Psicol. - Comportamento morboso per cui un individuo tende a
punire se stesso per liberarsi da sentimenti o da complessi di colpa solitamente
irrazionali. Un tale atteggiamento può trovare in parte una spiegazione
negli insegnamenti morali e religiosi tipici della nostra cultura, secondo cui
le cattive azioni, prima o poi, vengono punite e la punizione assolve il
peccatore dalla colpa. Questo fenomeno è particolarmente frequente nel
periodo adolescenziale e può assumere forme più o meno severe a
seconda dell'esperienza vissuta con i genitori: se l'atteggiamento dei genitori
nei confronti delle punizioni è stato, nel corso dell'infanzia,
particolarmente duro, è probabile che anche le
a. non saranno
lievi e viceversa. La tendenza all'
a. può persistere in età
adulta, più spesso in forme lievi (da cui l'individuo non riesce comunque
facilmente a liberarsi), ma anche in forme gravi, che possono facilmente
degenerare nel masochismo, in atteggiamenti ascetici di espiazione e di
autoflagellazione, in manifestazioni più o meno clamorose, come ad
esempio un pubblico digiuno, e simili, i cui scopi vengono sublimati a diversi
livelli, in relazione alla formazione e al grado di cultura del
soggetto.