Stato (83.871 kmq; 8.105.000 ab.) dell'Europa centrale, interamente continentale.
Confina a Nord-Ovest con la Germania, a Nord-Est con la Repubblica Ceca,
a Est con la Slovacchia e l'Ungheria, a Sud con la Slovenia e l'Italia, a Ovest
con la Svizzera e il Liechtenstein. Capitale: Vienna. Città principali:
Graz, Linz, Innsbruck, Salisburgo, Klagenfurt. Ordinamento: Repubblica federale
parlamentare costituita da nove Stati federati (
Bundesländer):
Vienna, Austria Inferiore, Austria Superiore, Salisburgo, Tirolo, Vorarlberg,
Carinzia, Stiria, Burgenland. La Costituzione contempla un Consiglio nazionale
composto di 183 membri, eletti a suffragio universale ogni quattro anni, e un
Consiglio federale di 54 membri, designati dalle diete provinciali. Il potere
esecutivo viene esercitato dal Consiglio dei ministri, presieduto dal
cancelliere. Capo dello Stato è il presidente della Repubblica, che dura
in carica 6 anni. Le province sono governate da un'assemblea, cui spettano i
provvedimenti relativi all'agricoltura, alle opere pubbliche, all'istruzione e
agli affari di culto. Moneta: fino al 31 dicembre 2001, scellino; dal 1° gennaio
2002, euro. Lingua: tedesca. Religione: cattolica; esistono minoranze di protestanti,
ebrei, musulmani. Popolazione: tedesca con minoranze etniche costituite da Sloveni,
Cechi, Croati, Ungheresi.
GEOGRAFIA
Paese in prevalenza montuoso (l'altitudine media
è di 1.000 m), ha un territorio occupato quasi completamente dal versante
nord-orientale del sistema alpino; appartengono all'
A. anche
l'estremità occidentale della pianura ungherese, parte del bacino del
Danubio e le ultime propaggini della Selva Boema. Nella zona meridionale i
rilievi sono di natura cristallina: da Ovest verso Est troviamo le Alpi di
Ötztaler (altezza massima Wildspitze, 3.774 m), di Stubai, di Zillertal,
con importanti valichi transalpini tra cui il passo Resia e quello del Brennero.
Proseguendo verso Est si incontrano gli Alti Tauri, a cui appartiene il
Großglockner, che con i suoi 3.797 m è la massima cima
dell'
A., i Bassi Tauri, dove nessuna cima supera i 3.000 m, e i monti
della Leitha che giungono fino al corso del Danubio. Più a Sud,
parallelamente a questa serie principale di rilievi si incontrano le Alpi
Carniche e delle Caravanche, lungo le quali corre il confine con l'Italia e la
Slovenia. A Nord, invece, oltre le valli dell'Inn, della Salzach, dell'Enns, si
estendono le Alpi Bavaresi, le Alpi del Salisburgo e le Prealpi Austriache.
Queste sono costituite prevalentemente da rocce arenarie e caratterizzate da
altezze modeste. ║
Idrografia: dal punto di vista idrografico, la
maggior parte dell'
A. appartiene al bacino del Danubio, che attraversa il
Paese da Ovest a Est per circa 360 km. Le acque delle regioni alpine, sotto
forma di un gran numero di affluenti (l'Inn, il Traun, la Leitha, la Drava), si
gettano nel Danubio, accentuandone il regime stagionale con magre invernali.
Numerosi sono i laghi austriaci, fra i quali il più vasto è quello
di Neusiedl (320 kmq), nelle pianure del Burgenland, una piccola parte del quale
si trova in territorio ungherese. ║
Clima: continentale nella
pianura orientale, assume caratteri nettamente alpini con l'aumentare
dell'altitudine. Nelle zone montuose della sezione orientale soffia il
föhn, un vento caldo che favorisce lo scioglimento delle nevi, provocando
le piene dei fiumi.
Cartina dell'Austria
ECONOMIA
Le zone più ricche dello Stato si trovano
verso la periferia (Prealpi settentrionali, bacino di Vienna, colline stiriane,
bacino di Klagenfurt, Vorarlberg renano). La manodopera usata in attività
non agricole è in continuo aumento. Le attività industriali
concorrono alla formazione del reddito nazionale per oltre il 50%. Il carattere
montuoso del territorio determina una larga estensione di zone sterili e
improduttive (il 14% del totale) con valori massimi nel Tirolo e minimi
nell'Austria inferiore. Principale coltura è quella dei cereali, seguita
da patate, segale, frumento, avena, lino, canapa, orzo, barbabietole da
zucchero. Vigneti, orti e frutteti coprono percentuali basse del territorio.
Prati e pascoli hanno un'estensione notevole: assume quindi grande importanza il
patrimonio zootecnico (bovino, suino, ovino, caprino, equino), specie nelle zone
danubiane e in quelle alpine. Il bosco, da cui si ricavano ogni anno notevoli
quantità di legname, ha notevole importanza con valori massimi nella
Stiria e nella Carinzia, dove le montagne sono meno alte e le piogge più
copiose. L'
A. è ricca di giacimenti di salgemma, noti fin
dall'antichità, e di minerali (ferro, lignite, magnesite, piombo, zinco,
rame), specie nella Stiria e nella valle del Mur. Come conseguenza dello
sfruttamento delle risorse minerarie si è assistito allo sviluppo delle
industrie siderurgiche e meccaniche, che producono principalmente macchinari
agricoli, rotaie, automobili; accanto a queste sono cresciute l'industria del
legno, della carta, tessile, del cuoio, del tabacco, della birra, del vetro,
degli strumenti musicali e idroelettrica. Negli ultimi decenni ha avuto
larghissimo sviluppo il turismo. La rete delle comunicazioni è ben
sviluppata.
STORIA
Il 19 novembre 1918, con la proclamazione della
Repubblica austriaca, veniva ufficialmente sancita la dissoluzione del grande
Stato plurinazionale, costituito dagli Asburgo in quasi settecento anni di
storia e l'
A. veniva limitata entro i confini delle sue antiche regioni
storiche. Il territorio che costituiva la nuova Repubblica austriaca comprendeva
le regioni che, nell'antichità, avevano fatto parte della Rezia
(
A. occidentale) e del Norico (
A. orientale), abitate da
popolazioni illiriche, alle quali si erano poi andate sovrapponendo popolazioni
celtiche e danubiane. Assoggettate dall'Impero romano verso la fine del I sec.
a.C., esse furono costituite in Province e seguirono le sorti di Roma, sino alle
invasioni barbariche. Verso la fine del V sec., quando la Rezia era già
caduta in mano agli Alamanni, il Norico venne conquistato dai Goti ai quali si
sostituirono, nel 535, i Franchi e, successivamente, Longobardi, Avari e Slavi.
Il periodo seguente fu caratterizzato da un continuo susseguirsi di lotte tra
stirpi germaniche e slave, fino al prevalere dei Franchi. Per proteggere
l'Impero franco, Carlo Magno costituì la Marca orientale
(
Ostmark), ma la tranquillità non durò a lungo e, a partire
dall'inizio del X sec., il territorio austriaco (il nome Ostarricher è
documentato a partire dal 996) fu invaso, a più riprese, da Ungheri e
Boemi. Per proteggere la regione da tali invasioni, l'imperatore Ottone II, nel
976, la assegnava a Leopoldo di Babenberg, che assunse il titolo di
margravio, poi trasmesso ai suoi successori in linea ereditaria. Nel
1156, Enrico II, ottavo margravio, ottenne il titolo ducale per la casa di
Babenberg e trasferì la capitale da Pöchlarn a Vienna. Nel 1192 il
territorio si ingrandì in seguito all'aggiunta del ducato di Stiria,
ereditato dal margravio Leopoldo II; Federico II il Bellicoso vi aggiunse invece
la Pusteria e la contea d'Istria. Nel 1246 Federico II moriva combattendo contro
Béla IV d'Ungheria e con lui si estingueva la casa di Babengerg. I suoi
domini furono contesi da Béla IV d'Ungheria e da Ottocaro II di Boemia,
la cui sorella Margherita aveva sposato Federico II, e che riuscì infine
ad avere la meglio. Il tentativo di Ottocaro di fondare un impero slavo
fallì, in seguito all'elezione di Rodolfo d'Asburgo a re dei Romani e di
Germania, nel 1273. Le ambizioni di Ottocaro ricevettero il colpo di grazia nel
1278, con la sconfitta subita nella battaglia di Dürnkrut, battaglia in cui
trovò la morte, mentre il territorio passava alla Casa d'Asburgo. Nel
1282 Rodolfo I investì dei feudi austriaci, comprendenti anche Stiria e
Camiola, i figli Alberto e Rodolfo, dando così inizio al dominio
asburgico sull'
A. Anche quando la corona imperiale passò dagli
Asburgo alle casate rivali dei Wittelsbach e dei Lussemburgo, la casa d'Asburgo
continuò a estendere i territori danubiani in suo possesso, sino a
comprendere l'intera area delle Alpi orientali, con l'annessione della Carinzia
(1335) e del Tirolo (1364). A interrompere questa linea di tendenza intervenne,
dopo la morte di Rodolfo IV , avvenuta nel 1365, la divisione della casa
d'Asburgo in due linee (l'
Albertina, con Alberto III, e la
Leopoldina o
stiriana, con Leopoldo III). Tale divisione si
protrasse sino alla metà del XV sec., cioè fino a quando Federico
III, discendente della linea Leopoldina, eletto re di Germania nel 1440 e
incoronato imperatore nel 1452, ricostituì l'unità della casata,
facilitato in questo dall'estinzione della linea Albertina. La divisione
comportò un indebolimento dell'autorità della casata e una sua
minore capacità di resistere alle pressioni dei nemici esterni. Le
ripercussioni di tale indebolimento si fecero sentire anche dopo la ricostituita
unità e lo stesso Federico III dovette rinunciare alle mire asburgiche
sulla Svizzera. Nel 1474 egli fu costretto a stipulare una pace perpetua con i
Cantoni svizzeri e non fu in grado di contenere le pressioni provenienti da
Oriente. Nel 1485 il re d'Ungheria Mattia Corvino giunse a occupare la stessa
Vienna. Cinque anni dopo, e cioè nel 1490, Federico III poté
rientrare in possesso dei suoi territori e iniziare così l'ascesa della
casa d'Asburgo, agevolata anche da una serie di fortunati matrimoni: quello di
suo figlio Massimiliano (1477) con l'erede di Carlo il Temerario, Maria di
Borgogna, consentì, ad esempio, agli Asburgo di entrare in possesso dei
territori delle Fiandre e dei Paesi Bassi. A sua volta Massimiliano, nel 1493,
riusciva a far sposare il figlio Filippo il Bello con Giovanna d'Aragona e di
Castiglia, ponendo così la candidatura asburgica ai troni iberici.
Seguirono poi i matrimoni dei nipoti Ferdinando e Maria (figli di Filippo) con i
figli di Vladislao re di Boemia e d'Ungheria, destinati a realizzare le
aspirazioni asburgiche su quei territori. Intanto anche i domini propriamente
austriaci si erano notevolmente accresciuti, grazie all'acquisto della contea di
Gorizia e di altre terre del Tirolo da parte di Massimiliano. Quest'ultimo
introdusse anche importanti riforme amministrative, tra le quali va ricordata la
creazione di un corpo di funzionari stipendiati, nucleo costitutivo della grande
struttura assolutistica dell'impero asburgico. L'ampiezza della rete di
parentele e di successioni intessuta da Massimiliano I si manifestò
interamente alla sua morte, nel 1519. Suo nipote Carlo V poteva infatti
presentarsi come il più importante sovrano d'Europa, dal momento che
univa ai possessi propriamente asburgici anche la Spagna, i Paesi Bassi, i
territori italiani appartenenti alla Spagna, i vasti possedimenti d'America e
d'Africa. La vastità dei domini era tale da costituire un impero su cui,
come si disse, "non tramontava mai il sole". Carlo, tuttavia, affidò i
domini ereditari della casa d'Asburgo al fratello Ferdinando e nel 1556,
abdicando, divise in due il vasto impero asburgico, lasciando al fratello
Ferdinando i territori austriaci e la corona imperiale e al figlio Filippo II i
territori occidentali, legati alla corona spagnola. Sotto la sovranità di
Ferdinando, l'
A. riassunse la sua tradizionale funzione di baluardo della
cristianità contro la minaccia turca. Fino dal 1526, anno in cui
morì il re di Boemia e d'Ungheria nella battaglia di Mohàcs contro
i Turchi, Ferdinando era entrato in possesso, per diritto ereditario, della
corona di Boemia, mentre gli era sfuggita quella d'Ungheria. Pur di non
riconoscere la sua sovranità, infatti, i nobili ungheresi avevano
preferito porsi sotto la protezione del sultano turco, che riconobbe come re
d'Ungheria il nobile transilvano Giovanni Zapolya. La sua sovranità venne
riconosciuta nel 1538 (pace di Gran Varadino) dallo stesso Ferdinando, al
termine di una guerra nel corso della quale i Turchi, per due volte (e
cioè nel 1529 e nel 1532), arrivarono a minacciare direttamente Vienna.
Il costante pericolo turco pose in secondo piano, per qualche tempo, le lotte
religiose interne tra cattolici e protestanti, particolarmente accese in Boemia.
Alla morte di Ferdinando, avvenuta nel 1564, si ebbe una spartizione
territoriale: mentre il primogenito, Massimiliano II, assumeva la corona
imperiale e la sovranità sui territori dell'
A. inferiore e
superiore, nonché sulla Boemia, il secondogenito Carlo entrava in
possesso dei territori di Stiria, Carinzia e Carniola. Infine, al terzogenito
Ferdinando andavano il Tirolo e l'Austria anteriore. La divisione fra i
territori dei primi due si ricompose soltanto nel 1619, sotto la
sovranità di Ferdinando II. Il Tirolo, invece, rimase separato sino al
1665. Le lotte religiose, in parte scongiurate sotto Ferdinando I e Massimiliano
II, i quali avevano intrapreso una politica di tolleranza e di conciliazione, si
accentuarono invece sotto Rodolfo II (1576-1612), che cercò di imporre il
cattolicesimo ai Boemi fino a portare il Paese a un punto di rottura. Una
più grave spaccatura interna fu evitata in seguito all'intervento dei
fratelli di Rodolfo, che nel 1607 lo dichiararono decaduto da capo della casata.
In Rodolfo infatti andavano facendosi sempre più evidenti i segni di una
grave forma di malattia mentale e la guida fu assunta dal secondogenito Mattia.
La sostituzione non bastò tuttavia a sedare la rivolta dei protestanti
boemi (
Defenestrazione di Praga, 1618) e non evitò la guerra dei
Trent'anni (1618-1648), che si concluse con la pace di Westfalia, fatto che
comportò la rinuncia di Ferdinando III al predominio sulla Germania,
oltre che sull'Europa. Baluardo dell'Occidente contro l'Impero turco, nei
decenni seguenti l'
A. dovette fronteggiare nuove pressioni e incursioni,
che nel 1664 portarono ancora una volta i nemici ad assediare Vienna. Nel 1687,
con la vittoria di Mohàcs, poté finalmente conquistare l'Ungheria
e nello stesso anno, con la vittoria di Zenta, riuscì a cacciare i Turchi
dalla Morea e da parte della Dalmazia e della Bosnia. Scongiurato il pericolo ai
suoi confini orientali, l'Impero austriaco si volse verso Occidente con Carlo VI
(1711-1740), il quale, con la guerra di successione spagnola (1701-14),
tentò di riunire la corona di Spagna a quella imperiale, riuscendo
però solo a subentrare alla Spagna nei Paesi Bassi, in Lombardia, nel
Regno di Napoli e nella Sardegna, che nel 1720 venne scambiata con la Sicilia. A
Oriente, con la pace di Passarowitz, Carlo VI riuscì a sottrarre alla
Turchia il Banato di Temesvàr, la parte occidentale della Valacchia, la
Bosnia e la Serbia settentrionale. La pace di Belgrado, firmata nel 1739,
concludeva la sfortunata guerra combattuta a fianco della Russia contro la
Turchia e annullò pressoché tutti i vantaggi che erano stati
ottenuti con la pace di Passarowitz. Inoltre la guerra di successione polacca
(1733-35) aveva costretto l'
A. alla cessione della Lorena alla Francia e
del Regno di Napoli e della Sicilia alla Spagna, in cambio del ducato di Parma e
Piacenza. Questo costituiva, in parte, il prezzo pagato da Carlo VI per il
riconoscimento della
Prammatica Sanzione da lui emanata nel 1713, per
scongiurare il pericolo di un'estinzione della casa d'Asburgo. Il documento
stabiliva che, nel caso di mancanza di discendenti in linea maschile, i
territori della corona asburgica potevano essere trasmessi alla sua discendenza
femminile. Il decreto provocò, alla morte dell'imperatore nel 1740, la
guerra di successione austriaca (1740-48), che assicurò definitivamente
il trono imperiale alla figlia di Carlo VI, Maria Teresa, moglie di Francesco di
Lorena, anche se costò all'Austria la perdita della Slesia (ceduta a
Federico di Prussia) e del ducato di Parma e di Piacenza (trasferito ai Borboni
di Spagna). Il lungo regno di Maria Teresa fu sostanzialmente un periodo di
pace, ad eccezione della parentesi costituita dalla guerra dei Sette anni
(1756-1763), nella quale l'
A. si unì al suo nemico tradizionale,
la Francia, contro la Prussia. Maria Teresa, che alla morte del marito nel 1765
aveva associato al trono, come coreggente, il figlio Giuseppe II,
trasformò la vecchia impalcatura feudale in un moderno Stato
assolutistico centralizzato, promulgando una serie di riforme politiche
(creazione di un Consiglio di Stato), amministrative (rinuncia, da parte della
nobiltà feudale, a parte delle sue prerogative assolutistiche), sociali
(limitazione della servitù dei contadini), fiscali (obbligo generale
delle imposte). Tra l'altro, in nome del "bene dei sudditi", Maria Teresa
decretò l'obbligatorietà dell'istruzione, creò nel 1774 la
scuola popolare e riordinò l'università. Questa politica di
ammodernamento dello Stato continuò anche sotto Giuseppe II (1765-1790)
che, ispirandosi al principio dell'assolutismo illuminato, divise il territorio
in tredici dipartimenti suddivisi, a loro volta, in circoscrizioni locali; egli
abolì inoltre la servitù della gleba; migliorò il diritto
penale, abolendo la tortura; istituì il catasto, con lo scopo di fissare
le imposte sulla base dell'estensione della proprietà; disciplinò
il diritto di stampa, riconoscendo una relativa libertà. Procedette
inoltre alla laicizzazione dello Stato, sottraendo alla Chiesa cattolica molti
dei privilegi di cui godeva e concedendo libertà di culto alle varie
confessioni cristiane (
Editto di Tolleranza del 1781). Nell'ambito della
politica estera, Giuseppe II accrebbe i territori austriaci in seguito alla
spartizione della Polonia, che portò all'
A. la Galizia e la
Lodomiria. Allo scoppio della Rivoluzione francese, le riforme più
avanzate, in particolare quelle promosse in campo ecclesiastico e che avevano
sollevato energiche proteste da parte dei conservatori, furono annullate dallo
stesso Giuseppe II, mentre altre vennero revocate dal suo successore Leopoldo II
(1790-1792). Nel 1804, Francesco II istituì l'Impero austriaco come
entità distinta dal Sacro Romano Impero, di cui era l'erede in quanto
Asburgo, così da sostituire una realtà politica più
sostanziale a quello che era solo il fantasma di un sistema da tempo scomparso.
Nel 1806 l'antica istituzione degli Stati tedeschi venne ufficialmente distrutta
da Napoleone, che raccolse i quindici Stati dipendenti da essa nella nuova
Confederazione del Reno. Tra gli eventi di maggior rilievo del periodo
napoleonico, durante il quale l'
A. fu pressoché costantemente
impegnata in guerra, vanno ricordati il matrimonio di Maria Luisa, figlia
dell'imperatore Francesco, con Napoleone nel 1810 e la spedizione di Russia a
fianco delle truppe francesi. Nel 1814, con la caduta di Napoleone, l'Impero
asburgico veniva ristabilito nei suoi antichi confini, ad eccezione del Belgio,
la cui perdita risultava largamente compensata dall'assunzione della Dalmazia e
del Veneto che, con la Lombardia, venne a costituire il Lombardo-Veneto. Dopo la
sistemazione del Congresso di Vienna, l'Impero austriaco si presentava come
l'esempio più tipico dei sistemi conservatori europei del periodo della
Restaurazione. In esso non esisteva una forte e numerosa classe borghese, alla
stregua degli esempi inglesi e francesi, ma predominava l'aristocrazia terriera
e la grande massa della popolazione era costituita da contadini. Sia le province
austriache vere e proprie che le zone periferiche dell'Impero erano rette da
Diete provinciali, di tipo medioevale, le quali non avevano alcun potere
effettivo. Il governo e l'amministrazione delle province dipendevano
perciò completamente dalla nobiltà locale, oltre che dalla
burocrazia e dalle forze di polizia e dell'esercito controllate direttamente da
Vienna. Il governo centrale, tuttavia, agiva con mano leggera, intervenendo in
modo pesante solo per reprimere le forze che minacciavano di rovesciare
l'impalcatura su cui si reggeva lo Stato asburgico. Dopo il 1815, queste forze
erano costituite, in primo luogo, dal liberalismo e dal nazionalismo. Sia per la
sua particolare situazione interna che per la sua posizione in Europa, lo Stato
asburgico risultava quindi il nemico dichiarato dei liberali e dei nazionalisti
di tutta Europa, particolarmente di Tedeschi, Italiani e Polacchi. Il
cancelliere austriaco Metternich, divenuto il simbolo e la guida delle forze
conservatrici europee, aveva elaborato un "sistema" di equilibrio
internazionale, da lui considerato il maggiore strumento per la preservazione
del dominio asburgico. Tale sistema non si prefiggeva di dare una maggiore
unità al mosaico dei territori che costituivano l'impero austriaco, ma
cercava piuttosto di sfruttare, a suo vantaggio, le diversità e le
rivalità esistenti tra i vari popoli che lo componevano, secondo l'antica
massima
Divide et impera. Se, all'interno, rappresentava un'impresa
tutt'altro che facile riuscire a mantenere in piedi l'Impero mediante un sottile
e complesso equilibrio di pesi e contrappesi, altrettanto difficile era
mantenere l'equilibrio internazionale. Metternich, dotato della necessaria
abilità e decisione, riuscì in entrambe le imprese, sulla base di
una concezione, nota come "concerto d'Europa", che fece di lui il protagonista
di una serie di congressi internazionali, da Aquisgrana (1818) a Troppau (1820),
da Lubiana (1821) a Verona (1822). Il "sistema" di Metternich resse sino al
marzo 1848, anno in cui Vienna si sollevò all'annuncio della caduta
in Francia della monarchia di Luigi Filippo. L'opposizione al lungo dominio di
Metternich era giunta allo stadio acuto e comprendeva uomini di tutte le classi
sociali, dai dignitari di corte (che detestavano i suoi metodi di governo e il
suo autoritarismo), ai borghesi che non tolleravano più la lunga
esclusione dal potere; dagli aristocratici liberali al proletariato urbano le
cui condizioni di vita erano andate peggiorando. Il 13 marzo 1848 le
dimostrazioni di Vienna costrinsero Metternich a dimettersi, consentendo
così alla borghesia di costituire una Guardia nazionale. Due giorni dopo,
l'imperatore Ferdinando decise di convocare la Dieta, accresciuta di
rappresentanti borghesi, per discutere su di una nuova Costituzione mentre la
situazione si faceva ancora più critica in Ungheria. Non potendo
rifiutare delle concessioni, le autorità di Vienna consentirono la
costituzione di Governi moderati locali, che accolsero parzialmente le esigenze
liberali. Rimaneva tuttavia salda la decisione di sbarrare il passo alla
rivoluzione sociale e, già alla fine del 1850, la reazione trionfò
ovunque. Nel 1852, sotto la guida del ministro Schwarzenberg, l'
A. si
riaffermò come potenza egemone all'interno della Germania dopo che, nel
dicembre dell'anno precedente, il giovane imperatore Francesco Giuseppe aveva
abrogato la Costituzione liberale del 1849, sostituendola con una serie di
provvedimenti che mantenevano intatta l'autorità centrale. Da quel
momento, il governo asburgico ebbe a disposizione una macchina amministrativa
altamente centralizzata e fu un governo assoluto non diverso da quelli del
passato. Questa organizzazione consentiva di amministrare tutti i territori
degli Asburgo, molto diversi tra loro per razza, lingua e nazionalità,
cercando di creare un senso comune di cittadinanza. Nel 1860, dopo che gli
eventi italiani avevano portato alla perdita della Lombardia, il Consiglio di
Stato (
Reichsrat) venne ampliato e in esso andarono precisandosi due
diversi schieramenti. Il primo, che rappresentava gli ungheresi, i boemi e gli
slavi meridionali, si prefiggeva un programma federalista che concedesse a
questi territori una maggiore autonomia. L'altro, che rappresentava invece gli
interessi tedeschi, voleva mantenere una forte organizzazione burocratica
centralizzata. La necessità della ricostituzione, su nuove basi, dello
Stato asburgico, senza ulteriori indugi, si fece sentire nel 1866 dopo la
definitiva esclusione dell'
A. dalla Germania, al termine del conflitto
austro-prussiano, che si concluse nel giro di tre settimane con la disfatta
dell'
A. e dei suoi alleati. Con il trattato di Praga, l'Impero asburgico
veniva estromesso dalla Germania ed era costretto a cedere anche il Veneto. In
Ungheria la situazione era ormai tale da richiedere una rapida soluzione. Venne
così istituita la monarchia duplice, sulla base di un accordo in
virtù del quale Francesco Giuseppe diventava imperatore d'Austria e re
d'Ungheria, cioè di due Stati ugualmente indipendenti e sovrani. I due
Stati erano anche ugualmente decisi a respingere le istanze di indipendenza
avanzate dai nazionalisti slavi, istanze che trovarono una soluzione soltanto in
seguito al crollo dell'Impero asburgico, avvenuto nel 1918, al termine del
conflitto mondiale scatenato dall'
A. che, per schiacciare definitivamente
la Serbia, aveva preso a pretesto l'assassinio a Serajevo (28 giugno 1914)
dell'erede al trono Francesco Ferdinando e di sua moglie. Dopo il rifiuto degli
Alleati di consentire l'unione (
Anschluss) con la Germania, l'
A.
venne a trovarsi di fronte alle incognite della sua totale autonomia. Ridotta a
un piccolo Stato alpestre, omogeneo sotto l'aspetto nazionale ma privo di
equilibrio nei suoi nuovi rapporti economici ed etnico-politici, dotato di una
capitale con oltre due milioni di abitanti (mentre la popolazione totale non
raggiungeva i sette milioni), chiuso nel proprio particolarismo provinciale e
privo di una tradizione nazionale unitaria, l'
A. rivelò
immediatamente gravi debolezze. Nelle elezioni del febbraio 1919 emersero due
forze politiche che tendevano a neutralizzarsi a vicenda, in quanto dotate di
uguale peso politico. Si trattava del Partito socialdemocratico, particolarmente
forte tra il proletariato industriale viennese, che ottenne 69 seggi; e del
Partito cristiano-sociale, che raccoglieva i maggiori consensi tra le masse
contadine e la piccola borghesia, al quale andarono 63 seggi. La destra
nazionalista elesse invece 25 deputati. In mancanza di altre alternative,
socialisti e cristiano-sociali diedero vita a un governo di coalizione. Data
l'incompatibilità tra la politica di riforme propugnata dai socialisti,
ideologicamente arricchiti da anni di dibattito internazionale, e il
paternalismo gradualistico dei cristiano-sociali, molto debole si rivelò
la coalizione di governo. Dopo le elezioni che ebbero luogo nell'ottobre 1920 il
governo di coalizione, presieduto dal socialista Karl Renner, fu sostituito dai
governi di minoranza cristiano-sociali, che erano appoggiati dalla destra
nazionalista. Mentre la tensione tra i due maggiori partiti produceva
l'immobilismo del Parlamento, si acuiva intanto il dissidio tendente a spaccare
in due il Paese, dal momento che poveva da una parte Vienna, roccaforte dei
socialisti, e dall'altra le province più clericali. I governi
cristiano-sociali, soprattutto sotto la presidenza di monsignor Ignaz Seipel
(1922-24; 1926-29), andarono accentuando il proprio carattere conservatore e
antisocialista, favorendo le manovre politiche della destra, che reclamava
l'
Anschluss, cioè l'unione con la Germania, e che aveva dato vita
alle milizie della
Heimwehr, una formazione paramilitare, trasformata dal
principe Starhemberg in un esercito privato, avente il compito di schiacciare,
con la forza, i socialisti. Tutto questo comportò il progressivo
slittamento del Partito cattolico verso la costituzione di uno Stato
autoritario-corporativo, i cui piani di attuazione vennero accelerati dopo la
conquista della maggioranza relativa da parte dei socialisti nelle elezioni del
1930, tanto da determinare l'ingresso del leader delle
Heimwehren nel
governo Vaugoin. A una situazione che andava sempre più deteriorandosi e
in cui ormai inarrestabile appariva la corsa del Paese verso il
clerical-fascismo e il crollo della Repubblica democratica, venne a sommarsi
anche la crisi economica mondiale che aggravò la già precaria
situazione economico-finanziaria del Paese. Nel 1931, con il crollo della
Kreditanstalt, la maggiore banca austriaca, ebbe inizio una lunga catena
di fallimenti. Frattanto, alle
Heimwehren e allo
Schützbund
(le milizie socialiste) si erano aggiunte le
Sturmabteilungen, le sezioni
d'assalto del Partito nazista austriaco che, all'atto della sua costituzione,
nel 1930, contava già centomila aderenti. Le elezioni municipali del
maggio 1932 si svolsero in un clima di guerra civile che comportò
l'ascesa al potere del cristiano-sociale Engelbert Dolfuss. Egli costituì
un governo in cui erano predominanti i rappresentanti della
Heimwehr e
che attuò immediatamente la caccia ai comunisti. Messi fuori legge il
Partito socialista e quello comunista, Dolfuss instaurò una dittatura
clerical-conservatrice, affermando la sua intenzione di dar vita a un'
A.
tedesca e cristiana, fondata su di uno Stato corporativo che era modellato
sull'esempio del fascismo italiano, oltre che sull'enciclica papale
Quadragesimo Anno. Nell'aprile del 1934, Dolfuss venne assassinato nel
corso di un assalto nazista al palazzo della Cancelleria. Il tentativo nazista
di impadronirsi del potere fallì, in seguito alla reazione franco-inglese
e all'invio di divisioni italiane al Brennero. Il governo presieduto da K.
Schuschnigg non resuscitò tuttavia la democrazia austriaca e la
proclamazione dell'Anschluss nel marzo 1938 concluse un dramma iniziato molti
anni prima. Ridotta alla condizione di provincia e assunto nuovamente l'antico
nome carolingio di
Ostmark (Marca orientale), l'
A. fu coinvolta
nel crollo del Terzo Reich e, nel 1945, si ritrovò divisa in quattro zone
d'occupazione: quella sovietica, quella statunitense, quella britannica e quella
francese. Proclamata l'indipendenza il 27 aprile 1945, si costituì a
Vienna un governo provvisorio di coalizione democratica (cattolico-popolari,
socialisti, comunisti), presieduto dal socialista Karl Renner, già
presidente del primo governo di coalizione costituitosi nel 1919. I contrasti
tra le potenze occupanti ritardarono sino all'aprile 1955 la conclusione del
trattato di pace che restituiva all'
A. l'indipendenza, sancendone
però la neutralità armata. Come già era avvenuto dopo la
prima guerra mondiale, venne a crearsi una situazione di equilibrio parlamentare
tra le due maggiori forze politiche, la cui collaborazione di governo non
subì interruzioni per oltre vent'anni. Nell'ottobre del 1965, la
coalizione bipartitica si ruppe e, alle elezioni del marzo successivo, il
Partito popolare (cattolico) ottenne per la prima volta la maggioranza assoluta
(85 seggi, contro i 74 dei socialisti e i 6 dei liberali). Il conseguimento
della maggioranza consentì di porre fine al logorante gioco di
compromessi e ai sacrifici reciproci dei due partiti. L'istituzione di nuovi
rapporti, fondati sulla contrapposizione di maggioranza e minoranza,
consentì, negli anni seguenti, al Partito cattolico di precisare meglio
la propria vocazione moderatamente conservatrice e a quello socialista di
rivedere la posizione ideologica che lo aveva portato a riconoscere
ufficialmente il proprio distacco dal marxismo, avvenuto nel 1957. Rimasti soli
al potere, i cattolici (Österreichische Volkspartei) non adottarono una
linea politica troppo squilibrata rispetto a quella precedente, ad eccezione che
nel maggiore rispetto dimostrato per i grandi interessi privati, operando
inoltre nei rapporti internazionali un certo avvicinamento alla CEE. Un netto
rovesciamento delle precedenti posizioni si ebbe invece nelle elezioni del marzo
1970, con l'inattesa vittoria dei socialisti che, da cinquant'anni, non
ottenevano un successo di tali proporzioni (81 seggi contro 78 popolari e 6
liberali). Nell'aprile successivo, per la prima volta nella storia della
Repubblica austriaca, si costituì un governo socialista (minoritario),
presieduto da Bruno Kreisky. Esso pose fine all'egemonia dei democristiani,
sulla base di un programma che, tra l'altro, prevedeva la riforma del codice
penale, la democratizzazione delle strutture scolastiche, l'ammodernamento della
legge sulla stampa, la riduzione della ferma militare a sei mesi. L'approvazione
popolare all'operato del governo venne indirettamente dalle elezioni
presidenziali dell'aprile del 1971, in cui il socialista Franz Jonas fu
riconfermato alla presidenza con un buon margine di maggioranza (52,79%) sul
candidato democristiano Kurt Waldheim, che sarebbe poi diventato segretario
generale dell'ONU. Dato l'esiguo margine di maggioranza e l'impossibilità
del governo di attuare le riforme che si era proposto, nel luglio del 1971
Kreisky propose al Parlamento di indire elezioni anticipate per l'ottobre
successivo. Le nuove elezioni consentirono infatti al Partito socialista di
conseguire per la prima volta nella storia della Repubblica austriaca la
maggioranza assoluta (50,22%) e di ottenere 93 seggi contro i 78 del Partito
popolare e i 6 dei liberali. Le successive elezioni amministrative che ebbero
luogo nei vari Länder, indicarono tuttavia una decisa ripresa dei cattolici
della Volkspartei, nonostante i buoni risultati ottenuti dal governo,
soprattutto nell'ambito della politica estera. Nel 1974 morì il
presidente Jonas e, nelle elezioni presidenziali svoltesi nel luglio successivo,
risultò vincitore il candidato del Partito socialista Rudolf
Kirchschläger, un cattolico indipendente di sinistra, già ministro
degli Esteri dal 1970. La riconferma del Partito socialista alle elezioni del
1975 e del 1979 permise l'attuazione delle riforme istituzionali promesse da
Kreisky, e cioè il nuovo diritto di famiglia, la riorganizzazione
dell'università basata sul principio della codirezione (corpo docente,
studenti e personale non docente), le riforme rivolte all'allargamento della
cogestione. Il successo di questa politica venne sottolineato dalla rielezione
di Kirchschläger, nel maggio del 1980. Gli effetti della crisi economica
internazionale investirono anche l'
A. (aumento del disavanzo pubblico e
del debito con l'estero) e costrinsero Kreisky a basare la sua campagna
elettorale su un rigido programma economico, che comportò l'aumento delle
imposte sia dirette che indirette. Alle elezioni dell'aprile 1983 il Partito
socialista perse la maggioranza assoluta e, dopo le dimissioni di Kreisky, il
nuovo cancelliere Fred Sinowatz formò il nuovo governo, sulla base di una
coalizione liberal-socialista. Anche dopo l'uscita di scena di Bruno Kreisky, la
coalizione liberal-socialista mantenne l'indirizzo della cosiddetta
"neutralità attiva" in politica estera. Pur non lesinando critiche al
socialismo reale, Vienna stipulò, nel 1981, un accordo di collaborazione
commerciale, industriale e tecnica di durata decennale con l'URSS e i Paesi del
Comecon. Nel 1982 il colonnello libico Gheddafi si recò in visita
ufficiale in Austria: i governanti austriaci operarono così un tentativo
di mediazione nella questione del Medioriente, basato sul proposito di agevolare
il dialogo tramite il riconoscimento dell'OLP e di Israele. Tra la fine del 1984
e l'inizio del 1985, due crisi interne scossero la coalizione: la prima
coincideva con la dura opposizione dei Verdi, che costringevano il governo a
sospendere la costruzione della centrale idroelettrica di Hainburg. La seconda
era da porre in relazione al caso Reder, un ex maggiore delle SS, accolto in
patria con tutti gli onori dopo la scarcerazione. Le elezioni del 1986 penalizzarono
i socialisti delle SPP e, in misura minore, i cattolici della ÖVP (Partito popolare
austriaco), premiando i nazional-liberali, che videro raddoppiare i propri voti. Venne
allora inaugurata una nuova alleanza di governo tra cattolici popolari e
socialisti. Nello stesso anno, dopo l'elezione di Kurt Waldheim alla presidenza
della Repubblica, si accesero aspre polemiche sui trascorsi nella Wehrmacht del
neopresidente. Nonostante le complicazioni sorte in sede internazionale, dopo il
tentativo statunitense di isolare Waldheim, la pubblica opinione austriaca si
schierò, in maggioranza, col proprio capo di Stato. In campo economico il
governo austriaco affrontò il compito della riduzione del deficit di
bilancio, mediante tagli ai sussidi e alle pensioni e tramite agevolazioni
fiscali per le aziende private. L'11 marzo del 1988 - anniversario
dell'Anschluss - Waldheim presiedendo le celebrazioni dichiarò chiuso il
suo caso personale. Forte dei contrasti che si erano aperti sul suo conto anche
in seno alla Commissione internazionale e dell'appoggio della maggioranza degli
elettori rivelata dai sondaggi, Waldheim puntò sulla distensione politica
e sulla necessità di salvare il governo di coalizione. La svolta a destra
del Partito socialista, imposta dalla necessità di fronteggiare la
situazione economica, venne sancita con l'elezione del cancelliere Franz Vranitzky a
nuovo presidente del Partito socialista. Nel 1989, nonostante l'opposizione
dell'URSS e del Belgio, l'
A. fece formale domanda di ammissione alla CEE,
nella quale entrò nel gennaio 1995. Nello stesso anno, la situazione
interna venne scossa da una serie di scandali che coinvolsero esponenti della
politica e del mondo degli affari e pesarono sulle elezioni politiche, svoltesi
nel 1990 e vinte dal Partito socialdemocratico austriaco (SPÖ). In politica estera
l'
A. si rivolse al mantenimento
dei rapporti con i Paesi dell'Est europeo; qualche difficoltà invece insorse con
l'Italia per il divieto di transito opposto dall'
A. ai tir. Sempre nel 1990,
il Governo abrogò le clausole del trattato di neutralità del 1955, che sancivano
il divieto di arruolare nell'esercito ex nazisti e quelle che proibivano l'utilizzo
di materiale bellico di fabbricazione tedesca o giapponese. Nel 1992 si svolsero
le elezioni presidenziali, in seguito alle quali Thomas Klestil sostituì Waldheim
alla presidenza della Repubblica. Intanto cominciarono a diffondersi le idee
xenofobe e filonaziste del leader del Partito liberale (FPÖ) Jörg Haider, tanto che
le elezioni politiche del 1994 segnarono una netta ripresa della destra. La coalizione
di Governo, costituita da socialdemocratici e cristianodemocratici, fu sciolta da
questi ultimi dopo circa un anno, costringendo il Paese alle elezioni anticipate.
Le consultazioni, svolte nel dicembre 1995, portarono a una netta affermazione del
SPÖ del cancelliere Vranitzky e alla tenuta dei cattolici della ÖVP, invertendo
la deriva verso la destra ultranazionalista del Partito liberale. Nel giugno 1996
il Partito liberale uguagliò per la prima volta il SPÖ nel Parlamento europeo,
con sei seggi ciascuno. Nelle elezioni provinciali di ottobre, il Partito
liberale ottenne sette seggi nel Governo di Vienna, tradizionalmente roccaforte
socialista, il SPÖ nel perse 10 e la maggioranza assoluta, e due l'ÖVP. Il capo
del Governo Vratitsky rassegnò le dimissioni, chiedendo al suo partito di attuare
un forte rinnovamento. Nel gennaio 1997 fu sostituito dal ministro delle Finanze
Viktor Klima, abile negoziatore e artefice di un piano di austerità per quell'anno.
L'ascesa di Klima aprì anche prospettive di riavvicinamento tra il SPÖ e
il partito di Haider. Nel marzo 1998 Klima, in visita ufficiale in Israele,
promise di indennizzare le vittime del nazismo e riconobbe il ruolo dell'
A.
nel massacro di milioni di ebrei. In aprile il presidente Klestil fu confermato
nella carica e in luglio l'
A. ebbe la presidenza di turno dell'Unione europea.
Fedele alla propria politica di neutralità, durante la guerra in Jugoslavia nel
marzo-giugno 1999 l'
A. non concesse ai velivoli NATO il permesso di sorvolare il
proprio spazio aereo. In seguito alle elezioni locali del 7 marzo 1999 venne nominato
governatore della Carinzia Jörg Haider, leader dell'FPÖ. Con le elezioni
politiche del 3 dicembre 1999, che determinarono l'affermazione del partito di
Haider, si formò un Governo di coalizione (febbraio 2000) costituito dall'FPÖ
e dal Partito popolare (ÖVP), retto dal cancelliere Wolfgang Schüssel. Per la prima
volta dagli anni Settanta furono esclusi i socialdemocratici. La formazione di
questo Esecutivo provocò la sospensione delle relazioni diplomatiche con l'
A.
da parte dei Paesi membri dell'Unione europea. Nel settembre 2000 la Corte europea
dei diritti umani richiese la revoca delle sanzioni unilaterali verso l'
A.
Il 1° gennaio 2002 l'euro divenne moneta ufficiale del Paese. Nell'agosto
dello stesso anno forti inondazioni, dovute alle piogge torrenziali e al
successivo straripamento del Danubio, interessarono il Paese provocando
notevoli danni. In settembre vennero annunciate dal cancelliere austriaco le
dimissioni del Governo e la convocazione di elezioni anticipate dopo che tre esponenti
dell'Esecutivo provenenti dall'FPÖ si erano dimessi per il grave disaccordo con
i vertici del loro partito, e in particolare con il leader storico Haider.
Le elezioni anticipate per il rinnovo del Parlamento austriaco, tenutesi il 24
novembre 2002, decretarono il trionfo del Partito conservatore del cancelliere
austriaco uscente Schüssel (42% dei consensi) e consolidarono la sua posizione
alla guida del Paese, ridimensionando i liberal-populisti di Haider che, dal
27% dei consensi alle precedenti elezioni, crollarono al 10,1%. Le trattative per
la formazione del nuovo Esecutivo si protrassero fino a febbraio 2003 quando
Partito popolare e Partito liberale si accordarono per dar vita al nuovo Gabinetto
di destra. In settembre le elezioni regionali nell'Austria del Nord e nel
Tirolo segnarono una nuova dura sconfitta per l'FPÖ, che nel marzo 2004 ottenne
il 42,4% dei consensi in Carinzia. Le elezioni per il rinnovo del Parlamento
europeo (giugno 2004) premiarono il Partito socialdemocratico all'opposizione (SPÖ)
con il 33,5% dei voti, mentre il Partito popolare (ÖVP) di Schüssel si fermò al
32,7% e l'FPÖ di Haider perse due terzi dei voti rispetto a cinque anni prima.
In seguito alla morte del presidente austriaco Klestil (luglio 2004),
nel mese di aprile si tennero le elezioni presidenziali, che furono vinte dal
socialdemocratico Heinz Fischer. Nel maggio 2005, il Parlamento austriaco
ratificò la Costituzione europea. Da gennaio a luglio 2006 l'
A. assunse
la presidenza semestrale della Unione europea. Le elezioni politiche tenutesi
nell'ottobre 2006 furono vinte di misura dall'SPÖ, che ottenne 68 seggi contro
i 66 dell'ÖVP; ma uno scarto così limitato non permise ai socialdemocratici di
governare da soli. Alfred Gusenbauer, nominato primo ministro, ricevette l'incarico
di costituire l'Esecutivo.
L'impero austro-ungarico allo scoppio della prima guerra mondiale
Vienna: Il palazzo del Belvedere Superiore
Vienna: il museo di Storia naturale