EPIDEMIOLOGIA
I tumori del colon e del retto sono tra le più importanti e frequenti localizzazioni
nei paesi occidentali.
Fra le aree a più alto rischio sono i paesi del Nord America e dell'Europa occidentale e
settentrionale, mentre le aree a basso livello di incidenza si trovano nei paesi
dell'Asia, dell'Africa e dell'America del Sud. Analoga distribuzione si riscontra per i
tassi di mortalità. Sia per l'incidenza sia per la mortalità, l'Italia si colloca tra i
paesi a rischio medio-alto. Le neoplasie colorettali rappresentano nel nostro Paese la
terza causa di morte per tumore negli uomini (dopo quelli del polmone e dello stomaco) e
la seconda fra le donne (dopo la localizzazione mammaria). I tassi di mortalità hanno
subito negli ultimi decenni un continuo aumento, passando da circa 9 decessi per 100.000
abitanti, agli inizi degli anni 50, a 24 per 100.000 abitanti, alla fine degli anni 70.
Occorre tuttavia rilevare che il nostro Paese non si presenta come un'area omogenea. Un
confronto fra i tassi di mortalità nelle varie regioni consente di accertare che l'Italia
centro-settentrionale è ad alto rischio, mentre l'Italia meridionale ed insulare sono a
frequenza piuttosto bassa. Per quanto attiene al sesso, i tumori del colon sono di poco
più frequenti negli uomini (M/F 1:2) mentre il rapporto M/F è intorno a 2:2 per le
localizzazioni rettali.
L'età ha molta importanza nella frequenza dei tumori sia del colon che del retto, con un
significativo aumento dei tassi nelle fasce di età superiori ai 45 anni. Di estremo
interesse è lo studio della distribuzione topografica delle neoplasie colorettali. Dai
dati di incidenza risulta che, di tutte le neoplasie del grosso intestino, il 45% negli
uomini e il 34% nelle donne sono localizzate nel retto. I dati statistici di questi ultimi
anni danno in aumento la localizzazione del cancro nel distretto cieco-ascendente;
l'incidenza è alta anche nel sigma, nel discendente e nel trasverso e lo è meno nelle
due flessure, l'epatica e la splenica.
La letteratura internazionale mostra una notevole variabilità nella distribuzione sia
topografica, sia per sesso ed età, a seconda delle aree geografiche considerate. Tale
variabilità è strettamente correlata con i livelli di rischio, che variano
considerevolmente da paese a paese.
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Classificazione di Dukes delle neoplasie colo-rettali
[modificata secondo Astler-Coller ('54) e Australian (81)]
Astler e Coller ('54) Australian ('81)
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A B1 B2 C1 C2 A1 A2 A3 B1 B2 C1 C2 D
Mucosa ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦
Muscularis ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦
mucosa ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦
Submucosa ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦
Muscularis ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦
propria ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦
Sierosa ¦ ¦ ¦
o tessuto ¦ ¦ ¦
adiposo ¦ ¦ ¦
perirettale ¦ ¦ ¦
Strutture
adiacenti
Linfonodi ¦ ¦ ¦
prossimali ¦ ¦ ¦
Linfonodi ¦ ¦ ¦
distali ¦ ¦ ¦
Metastasi* ¦
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* Si distingue tra:
D1 = conferma istologica di tumore locale residuo
D2 = evidenza clinica di metastasi a distanza.
Da: Newland R.C., Chapuis, P.H., Pheils, M.T., MacPherson F.G.:
Cancer 1981, 47: 1424-1429.
FATTORI DI RISCHIO GENETICO
Nella epidemiologia del cancro colorettale di notevole importanza è il problema della
familiarità. Alcune stime, infatti, portano ad ipotizzare che le forme legate ad un
quadro ereditario, o comunque ad una situazione di alto rischio familiare, rappresentino
circa il 20%. Conosciamo tutta una serie di sindromi ereditarie, in cui la possibilità di
ammalarsi viene trasmessa secondo precise leggi mendeliane; tali sindromi possono essere
polipoidi e non.
Fra le sindromi non polipoidi, tutte con trasmissione autosomica dominante, vi sono le
seguenti.
- Cancer Family Syndrome. Quadro caratterizzato da un elevato rischio familiare di
sviluppare adenocarcinomi, con frequenza particolarmente elevata di localizzazioni al
colon-retto e all'endometrio.
- Hereditary Site-Specific Colorectal Cancer. Quadro caratterizzato da alta frequenza di
adenomi colorettali, con spiccata tendenza alla precocità di insorgenza ed alla
molteplicità delle localizzazioni.
- Sindrome di Torre (o di Muir). Quadro caratterizzato da cisti sebacee ed adenocarcinoma
del colon, con aumentata frequenza di tumori anche all'intestino tenue, allo stomaco,
all'esofago, all'utero, alla vescica, al laringe e alla vulva.
Fra le sindromi polipoidi ad elevato rischio di insorgenza di cancro colorettale, tutte di
tipo adenomatoso e trasmesse con carattere autosomico dominante, le più importanti sono
le seguenti:
- La Poliposi familiare del colon (adenomatosi del colon e del retto).
- La Sindrome di Gardner (adenomatosi del colon e del retto), associata ad esostosi
scheletriche, anomalie della dentizione, cisti sebacee, lipomi e fibromatosi).
- La Sindrome di Turcot (adenomatosi del colon, associata a tumori del sistema nervoso
centrale).
- La Poliposi multipla del tratto gastrointestinale (adenomatosi dell'intero tratto
gastrointestinale).
Ricordiamo ancora alcune sindromi poliposiche ereditarie, come la Sindrome di
Peutz-Jeghers, nelle quali, peraltro, il rischio di insorgenza del cancro colorettale non
si è dimostrato significativamente superiore a quello della popolazione normale.
Infine è opportuno sottolineare che, anche al di fuori di una ben definita sindrome
ereditaria fra quelle sopracitate, una familiarità positiva per cancro colorettale,
specie nei congiunti di 1º grado, comporta un aumentato rischio di insorgenza della
neoplasia.
PRECANCEROSI E CONDIZIONI CLINICHE ASSOCIATE
Fra le lesioni del colon con un potenziale evolutivo verso il cancro, una posizione di
grande rilievo è occupata dai polipi adenomatosi, che sono di gran lunga le precancerosi
più frequenti. Altra condizione clinica dotata di un notevole potenziale evolutivo è la
rettocolite ulcerosa cronica, con una probabilità di insorgenza del cancro (fino a 20
volte rispetto ai controlli), che è funzione della precocità di insorgenza della
malattia, della sua durata e della sua estensione nei vari segmenti del colon.
Altra lesione considerata precancerosa è il morbo di Crohn a localizzazione colica.
IPOTESI SUI FATTORI DI RISCHIO AMBIENTALE E PROFESSIONALE
Non esistono, alla luce delle attuali conoscenze, indicazioni per considerare il cancro
del colon-retto una localizzazione particolarmente legata a determinate esposizioni
ambientali e professionali.
FATTORI DI RISCHIO ALIMENTARE
Alcuni classici studi su popolazioni emigrate da paesi a basso rischio verso paesi ad
alto rischio per il cancro del colon hanno costituito una pietra miliare nella definizione
di alcune ipotesi causali. È il caso dei Giapponesi, emigrati alle isole Hawaii fra il
1880 e il 1920, e dei Polacchi, emigrati in Australia negli Stati Uniti dopo la seconda
guerra mondiale. In questi gruppi di emigrati e ancor più nei loro discendenti, si è
registrato un incremento dei tassi di incidenza, consensuale a quello delle popolazioni
indigene ad alto rischio.
Ciò che risulta evidente, quando confrontiamo i consumi alimentari in un paese a basso
rischio, quale il Giappone, rispetto a quelli ad alto rischio, come gli Stati Uniti, è il
più elevato consumo, nelle popolazioni del Nord America, di carni e di grassi soprattutto
animali e il più limitato consumo di fibre vegetali.
Questi elementi dietetici sono stati oggetto di valutazione in studi di epidemiologia
geografica, caso-controllo e sperimentali. Le maggiori conferme epidemiologiche riguardano
l'associazione fra alto consumo di grassi animali (soprattutto di colesterolo) e cancro
del grosso intestino. Analogamente, sulla base degli stessi studi si è potuto
evidenziare, sia pure con un minor grado di certezza, una correlazione positiva fra cancro
colorettale e quantità di proteine animali ingerite.
FATTORI PROTETTIVI
È evidente come un'alta incidenza di tumori del grosso intestino sia correlata con uno
scarso consumo di fibre vegetali. Il ruolo protettivo delle fibre può essere spiegato sia
con l'effetto della flora batterica, sia con un possibile effetto di diluizione dei
cancerogeni contenuti nel residuo fecale, sia con l'aumentata velocità del transito
attraverso il colon e conseguente diminuzione del tempo di contatto degli eventuali
cancerogeni, contenuti nelle feci, sulla mucosa intestinale.
Effetti protettivi sembrano avere la vitamina C (inibirebbe i processi che dai nitrati
porterebbero alla formazione della nitrosamine), la vitamina E e la vitamina A.
POSSIBILITÀ DI PREVENZIONE PRIMARIA
Le attuali conoscenze costituiscono, già di per sé, una base sufficiente per
impostare ragionevoli programmi di educazione alimentare.
La riduzione del consumo di grassi, soprattutto quelli di origine animale, è la giusta
risposta ad una tendenza alimentare, che si è andata consolidando negli ultimi decenni.
Tale riduzione, peraltro, avrebbe un indubbio valore preventivo anche rispetto ad altre
forme neoplastiche, come quelle della mammella e dell'endometrio. Senza dire che un
eccessivo consumo di grassi è correlato con alterazioni del metabolismo in genere e con
l'aumento delle malattie ischemiche cardiocircolatorie.
Oggi si è tutti convinti che un aumento del consumo di fibre vegetali è senz'altro
auspicabile, alla luce dei dati epidemiologici a nostra disposizione. Una corretta
informazione alimentare, soprattutto sull'utilità di un consumo regolare di fibre
vegetali cotte e crude, di frutta, di pane e pasta integrali, può ritenersi molto utile
per la prevenzione, sia dei tumori colorettali, sia di noiose turbe funzionali del colon,
come la stitichezza. La limitazione del consumo di carne, soprattutto di manzo, oltreché
per la prevenzione del cancro colorettale, rappresenta pur sempre una raccomandazione
utile per una buona igiene alimentare. Anche se il consumo di carne bovina viene spesso
preferita ad altri alimenti per abitudine consolidata, la gente deve sapere che non
esistono effettive utilità nel suo consumo quotidiano e che la fettina può essere
sostituita vantaggiosamente con il pesce e con le carni bianche (pollami e conigli).
SCREENING
Nel campo dei tumori colorettali un tradizionale filone di ricerca per la diagnosi
precoce e le operazioni di screening è il sanguinamento. In passato sono stati messi a
punto numerosi test, con caratteristiche differenti. Tra essi quello al guaiaco ha avuto
maggiore fortuna, sia per la migliore accuratezza diagnostica, sia per il fatto che ne è
stata approntata una confezione miniaturizzata di cartine assorbite di reagente, tali da
facilitare il prelievo domiciliare da parte del paziente.
Un elemento condizionante la specificità del test è la preparazione con una dieta
corretta. Ogni cibo contenente sostanze ad attività perossidasica può determinare
risultati falsamente positivi; ne scaturisce la necessità che nei giorni immediatamente
precedenti l'esecuzione dei prelievi fecali si evitino le carni rosse, nonché altri
alimenti con attività perossidasica, come le verdure e la frutta secca.
Altro parametro rilevante, agli effetti dell'efficacia del test al guaiaco per lo
screening, è la sua sensibilità; in condizioni ottimali esso può rilevare una
concentrazione di emoglobina inferiore a 0,4 ml/g di massa fecale. I falsi negativi del
guaiaco-test possono dipendere da vari fattori, come peculiari caratteristiche delle
lesioni neoplastiche (scarsa tendenza al sanguinamento), errori dietetici ed errori nel
prelievo e nella esecuzione dell'esame.
Sulla base delle principali indicazioni della letteratura, il test al guaiaco dovrebbe
essere eseguito ogni anno a partire dai 45 anni.
Nei soggetti positivi è necessario far eseguire l'esplorazione rettale, le
rettocolonscopia e/o l'esame radiologico con clisma a doppio contrasto.
SEGNI E SINTOMI DEL CANCRO COLORETTALE
Possibili sintomi del cancro colorettale sono le turbe non occasionali, ostinate,
dell'alvo. Modificazioni dell'alvo in senso diarroico sono spesso presenti nei carcinomi
del colon destro e del trasverso, mentre l'insorgenza e l'accentuazione di una stitichezza
pregressa accompagnano più frequentemente il cancro del colon discendente e del sigma.
Il senso di incompleto svuotamento è caratteristico delle neoplasie del retto; nelle
neoplasie rettali più vicine allo sfintere ed in quelle ampollari in fase più avanzata
si riscontra spesso anche il tenesmo (stimolo frequente alla defecazione).
Uno dei segni più precoci è la presenza di sangue nelle feci, che nelle neoplasie del
colon destro può mentire la melena (eliminazione di sangue digerito), tipica delle
malattie a carico dei segmenti alti del tubo digerente, come lo stomaco e il duodeno.
Nelle neoplasie stenosanti del colon sinistro, del sigma e del retto si può avere,
inoltre, un mutamento di forma delle feci, che da cilindriche diventano nastriformi o
pseudo-diarroiche, a causa delle difficoltà createsi per l'espulsione delle feci. Nelle
neoplasie del colon destro è più frequente l'insorgenza, oltre che di diarrea, anche di
dolore addominale. Trattasi di dolore continuo, al quale fa riscontro, all'esame clinico,
la presenza di una massa palpabile. Nel cancro del colon sinistro, prevalendo la forma
stenosante, è raro il riscontro di una massa palpabile e il dolore non è continuo, ma
intermittente, tanto da confondersi con quello della colite spastica.
Le emorragie sono dapprima occulte, nel senso che non si vedono ad occhio nudo; in queste
condizioni è utilissimo il test al guaiaco, che permette di scoprire tracce anche minime
di sangue. Nelle fasi più avanzate il sangue si vede ad occhio nudo, purché si guardino
le feci. Al contrario del sangue delle emorroidi, che è rosso vivo, si dispone intorno
alle feci e può sporcare il vaso «a spruzzo», il sangue del cancro colorettale è rosso
più o meno scuro, si accompagna a muco e si mescola alle feci. La differenza si spiega
con il fatto che il sangue emorroidario, provenendo dall'ano, viene subito all'esterno,
mantenendo così le sue caratteristiche, mentre il sangue del cancro colo-rettale proviene
da una sede più alta e viene fuori lentamente dall'ulcera neoplastica, avendo così il
tempo sia di modificare le sue peculiarità di colore e di aspetto, sia di mescolarsi con
le feci e il muco.
DIAGNOSI
Alla base di tutto è la visita medica, che deve comprendere anche l'esplorazione
digitale del retto. L'importanza di questa indagine deriva dal fatto che oltre i due terzi
delle neoplasie interessano il tratto retto-sigmoideo e che nella metà circa di questi
casi, quelli a sede più bassa, è possibile palpare direttamente il tumore. La palpazione
dell'addome può far apprezzare la presenza di una massa, specie nei tumori del colon
destro. Tre le indagini strumentali, utili per una diagnosi tempestiva di tumore
colorettale, consideriamo anzitutto l'endoscopia e la radiologia, che sono di gran lunga
le più importanti.
ENDOSCOPIA
Gli accertamenti endoscopici possono essere eseguiti con differenti strumenti e con
diverse finalità diagnostiche; a seconda del segmento colorettale esplorato si parla di
rettosigmoidoscopia, di colonscopia e di pancolonscopia. Tutte si eseguono con strumenti
flessibili a fibre ottiche. La rettocolonscopia e la colonscopia sinistra consentono una
visualizzazione completa ed estesa del retto, del sigma e del colon discendente, fino alla
flessura splenica. La pancolonscopia, che consente l'esplorazione endoscopica fino al
cieco costituisce un'indagine più complessa, per cui la si consiglia dopo l'esecuzione
del clisma a doppio contrasto.
RADIOLOGIA
Lo studio radiologico mediante clisma a doppio contrasto costituisce un elemento
imprescindibile dell'iter diagnostico dei tumori colorettali. L'indagine a pieno
riempimento (clisma opaco) e quella «per os» non sono indicate nella diagnostica di
queste forme neoplastiche. Il clisma a «doppio contrasto» richiede, come la colonscopia,
una adeguata preparazione intestinale.
In sintesi, la diagnostica precoce del cancro colorettale nei pazienti asintomatici a
rischio neoplastico si basa sull'esplorazione rettale e sull'impiego dell'hemoccult test;
la conferma diagnostica, in caso di dubbio o di positività di uno o di entrambi, richiede
l'esecuzione della endoscopia e/o del clisma a doppio contrasto.
Esame digitale per la diagnosi del cancro al colon retto
STADIAZIONE
Per valutare lo stadio raggiunto dal tumore, la sua estensione anatomica, il tipo
istologico e il grado di malignità disponiamo di particolari esami strumentali.
Elenchiamo i più importanti.
L'Ecotomografia transrettale, uno degli ultimi arrivati, permette di rilevare
l'interessamento dei vari strati della parete rettale e l'eventuale sconfinamento della
neoplasia nel tessuto peri-rettale, o l'interessamento di organi contigui (prostata nel
maschio, vagina e collo dell'utero nella femmina). I dati forniti dall'ecotomografia
transrettale possono essere ulteriormente integrati dalla Tomografia computerizzata del
piccolo bacino (T.C. dell'addome inferiore).
Oltre a questi esami, nel cancro rettale è necessario eseguire l'Urografia, che permette
una valutazione morfo-funzionale della vescica e degli ureteri.
Per lo studio in fase preoperatoria dei linfonodi loco-regionali sono state utilizzate una
serie di metodiche. Allo stato attuale, oltre la T.C. la più promettente è la
Linfoscintigrafia rettale, che permette di evidenziare, con una discreta affidabilità,
l'impegno neoplastico dei linfonodi loco-regionali, con risultati superiori rispetto a
quelli offerti dalla linfografia pedidia. La Tomografia computerizzata (T.C.) dell'addome
superiore consente di osservare, oltre al fegato, la milza, il pancreas e i linfonodi
addominali alti.
In genere, è preferibile ricorrere alla Tomografia computerizzata nei casi in cui l'esame
ecotomagrafico o scintigrafico siano risultati dubbi.
Per la ricerca di metastasi polmonari è necessario ricorrere, in primo luogo alla
Radiografia del torace, nei casi con opacità di dubbia interpretazione è utile
completare l'indagine con la stratigrafia. Conclusa questa fase diagnostica è possibile
definire lo stadio della neoplasia. La stadiazione viene poi integrata, sotto il profilo
biologico, dai dati rilevati sui prelievi bioptici, eseguiti a completamento dell'esame
endoscopico.
L'esame istologico definisce, oltre alla natura maligna o benigna della lesione,
l'istotipo della neoplasia; si tratta in genere di adenocarcinoma.
L'esame microscopico fornisce, inoltre, dati molto utili, relativi al grado di
differenziazione cellulare della neoplasia, definito con il termine «Grading».
Attualmente, per l'inquadramento biologico della neoplasia sono allo studio nuove
metodiche di cinetica cellulare, le quali, anziché sotto il profilo morfologico, valutano
le cellule tumorali per quelle che sono le caratteristiche proliferative. Si tratta, in
particolare, dello studio dei TLI (Labeling Index, mediante timidina tritiata) e del
PDP-LI (Primary Dipendent alfa DNA-Polimerase Assay).
Tra gli esami preoperatori di stadiazione deve essere considerato, infine, il dosaggio
plasmatico del CEA (Antigene Carcino-Embrionario), importante sia per il monitoraggio del
paziente in fase pre-operatoria, sia per valutare la radicalità dell'intervento, nella
fase post-operatoria e in tutto il follow-up successivo.
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STADIAZIONE DELLE NEOPLASIE COLO-RETTALI
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1) Valutazione dell'estensione locale della neoplasia
- Endoscopia ed Rx clisma d.c. (per definire la diffusione en-
do-luminale del tumore).
- Ecotomografia transrettale T.C. e/o TRM addome inferiore (per
definire, nei tumori del retto, l'infiltrazione extramurale
della neoplasia).
- Urografia (valutazione dell'eventuale infiltrazione degli u-
reteri o della vescica).
2) Valutazione dell'estensione regionale della neoplasia
- Studio delle catene linfonodali loco-regonali: linfoscin-
tigrafia rettale o linfografia pedidia.
- Studio delle metastasi epatiche: ecotomografia, scintigrafia,
T.C. epatica (eventualmente arteriografia selettiva TCMS).
- Studio delle metastasi polmonari: Rx torace, stratigrafia,
T.C. toracica.
3) Valutazione delle caratteristiche biologiche della neoplasia
- Esame istologico eseguito su prelievi bioptici, con defini-
zione dell'istotipo e del grading cellulare.
- Studio della cinetica cellulare (TLI, PDP-LI).
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¦ Suddivisione in Stadi ¦
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¦ Stadio 0 Tis N0 M0 ¦
¦ Stadio I T1 N0 M0 ¦
¦ T2 N0 M0 ¦
¦ Stadio II T3 N0 M0 ¦
¦ T4 N0 M0 ¦
¦ Stadio III Ogni T N1 M0 ¦
¦ Ogni T N2, N3 M0 ¦
¦ Stadio IV Ogni T Ogni N M1 ¦
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¦ Grading istopatologico ¦
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¦ GX - Il grado di differenziazione non può essere stabilito ¦
¦ ¦
¦ G1 - Ben differenziato ¦
¦ ¦
¦ G2 - Moderatamente differenziato ¦
¦ ¦
¦ G3 - Poco differenziato o indifferenziato ¦
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TERAPIA
La chirurgia costituisce il trattamento di elezione dei tumori colo-rettali.
Radioterapia, Chemioterapia e Immunoterapia rappresentano, invece, presidi terapeutici
palliativi o adiuvanti, dopo l'intervento chirurgico. Oggi si dà la preferenza agli
interventi che garantiscono una buona qualità della vita; si cerca, quindi, di limitare
al massimo la colostomia, la creazione cioè di ano preternaturale. In linea di massima la
terapia chirurgica varia con la sede e lo sviluppo del tumore. Nel cancro localizzato al
cieco e al colon ascendente si esegue la emicolectomia destra, con asportazione del cieco,
dell'ascendente e dell'angolo epatico. Nel cancro del trasverso si esegue l'asportazione
di tutto il trasverso e dei due angoli colici, l'epatico e lo splenico. Nel cancro
dell'angolo splenico e del discendente si esegue la emicolectomia sinistra, con
asportazione dell'angolo splenico, del discendente e di parte del sigma. Nel cancro del
sigma si esegue la cosiddetta resezione anteriore, con asportazione di tutto il sigma, di
parte del colon discendente e della parte superiore del retto. In tutti i suddetti
interventi viene effettuato il ripristino normale della funzione intestinale con il
ristabilimento della continuità del tubo digerente. Nel cancro del retto le cose
cambiano, a seconda che la sede del tumore sia la metà superiore o la metà inferiore di
esso. Nel primo caso si esegue la resezione anteriore, come detto per il cancro del sigma.
Nel secondo caso, invece, la sede bassa del tumore richiede, di necessità, la cosiddetta
amputazione addomino-perineale, l'asportazione cioè di tutto il retto con l'ano e il
sigma e la creazione di una colostomia permanente, o ano preternaturale.
Nelle forme avanzate può essere necessario il ricorso ad interventi palliativi.
Come si è detto prima, la radioterapia, la chemioterapia e l'immunoterapia hanno poche
possibilità applicative nella cura del cancro del colon e del retto. La radioterapia
viene talvolta utilizzata sia prima, sia dopo l'intervento, oppure «a sandwich» e cioè
prima e dopo l'atto chirurgico. La chemioterapia, oltre che come completamento della
chirurgia, viene praticata da sola nelle forme avanzate, specie se con metastasi epatiche.
La riabilitazione ha enorme importanza anche psicologica nei portatori di ano
preternaturale. Esiste, nel settore, un'associazione, l'AISTOM, che svolge un lavoro
eccellente. Associazioni analoghe esistono anche negli altri paesi. In commercio esistono
buste di contenimento, pomate, ed altri accorgimenti, intesi a limitare gli inconvenienti
della colostomia. Nei colostomizzati grande importanza ha, ovviamente, anche
l'alimentazione, che va regolata qualitativamente e quantitativamente. Quasi sempre lo
spirito di adattamento consente ai colostomizzati una vita lavorativa e associativa
pressoché normale.