(dal latino
castus: casto). Termine di origine
portoghese che significa propriamente razza, razza pura. Viene usato per
indicare un gruppo sociale chiuso e, nella sua accezione generale, non è
facilmente distinguibile da
tribù. L'antropologo sociale Inglese
F. G. Bailey, che si è largamente occupato del sistema di
c.,
sostiene che i termini
c. e tribù non descrivono modelli di
società completamente diversi, bensì modi di organizzazione
sociale. Max Weber definisce la
c. come la forma normale nella quale
usano vivere "associate" tra loro certe comunità etniche che credono in
una parentela di sangue ed escludono il connubio e i rapporti sociali con
l'esterno. In tal senso l'esempio più indicativo è quello delle
comunità ebraiche. Più propriamente il sistema di
c.
caratterizza quelle società in cui a ognuno, sin dal momento della
nascita, viene assegnata una determinata posizione nella società,
conseguente a quella già occupata dalla sua famiglia, e che egli
occuperà per tutta la vita, indipendentemente dal suo valore personale.
La
c. si distingue perciò dalla "classe sociale", in quanto
quest'ultima non è pregiudizialmente chiusa ai membri di altre classi. In
genere si parla di
c. limitatamente al sistema che fu proprio della
società indiana, ossia al sistema castale indù che è il
più elaborato sistema di stratificazione sociale che si conosca.
L'induismo si fonda sull'ideale della "purezza", per cui chi vive cercando di
evitare la "contaminazione" deve godere di uno
status superiore rispetto
a chi non se ne cura, di qui la distinzione tra
c. superiori e
c.
inferiori. Poiché certe sostanze sono considerate impure, chi le tocca
per esigenze di lavoro appartiene alla
c. inferiore. Ogni
c. viene
definita dal tipo di occupazione dei suoi membri, per quanto poi, entro ciascuna
di esse, solo una minoranza di individui si dedichi all'occupazione che
qualifica l'intera
c.. Questo in quanto l'appartenenza a una determinata
c. è ereditaria e non è possibile contrarre matrimonio al
di fuori di essa. Questa tipica istituzione indù risale al periodo
vedico, successivo all'invasione degli Arii (indoeuropei) che si imposero
come stirpe dominante (XVIII-XVI sec. a.C.) e che intendevano in tal modo
salvaguardare la purezza della stirpe, evitando la mescolanza con gli indigeni
di pelle scura (
dràvide), localizzati nelle regioni meridionali,
che divennero pertanto i
pària (intoccabili). Nell'induismo il
dogma teologico prescrive quattro
c. sociali:
Bramini
(sacerdoti-maestri);
Kashatrias (guerrieri);
Viashyas
(mercanti-artigiani);
Shudras (servitori). Al fondo della scala sociale
gli "intoccabili", i
pària, il cui contatto, e persino la cui
ombra, vengono considerati contaminanti. Al di là di questa grande
suddivisione esistono innumerevoli suddivisioni all'interno delle singole
c. ordinate per vari gradi nelle diverse località, che hanno dato
vita a un numero imprecisato di sotto
c., che dividono la popolazione a
seconda delle varie attività specializzate (barbieri, lavandai, pastori,
ecc.), anche se in pratica ben pochi si dedicano effettivamente
all'attività da cui la
c. di appartenenza prende il nome. In ogni
modo la gerarchia castale è molto rigida e gli appartenenti a una
c. o sotto
c. più elevata dimostrano la loro
superiorità rifiutando di accettare il cibo dai membri delle
c.
più basse. Nelle piccole comunità, la
c. dominante possiede
la terra e gli altri lavorano alle sue dipendenze, ricevendo una parte dei
prodotti.