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Astrazióne.

(dal latino abstractio). Atto dell'astrarre. Processo mediante il quale l'intelletto umano isola uno o più elementi, proprietà o relazioni di un oggetto in esame; si definisce a. anche il risultato di questo atto, consistente nel trarre l'universale dal particolare, ossia nell'apprendere ciò che è comune, essenziale, lasciando in disparte ciò che è particolare, singolare, accidentale. ║ Fare a.: prescindere da un argomento, tralasciare nell'esposizione. • Filos. - Già Platone poneva l'a. come una funzione della dialettica, che attuava la distinzione di un'idea dall'altra. Per Aristotele l'a. permetteva all'anima la conoscenza delle forme intelleggibili, fonti delle caratteristiche universali degli oggetti sensibili. San Tommaso d'Aquino definì l'a. come la facoltà di riconoscere negli oggetti reali (in re) gli universali, cioè i modelli delle cose presenti nell'intelletto divino (ante rem). La Scolastica distinse un'a. negativa, che definiva un oggetto in quanto privo di una determinata qualità, un'a. precisiva, che considerava una singola qualità dell'oggetto in esame prescindendo dalle altre, un'a. formale, che distingueva la forma determinante di un oggetto, e infine un'a. totale, per la quale una caratteristica comune a più oggetti ne definiva la loro essenza universale. Per Locke l'a. era la facoltà che permetteva il raggiungimento di un concetto di universalità, ricavato dall'atto di separare gli attributi propri a più oggetti da quelli propri a singoli oggetti. Con Hegel l'a. non fu più considerata l'atto del cogliere l'intellegibile nell'oggetto sensibile, ma quello di ridurre la materia fenomenica al suo concetto, cioè alla sua sostanza. • Mat. - Entificazione di classi di equivalenza ed entificazione di proprietà. Si tratta della rappresentazione di ciò che accomuna tutti gli elementi di una classe considerata, come, ad esempio, il punto all'infinito di una retta rappresenta l'elemento comune di tutte le rette parallele alla retta data, cioè la direzione.