benedizione
della spada, vestizione delle armi) gliene ricorderà sia la natura sia i
diritti e doveri. Il cavaliere oltre che
miles è anche vassallo,
legato a un signore che gli fornisce i mezzi di sussistenza e tutto il
necessario per armarsi in cambio della
fidelitas, che lo lega a lui e ne
fa un suo uomo. In questa rigida struttura sociale non vi è posto per il
"cavaliere errante" che agisce al di fuori e contro il contesto sociale del suo
tempo, e che vive solo nei testi delle
chansons de geste e dei
romans in lingua d'oc e d'oil. Ma d'altronde la stessa
Chanson de
Roland (XI sec.), con il suo insistente richiamo alla
fidelitas del
vassallo al suo signore, assume un atteggiamento polemico contro il cavaliere
che ha dimenticato tale fedeltà allontanandosi dal suo ideale. La
c. è stata sempre legata alla vita feudale e non è mai
stata autonoma, anche se non sono mancati casi di singoli cavalieri o di gruppi
che hanno agito in proprio. A conferma consideriamo l'esempio della Francia,
terra classica del feudalesimo, dove la
c. si muove nell'ambito della
corte feudale: il giovane che intende diventare cavaliere è addestrato
con esercizi quotidiani dalla corte signorile e passa per i vari stadi
dell'addestramento, fino alla piena maturità professionale. Una volta
fatto cavaliere avrà diritto a creare altri cavalieri, purché
forniti di necessari requisiti (nobiltà di tradizione e valentia nel
mestiere delle armii). A questa
c. manca però ogni prerogativa
sovrana, un capo o un complesso organizzativo e amministrativo, per cui non
è possibile figurarla come un'istituzione e ha un'assistenza giuridica
solo in quanto legata ad altri istituti. Le cerimonie della vestizione, pur
nella loro solennità, vivono e acquistano valore solo se significano il
punto d'arrivo di un serio addestramento professionale. Così spogliata
dei miti del cavaliere errante "senza macchia e senza paura" la
personalità del cavaliere medioevale perde alquanto del suo alone
romantico, ma acquista in realtà perché è radicata nella
struttura della sua società. Accanto ad una
c. di corte troviamo
una
c. comunale. Era diritto dei Comuni infatti (e lo testimonia la
Costituitio di Federico II) l'
exercitium o il diritto di
heribanno, e quindi la facoltà di creare una propria
c.,
all'inizio come corpo militare, e poi come "dignità". E anche in questo
caso è l'ordinamento feudale a spiegarcene l'origine. Corrado II aveva
reso ereditari i feudi dei valvassori e dei valvassini, signori irrequieti che
non perdevano occasione di opporsi ai grandi feudatari e che, per avere maggiore
libertà di azione, si erano raccolti nei Comuni fondandone il primo
nucleo militare. In Italia lo sminuzzamento del feudo, iniziato a metà
del sec. XI, è già un fatto compiuto alla fine del secolo seguente
per la mancanza del diritto di primogenitura ed è un fatto abbastanza
comune trovare valvassori e valvassini al servizio dei Comuni; ben diversa la
situazione in Francia, dove l'esistenza e l'applicazione rigida di tale diritto
tiene i cadetti vicino al fratello titolare del feudo come funzionari e
amministratori; in Germania la
c. è solo una suddivisione
dell'esercito: il cavaliere è un soldato equipaggiato dal suo signore e
può essere inizialmente anche solo un servo; in Spagna invece la
c. si sviluppa come gruppo autonomo; l'ostilità continua con i
Mori portò anche alla creazione di gruppi staccati dal potere centrale
periferico, pronti a ogni colpo di mano; lo testimonia l'epopea del Cid
Campeador; uno spiccato spirito individualistico si trova presso i Normanni,
dove sono in molti a evadere dagli stretti schemi dell'organizzazione statale
per cercare avventure lontane, in Gran Bretagna o nell'Italia meridionale; dove
invece la
c. rimane attaccata al tipo francese con la più
ortodossa fedeltà e si canonizza in disciplinato coordinamento di forze
è negli ordini religiosi cavallereschi (Giovanniti, Templari, Teutonici).
Svincolati dal feudo eppure organizzati secondo le più rigide istituzioni
feudali (gerarchia feudale, amministrazione cluniacense, elettorato sul tipo
benedettino), questi Ordini rappresentano forse, nel nascere e nel loro fiorire,
ancor lontani dalle ombre del tramonto, l'ideale della
c. ║
Arma
di c.: antichissimo è l'impiego del cavallo nella guerra: popoli di
grandi capacità belliche ebbero infatti in grande onore l'arma a cavallo.
I Persiani usarono la
c. in modo magistrale, eccellendo soprattutto nei
rapidi spostamenti delle masse montate. Presso i Greci la
c. non ebbe
grande sviluppo perché il terreno della penisola ellenica poco si adatta
alle caratteristiche dell'arma a cavallo; inoltre scarsa era la produzione
equina di poco pregio. Con Alessandro Magno la
c. diventa la principale
arma offensiva e, impiegata a massa, costituisce l'elemento risolutivo
dell'azione. Presso i Romani la
c. presente con un reparto di circa
trecento cavalieri per ogni legione, costituiva una formazione secondaria. Una
rivalutazione della
c. si avrà nell'età imperiale, nelle
continue guerre contro i barbari dotati di scelta e veloce
c.
L'imperatore Gallieno creò grossi corpi di
c. indipendenti dalle
legioni e raggruppabili sotto un unico comando. La grande epoca della
c.
fu il Medioevo. Essendo scarsa e poco efficiente la fanteria, la
c. fu il
nerbo degli eserciti feudali. La battaglia della
c. medioevale era assai
semplice. I cavalieri si schieravano su una sola riga e affrontavano la riga dei
cavalieri avversari al galoppo, prima combattendo con la lancia e poi con la
spada. La battaglia si scomponeva così in tanti combattimenti individuali
nei quali unico fattore di vittoria era l'abilità personale. Quando
comparvero sul campo di battaglia le prime armi da fuoco (circa alla metà
del XVI sec.), la
c. si trovò a dover combattere contro una
fanteria bene armata ed equipaggiata e fu costretta quindi a cercare maggiore
protezione. Il cavaliere caricò se stesso e il cavallo di armature di
ferro ma la
c. perse così quella che era la sua caratteristica: la
mobilità. Nel XVII sec., cominciando dalla Germania, la
c.
abbandonò del tutto la lancia e le armi difensive per adottare anch'essa
le armi da fuoco. La tendenza a ridare alla
c. le sue classiche
qualità di mobilità e di urto, manifestatasi con Gustavo Adolfo di
Svezia, si attuò pienamente con Federico II di Prussia e con Napoleone I
che ebbe grande fiducia nell'impiego della
c., utilizzandola sempre come
potente mezzo di manovra, atto allo sfruttamento del successo e alla soluzione
di situazioni critiche. Ad Austerlitz la
c. francese sconfigge quella
nemica; a Jena travolge i Sassoni; a Eylau carica e disperde la fanteria russa.
Il periodo napoleonico ridiede alla
c. la fama cruenta di arma della
decisione ma le guerre del XIX sec. non tennero più conto di tale
lezione. Solo nella guerra di Secessione americana si ebbe un impiego di tipo
napoleonico: cariche di 10-12.000 cavalieri, incursioni a largo raggio a scopo
ricognitivo o per la distruzione di magazzini nelle retrovie nemiche.
L'eredità americana fu raccolta in parte dall'esercito prussiano che la
applicò durante la guerra contro la Francia nel 1870-71, con gli
adattamenti imposti dalle diverse proporzioni geografiche e dal diverso terreno.
Nel periodo successivo alla guerra franco-prussiana le
c. dei principali
eserciti rielaborarono la dottrina di impiego dell'arma. La
c. fu
addestrata anche al combattimento a piedi, in cooperazione con unità di
mitragliatrici e di artiglieria. La prima guerra mondiale confermò che
l'impiego dell'arma a cavallo nelle forme tradizionali non era più
possibile e successivamente si accentuò presso tutti gli eserciti il
processo tendente a sostituire la
c. montata con truppe motorizzate e
corazzate. La seconda guerra mondiale vide la scomparsa della
c. montata
come arma combattente, a eccezione di alcuni episodi, come la carica della
c. polacca contro i carri armati tedeschi nel 1939 e la carica della
c. italiana in Russia. Tutti i reparti di
c. degli eserciti in
lotta furono trasformati in reparti corazzati dando così vita alla
c.
blindata. Solo l'Unione Sovietica mantenne intere divisioni di
c.
║
C. blindata: comprende unità di autoblindo, motociclisti,
carri armati medio-leggeri, cannoni anticarro, elicotteri, pionieri,
trasmissioni, ecc. I compiti della
c. blindata possono essere
esplorativi, per determinare lo schieramento e la consistenza delle forze
nemiche;
di sicurezza, sia come reparti di sicurezza, sia come reparti di
avanguardia;
offensivi, mediante puntate offensive, collegamenti tattici,
interventi in combattimento come unità di manovra, azioni
antiparacadutisti, antiaviosbarco, antiguerriglia; e
difensivi, come la
protezione di reparti operanti, manovre ritardatrici, ecc. Per quanto riguarda
la
c. italiana essa trasse origine dalla
c. dell'esercito sardo,
riordinata dal ministro della Guerra, Alfonso Lamarmora, dopo la campagna del
1848-1849, su nove reggimenti, quattro di linea e cinque leggeri. Dopo la
proclamazione del regno d'Italia, i reggimenti di
c. salirono a
diciannove, così ripartiti: quattro di linea, sette di lancieri, otto di
cavalleggeri. Nel 1871 i reggimenti perdono le denominazioni "di linea",
"lancieri", "cavalleggeri"; a essi viene dato un numero progressivo e l'arma
viene ordinata su sei comandi di brigata e venti reggimenti. Allo scoppio della
prima guerra mondiale i reggimenti di
c. erano trenta, ordinati in
quattro divisioni. Queste divisioni, nel 1916, furono appiedate e impiegate come
fanteria. Successivamente vari reggimenti furono rimessi a cavallo. Durante la
battaglia di Vittorio Veneto la
c. eseguì un brillante e vigoroso
inseguimento delle truppe nemiche in ritirata, spesso combattendo e caricando.
Nel 1919 l'arma di
c. venne ridotta a sedici reggimenti, l'anno dopo a
dodici. Negli anni Trenta vari reggimenti di
c. contribuirono a
costituire, con reparti di bersaglieri e artiglieria, le unità celeri. Si
iniziava anche in quegli anni il processo di motorizzazione della
c. Alla
seconda guerra mondiale la
c. partecipò con le sue varie
specialità. I reggimenti "Lancieri di Aosta", "Lancieri di Milano" e
"Cavalleggeri Guide", inquadrati nel "Raggruppamento Celere del Litorale",
presero parte alla campagna greco-albanese, mentre il XX e il XXI gruppo Carri
Veloci vennero assegnati alle truppe operanti in Libia; altri reggimenti di
c. parteciparono alle operazioni in Jugoslavia. Si accelerava frattanto
la motorizzazione dell'arma. A Pinerolo, presso la scuola di
c., venne
allestito nel 1941 un Centro di Addestramento Autoblindo, mentre presso i
depositi dei rispettivi reggimenti vennero costituiti i gruppi squadroni
corazzati "Nizza", "Lancieri di Novara", "Cavalleggeri del Monferrato" e
"Cavalleggeri guide", inviati in Africa settentrionale. Reggimenti di
c.
furono inviati anche sul fronte russo dove, nel 1942, il reggimento "Savoia
Cavalleria" esegui a Isbuscenskij l'ultima carica della storia della
c.
Dopo l'armistizio (8 settembre 1943), in Grecia i reggimenti "Lancieri di
Aosta", "Cavalleggeri di Monferrato", "Cavalleggeri Guide" presero attiva parte
alla guerra partigiana, mentre ufficiali, sottufficiali e soldati di
c.
combatterono nel Corpo Volontari della Libertà contro i nazifascisti. La
c. italiana risorse nel 1946 con la denominazione di
c. blindata
che ha conservato fino al 1958, quando è ritornata a chiamarsi
semplicemente
c.