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CULTURA - ARTE - L'ALTO MEDIOEVO

I LONGOBARDI IN ITALIA

Un episodio fondamentale nella storia d'Italia, che segna una svolta tra antichità e medioevo, è costituito dall'invasione longobarda.
I Longobardi erano una popolazione di origine germanica che, discesa lungo l'Elba, si attestò per alcuni anni in Pannonia. A causa della pressione degli Unni si mossero il giorno di Pasqua del 568, guidati dal re Alboino, verso l'Italia.
Penetrarono da oriente in Friuli, dove fondarono il primo ducato con capitale Cividale (l'antica Forum Julii), e dilagarono nella pianura Padana.
Conquistata Milano, espugnarono dopo un tenace assedio Pavia (572), che eressero a loro capitale. Discendendo verso sud trovarono resistenze in Liguria (che controllarono dal VII sec.), in Romagna (la zona di Ravenna, detta esarcato) e nel Lazio, che rimase stretto attorno al vescovo di Roma. Fondarono quindi il ducato di Spoleto e quello di Benevento.
I Longobardi si sostituirono drammaticamente ai possidenti romani, che vennero uccisi o furono costretti a rifugiarsi a Ravenna. La loro professione di fede ariana li mise in contrasto anche con la popolazione locale. La conversione al cattolicesimo fu lunga e complessa e poté dirsi conclusa solo con l'età di Liutprando (712-744).
Iniziatrice di questo faticoso processo di mutamento, non solo religioso ma soprattutto culturale, fu la regina Teodolinda, sposa prima di Autari e poi di Agilulfo, che fondò a Monza una basilica dedicata a San Giovanni Battista, dotandola di un importantissimo tesoro di oggetti liturgici, ed intrattenne rapporti amichevoli con papa Gregorio Magno.
Le caratteristiche di popolazione nomade costrinsero i Longobardi a rivolgersi prevalentemente ai locali per quanto riguardava l'attività edilizia, mentre sfruttarono le loro abilità artigianali per lavorare i metalli preziosi, ricavandone gioielli decorati con il tipico repertorio astratto di tradizione nordica (come testimoniano i numerosi rinvenimenti in tombe).
La capitale Pavia conserva un ricco nucleo di sculture di età longobarda, tra le quali meritano particolare attenzione i plutei (lastre di recinzione presbiteriale) provenienti dall'oratorio di S. Maria Teodote, già creduti parte del sarcofago della nobile fanciulla Teodote, ricordata da Paolo Diacono nella sua opera fondamentale sulla storia dei Longobardi. Questi presentano un rilievo assai basso e figurazioni di draghi alati e pavoni (inizio VIII sec.).
Molto importanti sono anche i manufatti cividalesi, tra cui l'altare donato dal duca Ratchis alla chiesa di S. Giovanni Battista in ricordo del padre. Si tratta di un altare-reliquiario, di forma parallelepipeda, che presenta sulla fronte «Cristo in gloria» sorretto da angeli in volo; ai lati sono la «Visitazione» e l'«Adorazione dei Magi». Le figure tendono ad occupare interamente lo spazio in un'interpretazione sostanzialmente pittorica che richiama la libertà e la scioltezza stilistiche di elementi puramente ornamentali. Esse presentano forme sommarie e proporzioni alterate, che portano agli estremi sviluppi il processo di schematizzazione iniziatosi nella tarda antichità.
Due nuclei estremamente problematici restano le chiese di S. Maria «foris portas» a Castelseprio e di S. Maria in Valle a Cividale.
La struttura della prima, con pianta a trifoglio, è stata variamente interpretata e datata tra VI e XI sec. Presenta un'estesa decorazione ad affresco sulle pareti dell'abside est, che illustra con vivace piglio narrativo storie dell'infanzia di Cristo.
La seconda ha il suo punto di maggiore interesse nella successione di sante in stucco (versione povera della scultura in marmo) che decorano il registro alto dell'abside.
Il duomo di Monza fondato da Teodolinda

IL PERIODO CAROLINGIO

Mentre l'Italia veniva invasa dai Longobardi, la Spagna vedeva l'affermarsi del dominio visigoto, e la Gallia (attuale Francia) quello dei Franchi, prima popolazione barbarica a convertirsi al cattolicesimo.
Assai rare sono le testimonianze che ci rimangono di queste popolazioni.
I Visigoti dovettero cedere all'inizio dell'VIII sec. alla conquista araba, e pochi edifici di età precedente sono sopravvissuti (ad esempio le chiese di S. Juan Bautista de Baònos nella provincia di Valencia, 661; S. Pedro de la Nave, nella provincia di Zamora, e quella di Quintanilla de las Viònas, nella provincia di Burgos).
La chiesa di Quintanilla presenta in particolare un'importante decorazione scolpita che manifesta rapporti con la contemporanea scultura cividalese.
Per quanto riguarda le oreficerie, possono essere ricordate le corone votive rinvenute nel tesoro di Guarrazar, una delle quali fu offerta da re Recesvindo. La tecnica, a «cloisonné», cioè a campi rilevati (alveoli) riempiti con smalti policromi, esalta la preziosità dell'oggetto sottolineandone la vividezza e la brillantezza dei colori.
Nel territorio franco possono essere ricordati il battistero Saint-Jean e l'ipogeo delle Dune di Poitiers.

I VISIGOTI E I FRANCHI

Nel 774 il papa chiama i Franchi di Carlo Magno contro i Longobardi di re Desiderio, che vengono sconfitti alle Chiuse di S. Michele in Val di Susa.
Il regno si sfalda rapidamente e sopravvive solo il ducato di Benevento, che nell'occasione si autopromuove a principato.
L'Italia è così assorbita nell'Europa carolingia.
Carlo Magno non dispone di una capitale fissa, ma ama risiedere ad Aquisgrana, dove possiede un palazzo e fa erigere una cappella (la cosiddetta Cappella Palatina).
Nel monumento vengono ripresi non solo gli schemi formali della classicità (come la pianta centrale), ma i materiali stessi (si ha notizia dello spoglio degli edifici di Ravenna per decorare la cappella).
La corte di cui si circonda il sovrano è costituita da uomini colti e raffinati come Alcuino di York, rappresentante di un'élite culturale che sosteneva una ripresa dei canoni classici (ne è un esempio la scrittura carolina).
Tra le riforme più significative spicca quella dell'organizzazione dei sacerdoti, per i quali si prescrive una vita comunitaria.
Di grande valore documentario è la pianta (progetto mai eseguito) dell'abbazia di San Gallo, in Svizzera.
Anche in Italia si conservano importanti monumenti di età carolingia.
L'altare d'oro della basilica di Sant'Ambrogio, eseguito dall'orefice Vuolvinio nella prima metà del IX sec. per committenza del vescovo Angilberto II, è l'unica testimonianza superstite di tali manufatti dell'alto Medioevo.
Si tratta di una cassa reliquiario, priva di fondo e coperchio, su scocca lignea ricoperta di lamina d'argento, con smalti e pietre preziose incastonate. Sulla fronte è rappresentato Cristo in maestà, ai lati del quale si svolgono episodi del Nuovo Testamento; sulla parte posteriore sono formelle che narrano momenti della vita di Sant'Ambrogio (in una il vescovo incorona l'artista).
Caratteristica di quest'epoca è la diffusione di oggetti di grande valore (preziosi anche per il materiale stesso impiegato), in particolare avori e gemme.