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Avanspettàcolo.

Breve spettacolo di varietà o di rivista che, secondo un uso diffusosi particolarmente nel periodo tra le due guerre mondiali, precedeva una rappresentazione cinematografica; la sua durata si aggirava normalmente attorno all'ora o poco più. Inizialmente, si trattava esclusivamente di uno spettacolo di varietà, nel quale si alternavano cantanti, giocolieri, ballerini, comici con numeri vari di attrazione; in seguito, vennero presentate vere e proprie riviste musicali, spesso con un filo conduttore, in un solo tempo. L'a. nacque verso il 1930 e sostituì il café chantant, ormai giunto al declino. Non si tratta di un'invenzione italiana: lo spettacolo misto di cinema e varietà era già stato adottato a Parigi dai grandi cinematografi come il Ciel, il Gaumont, il Paramount. La moda attecchì subito anche in Italia; molte compagnie di operetta, costrette ad abbandonare questa attività, si rivolsero al nuovo genere di spettacolo: così fecero, ad esempio, la Bluette-Navarrini e la Riccioli-Primavera. Giovani comici, destinati a diventare protagonisti del Teatro leggero italiano, iniziarono la loro carriera proprio in quell'ora di varietà che precedeva il film. Fra essi: Macario, Totò, Renato Rascel, Tino Scotti, Nino Taranto e, nell'immediato dopoguerra, anche Walter Chiari, Ugo Tognazzi, Gino Bramieri e molti altri. Nel 1936 il critico teatrale Giulio Trevisani fondò l'UNAT, un'organizzazione che garantiva lavoro (almeno sei mesi di tournée) alle migliori compagnie di a.; una cinquantina di compagnie beneficiavano di questa organizzazione, diretta dal suo stesso fondatore. Nell'a., oltre alle compagnie di formazione stabile e ai numeri di varietà raccolti alla spicciolata, avevano un loro spazio anche complessi musicali di fama internazionale (come l'orchestra tipica di tanghi di Edoardo Bianco) e le grandi vedettes internazionali, costrette ad abbandonare il café chantant; tra queste: Anna Fougez, Odoardo Spadaro, Gino Franzi, Gabrè, Rodolfo de Angelis, ecc. Per comprendere quanto fosse sentito e partecipato, allora, l'a., basterà citare il fatto che molti autori di chiara fama non disdegnarono di scrivere copioni per questo nuovo genere teatrale. Poi, dal 1930 al 1940, l'a. subì una crisi durissima, favorita dall'entrata in vigore di severi regolamenti di pubblica sicurezza che impedivano ai comici di pronunciare battute sugli uomini politici del tempo. A. Cecchelin, che aveva una compagnia dialettale con la quale allestiva anche spettacoli teatrali completi, venne arrestato e imprigionato per un suo brillantissimo sketch, nel quale si permetteva di canzonare Hitler. Anche nel periodo della guerra, e fino al 1950 circa, continuò la crisi dell'a.: oltre a diminuire il numero delle compagnie, si era ridotto anche il numero degli attori che le formavano (in questo periodo non più di 10 o 12 persone al massimo). Dopo il 1950, ci fu una ripresa abbastanza sensibile, anche se l'a. non ritrovò mai più la fortuna di un tempo. Del resto, ben presto dovette subire la formidabile concorrenza televisiva, che ne ridusse man mano la funzione e l'importanza. Spunti e modalità del vecchio a. sono rimasti, variamente rielaborati e con intenti diversi, in taluni spettacoli televisivi di varietà, come pure in teatro, spesso in produzioni cabarettistiche. ║ La parola ha acquistato col tempo un senso anche spregiativo e viene spesso utilizzata per definire uno spettacolo raffazzonato, di gusto grossolano e volgare.