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Canzone.

(dal latino cantio). Antica forma della lirica italiana, derivata dal provenzale e che Dante definisce, nel De vulgari eloquentia, la più alta forma di poesia. Da Dante e dal Petrarca trasse la sua forma classica. È composta da una serie di strofe seguite dal congedo, o commiato, ultima strofa più breve, con la quale il poeta incita la c. a volare alla persona cui è dedicata; la strofa è composta di versi di misura varia (generalmente endecasillabi e settenari), ordinati e collegati con sistema vario di rime. La stanza, base fondamentale della c., è divisa in due periodi: fronte e sirma, anch'essi divisi in periodi minori. Le leggi fissate da Dante furono seguite fin verso la fine del 1600. Esempi stupendi lasciarono anche Collenuccio (la bellissima Canzone alla Morte) e Tasso. Poi, Alessandro Guidi creò la c. libera, con endecasillabi e settenari liberamente disposti, e Leopardi ne consacrò l'uso. • Mus. - Componimento da cantare con accompagnamento di musica, di argomento e carattere popolare, detta anche canzonetta (v.). ║ C. a liuto: nell'antico canto monodico, accompagnamento di alcune parti del soprano con il liuto o il chitarrone. Usata per canzonette e villanelle.