Bot. - Frutice sempreverde della famiglia delle Rubiacee,
detto anche
coffea arabica, originario dell'Abissinia, donde poi si
è diffuso in tutti i Paesi caldi, per il grande consumo che se ne fece in
Europa fin dagli inizi del XVI sec. È un arbusto di varia altezza (da 3 a
10 m) che dà frutti semicilindrici di colore scarlatto, i quali ricordano
vagamente le ciliege e contengono uno o due semi, di consistenza coriacea,
convessi da un lato e dall'altro piatti con un solco longitudinale. Tali semi,
lavati, seccati, scelti e tostati, servono a preparare la nota bevanda. Il
c. non è nutritivo di per sé, ma contiene la caffeina nella
proporzione media dell'1,5%, la quale, combinata con l'acido clorogenico,
esercita un'azione stimolante sul sistema nervoso; durante il processo di
torrefazione si sviluppa anche un olio essenziale, il
caffeone. La detta
proprietà del
c. rende l'organismo più atto alle fatiche,
alla resistenza e più refrattario alle cause nocive di depressione. Il
c., infine, attiva la circolazione sanguigna, aiuta i muscoli a liberarsi
delle scorie, facilita la digestione, è leggermente diuretico e lassativo
e infine stimola l'attività cerebrale, fino a causare insonnia quando si
prenda in quantità rilevanti. Il
c. è utile in forme di
intossicazione acuta, come l'ubriachezza, e in molti avvelenamenti, specie
quelli che agiscono sul sistema nervoso. ║ Per estens. - Locale dove si
vendono ai consumatori,
c. in tazza, tè, liquori e altre bibite.
║
C. espresso: il
c. servito al bar e preparato con apposite
macchine. ║
Macchina da c.: macchina per preparare il
c.
usata specialmente nei locali pubblici e ideata da G. Bezzera nel 1902. In essa
una sorgente di calore (elettricità, gas, ecc.) produce l'evaporazione
dell'acqua contenuta in una caldaia. Il vapore, attraversando la polvere di
c. e poi raffreddandosi, ne genera l'infuso. Alcuni apparecchi domestici,
specialmente elettrici, seguono lo stesso principio e differiscono pertanto
dalla comune
caffettiera.