(dal latino
auctoritas, der. di
auctor:
autore). Diritto e possibilità di comandare e di farsi obbedire;
ascendente, credito di cui una persona o un gruppo usufruisce per esercitare il
potere su un'altra persona o gruppo. ║ L'insieme degli organismi che
esercitano un potere legittimo o pubbliche funzioni. ║ Le persone
investite di legittimi poteri o preposte a cariche pubbliche con funzioni di
comando; si usa generalmente al plurale. ║ Prestigio, influenza che si
impone agli altri in virtù dei meriti, dell'età, della posizione
sociale. ║ Persona che gode di particolare stima e credito in qualche
campo. ║ Esempio, testimonianza autorevole.
• Dir. - Potere di influenzare le decisioni
altrui; potere di comando. ║ In epoca romana, il termine
auctoritas
indicava l'intervento di una volontà superiore, atta a guidare e a
correggere la volontà dei singoli. Attualmente per
a. s'intende il
complesso di poteri e la delimitazione di essi, che in ogni Stato ordinato la
legge attribuisce a singoli uffici per il corretto svolgimento delle funzioni di
interesse collettivo. Perché abbia
a. occorre, quindi, che
l'ufficio abbia poteri di
imperio, possa rendere la sua azione e i suoi
voleri vincolanti nei riguardi del privato; occorre, inoltre, che l'ufficio si
presenti anche formalmente come rappresentante della volontà dello Stato.
In questo senso il termine è usato in una serie di accezioni diverse: si
parla di
a. paterna (o di
patria potestà), di
a.
giudiziaria, di
a. ecclesiastica, di
a. gerarchica, di
a.
di pubblica sicurezza, ecc. • Filos. -
L'atteggiamento di chi subisce o accetta l'
a. è
l'
ubbidienza; ciò che non rientra nella sfera di esercizio
dell'
a., appartiene alla sfera della
libertà. ║ In
logica, ogni metodo di dimostrazione fondato sulla testimonianza altrui. Tale
metodo non è più accettato; esso è stato magistralmente
criticato da Cartesio (V. DESCARTES, RENE), nel
XVII sec. ║
Dottrine politiche: teorie tradizionali, di
orientamento teologico, sostengono che l'
a. trova il suo fondamento
nell'attribuzione divina; altre teorie tradizionali sostengono che l'
a.
non ha altro fondamento che la forza. Nell'età moderna, si sono andate
sviluppando teorie che sostengono, come unica legittimazione dell'
a., il
consenso da parte di coloro sui quali viene esercitato il potere. Il
principio d'
a. ha sollevato il problema dell'
a. stessa e
dell'ubbidienza. Secondo le teorie a essa incondizionatamente favorevoli,
l'
a. deve sempre, e in ogni caso, ottenere ubbidienza, ossia essere
accettata in quanto tale (teoria dell'
obbedienza attiva). Secondo altre
teorie, l'
a. può essere messa in discussione o può non
essere rispettata, quando abusa del potere e lo esercita contro le leggi
naturali e divine, purché colui che disubbidisce acconsenta a subire le
sanzioni che gli verranno comminate per aver disobbedito (teoria
dell'
obbedienza passiva). Altre teorie affermano invece che, di fronte
all'oppressione, la disobbedienza è legittima e va esercitata sia nei
confronti della parte precettiva che di quella punitiva della norma (teoria
della
resistenza). In quest'ultimo caso, si parla di
resistenza
passiva, quando chi disobbedisce si limita a non fare quello che l'
a.
vuole sia fatto, e di
resistenza attiva, quando la disubbidienza si
esercita promuovendo azioni per il rovesciamento del potere oppressivo.
Poiché
a. e libertà sono i due termini correlativi di ogni
formazione sociale, uno dei maggiori problemi è quello di stabilire i
rapporti che intercorrono tra loro e i rispettivi limiti. Alle teorie
assolutistiche, che negano all'individuo ogni libertà tranne quella
concessa dal potere statale, si contrappongono le teorie anarchiche, che tendono
a negare ogni
a. per affermare una libertà originaria, assoluta e
incoercibile. Tra questi due tipi di teorie estreme, si collocano varie teorie
intermedie che riconoscono all'individuo una sfera di libertà e allo
Stato un potere restrittivo, entro determinati limiti e con determinate garanzie
(teoria dello Stato di diritto). La dottrina liberale, considerando che il fine
dello Stato è unicamente quello di garantire l'esercizio delle singole
libertà individuali, tende a concedere maggiore spazio alla sfera della
libertà individuale rispetto a quella dell'
a. La
dottrina
socialista, delegando allo Stato la funzione di promuovere il benessere
economico e l'uguaglianza sociale dei cittadini, tende a concedere maggiore
spazio all'
a. rispetto alla libertà individuale. Ciò,
però, tenendo conto che il fine ultimo del socialismo è la
dissoluzione dello Stato e la piena affermazione dell'individuo, cioè
della libertà individuale e, insieme, universale
(V. anche ASSOLUTISMO; CONSENSO;OBBEDIENZA; REPRESSIONE).