Sistema di autogoverno, da parte dei lavoratori, nella
conduzione, produttiva e amministrativa, delle organizzazioni di lavoro:
fabbriche, aziende di distribuzione e altri tipi di impresa. ║ Il termine,
in seguito, si è esteso anche all'apparato scolastico, per designare la
gestione di tale potere da parte degli studenti.
• St. -
L'a. in Jugoslavia: tra i
principali riferimenti storici, teorici e pratici, vanno ricordati la Comune di
Parigi del 1871, i consigli operai russi del 1905 e del 1917, e il progetto
introdotto in Jugoslavia nel 1950, mediante l'emanazione di una legge sulla
gestione diretta delle imprese economiche statali e delle organizzazioni
economiche superiori. Con tale legge, volta alla trasformazione della
proprietà statale in una forma superiore rappresentata dalla
proprietà sociale, direttamente e liberamente gestita dai produttori, i
lavoratori (attraverso l'istituto dei consigli operai) venivano chiamati a
realizzare i loro diritti e i loro doveri nelle organizzazioni di lavoro
direttamente gestite da loro. La legge, approvata il 18 luglio 1950, stabiliva
che, essendo patrimonio di tutto il popolo, le imprese andavano gestite in piena
autonomia dai
collettivi di lavoro, in nome della comunità
sociale. Essa stabiliva, inoltre, che la gestione non fosse esercitata
direttamente dal collettivo, ma tramite il
consiglio operaio, quale suo
organo rappresentativo, e tramite il
comitato di gestione e il
direttore dell'impresa (facendo eccezione per le aziende con meno di
trenta dipendenti, nelle quali i diritti e i doveri del consiglio operaio
venivano esercitati dall'intero collettivo). Il direttore, il consiglio operaio
e il comitato di gestione dovevano rendere conto delle loro attività al
collettivo, in quanto unico titolare del diritto di gestione. Pertanto, al
collettivo spettava l'elezione e la revoca del consiglio operaio. A sua volta,
il comitato di gestione rispondeva direttamente delle sue attività
dinnanzi al consiglio operaio. Le aziende autogestite non disponevano di alcun
privilegio o monopolio, di diritto o di fatto, e dovevano vendere, in
concorrenza con le altre imprese fabbricanti, prodotti simili, così da
conformarsi alle necessità del mercato. Il sistema di retribuzione si
basava sulla
quota-parte dei lavoratori al reddito dell'impresa. La
quota-parte veniva fissata, tenendo conto di tutti i fattori importanti:
preparazione professionale, condizioni di lavoro, responsabilità del
lavoratore. Comunque, ogni dipendente aveva diritto a una retribuzione minima,
indipendentemente dagli incassi realizzati dall'azienda. Tale esperienza si
estese negli anni successivi, incentivata anche da un'apposita legislazione; ma,
alla lunga, il sistema indebolì eccessivamente il rapporto tra impresa e
piano. Si inasprirono, così, gli squilibri fra impresa e impresa, e fra
zone avanzate ed arretrate; si determinarono, perciò, le condizioni
negative che favorirono le successive tendenze centrifughe. ║
L'a. in
Algeria: tra i vari tentativi di
a. compiuti, un particolare
interesse ha suscitato quello del sistema di
a. algerina, introdotta
durante il governo di Ben Bella e consolidatasi negli anni successivi nel
settore agricolo, mentre in quello industriale è andata arretrando.
L'
a. fu introdotta in Algeria nel 1962, in seguito all'esodo precipitoso
dei Francesi che avevano lasciato come
beni vacanti quasi tre milioni di
ettari di terreno coltivato, varie piccole e medie industrie e innumerevoli
piccole imprese artigiane e commerciali. Ai dipendenti algerini di tali aziende
si pose, quindi, il problema di abbandonarle anch'essi, oppure di autogestirle.
Pertanto, nelle campagne, si attuò spontaneamente l'occupazione delle
terre e, mancando un'amministrazione efficiente in grado di sostituirsi
immediatamente al capitale francese in fuga, ai lavoratori s'impose l'esigenza
di dirigere e gestire essi stessi le aziende. Un fenomeno analogo avvenne nelle
città, allargandosi persino ad alcuni settori del piccolo e medio
commercio. L'
a. algerina, come rileva Monique Laks che vi ha dedicato un
ampio e approfondito studio (
Autogestion ouvrière et pouvoir en
Algerie, 1962-1965, 1970), non nasceva dall'alto di una riforma
politicamente voluta e organizzata, bensì dalle condizioni oggettive
venutesi a creare con la Liberazione. Merito del Governo algerino fu quello di
aver riconosciuto, sin dall'ottobre 1962, l'occupazione delle terre e delle
aziende industriali, e di aver dato, rifacendosi in parte all'esperienza
jugoslava, un primo statuto all'
a. (marzo 1963), che prevedeva:
l'assemblea dei dipendenti, con potere di eleggere il
consiglio dei
lavoratori che, a sua volta, eleggeva il
comitato di gestione (da tre
a undici membri) con a capo un presidente. Il salario era costituito dalla
remunerazione di base, integrata da premi di produzione, e dalla
distribuzione degli utili, che venivano in parte divisi fra i lavoratori e, per
il resto, versati a un fondo di investimenti per lo sviluppo dell'economia
nazionale. In seguito alle leggi votate nel 1968-69, le aziende autogestite
furono sottoposte a un piano contabile nazionale e guidate da un direttore di
nomina governativa, con voto consultivo del consiglio di gestione. Le aziende
agricole autogestite erano, nel 1969, 2.188 su 2.300.000 ettari, con una media,
quindi, di oltre mille ettari per azienda (estensione ritenuta la più
redditizia) e un numero complessivo di 134.000 operai permanenti e 52.000
avventizi (costoro non partecipavano, però, alla gestione dell'azienda e
venivano considerati come dei salariati). Pur coprendo solo il 17% delle terre
coltivate, le aziende autogestite rappresentavano il settore chiave
dell'agricoltura algerina, fornendo oltre il 60% della produzione agricola
nazionale. Ciò, tuttavia, anziché risolvere il grave problema
sociale della fame di terra, ha finito con l'aumentare le sperequazioni,
dissociando questa minoranza privilegiata di lavoratori della terra dai milioni
di
feddahin privi di terra o inchiodati ad appezzamenti di proporzioni
minime, poco fertili e coltivati con mezzi estremamente rudimentali. Pertanto,
s'impose sempre più la necessità di una riforma agraria generale,
in programma sin dall'epoca della guerra di Liberazione. Quanto all'
a.
nel settore industriale, già piuttosto limitata durante il periodo
benbellista, è andata ulteriormente riducendosi. Il numero delle aziende
autogestite, rimasto imprecisato, non superò comunque mai le
quattro-cinquecento unità, interessando non più di diciassettemila
operai. Successivamente, le
società nazionali, che non vanno
confuse con le imprese statalizzate, hanno prevalso sul modello dell'
a.;
ciò si spiega anche con la necessità di edificare rapidamente
industrie importanti, non disponendo di un numero sufficiente di quadri
dirigenti locali, per cui occorreva una forte organizzazione centralizzata, per
quanto ciò comportasse una forma di capitalismo di Stato. ║
Ipotesi autogestionarie in Europa: per quanto, a parte la Jugoslavia e
l'Algeria, modelli di
a. su vasta scala non siano stati sperimentati
altrove, il dibattito sull'
a., iniziato come una delle richieste
più radicali del movimento del 1968, è proseguito negli anni
successivi, sviluppandosi soprattutto nell'area del socialismo europeo. Il tema
del socialismo autogestionario, dibattuto soprattutto dai vari gruppi della
sinistra europea confluiti nei movimenti ecologici e antimilitaristi, ha
costituito materia d'esame anche per i partiti socialisti tradizionali
dell'Europa occidentale, in particolare per le socialdemocrazie nordiche e per i
Partiti socialisti francese e spagnolo. Le diverse posizioni assunte nel
dibattito sull'
a. corrispondono al diverso tipo di società cui
tendono i vari schieramenti della sinistra europea. Il modello di
a.
proposto dai movimenti della sinistra libertaria si basa sul rifiuto dei sistemi
economici esistenti sia a Est che a Ovest, in nome di una gestione dei mezzi di
produzione non autoritaria, cioè non imposta dall'esterno, ma liberamente
scelta dall'interno di ogni struttura produttiva, in modo da consentire a
ciascuno di scegliere, sia individualmente che collettivamente, le
finalità del proprio lavoro. Questo modello di
a. viene proposto
come realizzazione integrale della democrazia e del pluralismo, consentendo a
una pluralità di opinioni di esprimersi in una pluralità di
sistemi e di obiettivi di produzione. Tale sistema autogestionario si
contrappone sia all'impostazione del capitalismo che a quella del comunismo, in
quanto contrappone ai modelli produttivi che pongono gli individui e le loro
esigenze al servizio dello sviluppo, un modello ideale in cui lo sviluppo si
commisura alle reali esigenze degli individui.