Opera del filosofo danese S. Kierkegaard, pubblicata nel
1843. È costituita di due parti che l'autore finge siano manoscritti
ritrovati da lui. Nella prima parte viene esposto il pensiero estetico di
Kierkegaard: la concezione di una vita vissuta secondo ideali estetici liberi da
vincoli morali. Nella seconda trionfano i valori etici su quelli estetici,
coerentemente con la concezione religiosa a cui si avvicinò più
tardi il filosofo. Viene quindi posto il problema del rapporto esistenziale tra
stadio estetico e stadio etico. Tutta l'opera è permeata da una polemica
indiretta contro ogni astratta speculazione filosofica, in particolare contro
quella dell'Idealismo hegeliano. Il tema di
A. è quello della
personalità e della "scelta" tra etica ed estetica; la scelta estetica
non rappresenta una vera scelta, poiché, a differenza della prima, non
pone antinomie radicali. Chi vive esteticamente non sceglie e chi sceglie
l'estetica, dopo aver avuto la rilevazione dell'etica, non vive più
esteticamente, ma eticamente. Si tratta in questo caso di un'etica negativa, che
però non può più essere definita estetica, in quanto
l'individuo è cosciente di aver operato una scelta ed è
perciò privato definitivamente dell'indifferenza estetica. L'estetica non
rappresenta il male, ma solo l'indifferenza etica e l'aut-aut non è
perciò una scelta tra bene e male, ma quella per cui si accetta o si
rifiuta il contrasto di bene e di male. Al dualismo tra etica ed estetica si
accompagnano in
A. i motivi dell'angoscia, della disperazione o della
precarietà dell'essere.