(dal latino
carbo). Risultato della decomposizione di
sostanze organiche. Tale decomposizione, che può essere di natura
artificiale oppure prodotta naturalmente, dà origine a un prodotto
composto prevalentemente da carbonio non combinato. Si distinguono, di seguito,
i tipi principali di
c. I
c. naturali sono il prodotto di tutta
una serie di trasformazioni e di reazioni avvenute su sostanze vegetali, rimaste
per diverse ere geologiche prive di contatto con l'aria. Tali sostanze vegetali
sono costituite dalla
lignina, dalla
cellulosa e dalle
resine. I primi due elementi sono composti da carbonio, idrogeno e
ossigeno. Le resine contengono azoto e zolfo. Durante le differenti ere
geologiche, i
c. naturali sono passati attraverso varie fasi di
trasformazione. Essi si presentano come torba nell'era quaternaria, come
lignite nel terziario, come lignite e
litantrace nel secondario, e
come
antracite nell'era primaria, detta anche, per questo motivo, era
carbonica. Le piante che hanno contribuito a questi processi sono state: le
crittogame vascolari per quanto riguarda il litantrace e l'antracite, le
conifere e le palme per la lignite, le giuncacee e le graminacee per la torba.
Quanto alla stratificazione, notiamo che la torba si presenta in un unico
strato, la lignite in pochi strati, mentre il litantrace e l'antracite in un
gran numero di strati, alternati tra utili e sterili. Ciò è
avvenuto a causa degli affondamenti periodici di grandi foreste, cui sono
seguite le sedimentazioni di materiale carbonifero. A dar luogo alla
trasformazione del legno in combustibile è stata essenzialmente l'azione
di forti pressioni, combinata con alte temperature e con la presenza di
particolari microrganismi. Infatti, sotto l'azione dei batteri anaerobici,
dapprima è stata distrutta la cellulosa del legno, con conseguente
trasformazione della lignina in acido umico. Tale acido è stato, in
seguito, neutralizzato con un'azione che ha visto la forte presenza di anidride
carbonica, idrogeno e metano. Il primo stadio di questo processo di
trasformazione, la
torba, presenta ancora la struttura vegetale del
legno. In base alla sua origine è possibile distinguerla in
palustre,
marina,
di brughiera o
di foresta. Alla
sua formazione è indispensabile la presenza di acqua stagnante e di un
clima fortemente umido. Non ha grande valore come combustibile, a causa della
forte presenza di acqua e del suo scarso o quasi nullo potere calorifico; per
questo motivo è necessario, prima di poterla usare, sottoporla a un
processo di essiccazione. Nei lavori di metallurgia non viene usata per la
presenza di fosfato di calcio; la sua utilizzazione, possibile solitamente solo
nel luogo di estrazione, è sempre collegata con i gassogeni e la
produzione di
c. attivo. È talora possibile distillarla e
utilizzarla sotto forma di
coke. Per quanto riguarda la
lignite,
notiamo innanzi tutto come essa sia distinguibile dal litantrace solamente
attraverso procedimenti di carattere chimico. Tra i numerosi tipi di lignite i
principali sono: la
torbosa, simile alla torba, con un contenuto di
ceneri del 25-30% e con un'umidità di circa il 50% (il suo potere
calorifico si aggira sui 4.500 cal/kg); le
xiloidi con un evidente
aspetto legnoso, brune e fibrose, in ceneri contengono circa il 20-30% e in
umidità il 50% circa (il loro potere calorifico è di 5.500
cal/kg); le
picee, che rappresentano il tipo più pregiato,
contengono il 10-20% in ceneri, il 10-12% in umidità e hanno un potere
calorifico di circa 7.000 cal/kg. Le ligniti, immediatamente dopo l'estrazione,
vengono sottoposte a un procedimento di essiccazione che le porta a un contenuto
di umidità di circa il 15%. La lignite ha buone qualità come
combustibile ma, a causa dell'elevato tenore in ceneri e sostanze volatili,
richiede l'uso di focolari appositamente attrezzati. Può anche venire
gassificata e distillata; in quest'ultimo caso, se ne ottengono catrame e coke.
Il
litantrace e l'
antracite rappresentano gli ultimi stadi della
trasformazione delle sostanze vegetali. La loro classificazione corrisponde ai
loro rispettivi modi di impiego. Distinguiamo quindi:
c. secchi a lunga
fiamma, duri, a frattura conoide e utilizzati nelle industrie del vetro e
della ceramica;
c. grassi a lunga fiamma, a frattura lamellare e usati
principalmente per produrre gas;
c. grassi propriamente detti a frattura
lamellare e fiamma azzurra, quasi priva di fuliggine (vengono impiegati nelle
caldaie di impianti mobili);
c. magri antracitosi, che hanno la
caratteristica di non produrre fumo durante la combustione, e che vengono usati
nelle industrie chimiche e anche nelle caldaie.
Antraciti: la loro
caratteristica è di bruciare senza fiamma e senza fumo; vengono quindi
usate dove questa loro proprietà risulti indispensabile. Diamo qui di
seguito la loro classificazione principale:
c. di miscela o
di
miniera, che viene formato dal prodotto grezzo dell'estrazione, in pezzi
grossi e piccoli nei quali non avviene separazione delle polveri;
c.
crivellati, che sono di tipo grosso, medio e minuto a seconda delle
dimensioni di lato (al di sotto dei 3 mm di lato abbiamo la
polvere di
c.). Le caratteristiche del
litantrace sono: un peso di 1
m
3 e un tenore in ceneri che varia dal 2 al 20%. Sopra i 500 °C
diventa molle, aumenta di volume, sviluppa una serie di gas e vapori che
lasciano come residuo il coke. Con i prodotti volatili della distillazione si
ottengono catrame e acque ammoniacali. Il
c., se abbandonato per lungo
tempo all'azione degli agenti atmosferici, si deteriora e perde in potere
calorifico; può anche avvenire che si accenda per un processo di
ossidazione sul quale influiscono l'umidità, la presenza di alcune
sostanze come la pirite e la temperatura. Tornando all'antracite, il suo aspetto
è metallico e di color nero. La sua fiamma ha caratteristiche di scarsa
luminosità. Con la sua distillazione si producono grandi quantità
di coke. L'estrazione dei
c. viene effettuata in miniere
a cielo
aperto oppure
in galleria, a seconda del tipo di giacimento. Il
prodotto che se ne ricava è di pezzature estremamente differenti ed
è mescolato con una serie di sostanze, come sabbia e detriti minerali,
che ne diminuiscono il potere calorifico. Si rende, quindi, necessaria una
cernita che viene effettuata mediante setacci oscillanti a più piani e,
in un secondo tempo, mediante un lavaggio eseguito in acqua corrente, in
appositi apparecchi. Per rendere possibile l'utilizzazione del
c. minuto
dei focolai normali, è sorta l'industria degli agglomerati: si effettua
il recupero dei detriti, che vengono successivamente trasformati in mattonelle
compatte e dotate di un elevato potere calorifico; queste mattonelle non si
sgretolano sul focolare. Tra le sostanze che vengono maggiormente usate nel
processo di agglomerazione: la pece di catrame e i residui delle fabbriche di
cellulosa. Per la lignite non sono necessarie sostanze agglomeranti, dal momento
che le sostanze organiche resinose in essa contenute, se sottoposte a una
pressione di circa 300 atmosfere, rammolliscono e cementano le particelle
legnose e carboniose. I
c. naturali, sottoposti all'azione di temperature
estremamente elevate al di fuori del contatto dell'aria, si decompongono in
quattro generi di prodotti:
gas,
liquidi acquosi,
liquidi
oleosi (catrame) e
residuo carbonioso. Con la distillazione si
ottengono l'aumento del tenore in carbonio, l'aumento del potere calorifico e
l'eliminazione del rammollimento raggiunto dai
c., quando vengono
sottoposti al riscaldamento. Il
c. di legna si ottiene mediante la
distillazione secca del legno, a una temperatura di circa 4.000 °C, e viene
largamente adoperato per uso domestico. Il
c. di legna contiene circa il
10% di materiali volatili e la sua umidità raggiunge l'8%. Ha un potere
calorifico di 7.500-8.000 cal/kg. La sua conducibilità termica è
favorita da un'alta temperatura di carbonizzazione, mentre le basse temperature
ne aumentano la durezza e la igroscopicità. I processi di carbonizzazione
si effettuano nelle
carbonaie: cataste di legna ricoperte di terra e di
ramoscelli; esse sono munite di piccoli sfiatatoi alla base, che servono per
l'ingresso dell'aria. Lo sfogo dei fumi avviene attraverso un camino posto al
centro della struttura, il legname viene introdotto e acceso attraverso gli
sfiatatoi inferiori, e le varie aperture vengono chiuse gradatamente, nel corso
del processo di combustione, in modo che questo avvenga con la presenza della
minor quantità d'aria possibile. Si raggiungono temperature di circa
500-600 °C, con una resa di
c. del 20% circa. Le carbonaie vengono
solitamente costruite ai margini delle foreste e adoperate quasi esclusivamente
nel corso della buona stagione. L'uso di queste strutture presuppone,
però, la rinuncia preventiva all'utilizzazione dei materiali volatili. Il
c. coke si ottiene mediante la distillazione del fossile sopra i 900
°C. In origine il coke era solo un sottoprodotto della produzione del gas;
ora, con lo sviluppo dei processi dell'altoforno, è diventato un prodotto
principale. Il numero dei
c. adatti alla produzione di coke non è
elevato dal momento che, per dare buoni risultati, essi devono possedere
determinate caratteristiche: devono avere un grande potere di agglomerazione e
non debbono rigonfiarsi nel corso del processo di cokificazione. Inoltre, il
loro contenuto d'acqua non può superare il 2% circa. Per ottenere il coke
con le migliori caratteristiche, si è soliti usare litantraci di diversa
provenienza, miscele di
c. a corta e lunga fiamma. Le proprietà
del coke così ottenuto dipendono dal tenore in ceneri, dalla temperatura
e dalla durata della distillazione. Per essere adatto all'industria
metallurgica, il coke deve possedere una notevole resistenza meccanica e una
consistente porosità. Deve, inoltre, presentarsi in grossi pezzi compatti
e privi di polvere. Altri
c. artificiali hanno un impiego limitato e non
vengono quasi mai usati come combustibili. Mediante la distillazione della pece
di catrame e dei residui della distillazione del petrolio si ottengono il
coke di pece e il
coke di petrolio. Si tratta di
c. quasi
totalmente privi di ceneri e, per questo motivo, estremamente puri.