(dal greco
armonía: collegamento). Consonanza
di voci o di strumenti musicali; combinazione di accordi che produce
un'impressione gradevole all'orecchio. ║ Per estens. - Accostamento
piacevole delle parole in una poesia o in un brano in prosa. ║
Corrispondenza delle parti col tutto; accordo di più elementi tra loro.
║ Fig. - Corrispondenza di idee, di sentimenti tra più persone.
• Fil. - Nel pensiero greco grande importanza
assunse il termine
a., con riferimento alle speculazioni cosmogoniche e
cosmologiche dei presocratici. Gli esponenti della scuola pitagorica (VI sec.
a.C.) ricavarono dalla scienza armonica, fondata sulla divisione aritmetica
dell'unica corda dello strumento detto
monocordo, una concezione armonica
dell'universo, uno schema di interpretazione razionale della natura. ║
A. prestabilita: secondo Leibniz, legge fondamentale di organizzazione
del mondo dipendente dal fatto che le
monadi non interferiscono tra loro
ma si sviluppano parallelamente, conservando un mutuo rapporto che rimane
costante perché regolato una volta per sempre dalla divinità.
Così si spiega il rapporto tra anima e corpo (
res cogitans e
res extensa). Mentre nell'occasionalismo è necessario l'intervento
diretto e la presenza di Dio, qui basta un solo miracoloso intervento iniziale.
• Mus. - Tecnica della combinazione simultanea
di più suoni diversi per la formazione degli accordi.
Nell'antichità classica si conoscevano le consonanze, a cui i Greci
davano il nome di
sinfonie, l'intervallo di ottava, che era detto
antifonia, e altri intervalli; queste combinazioni, tuttavia, sebbene
utilizzate nella pratica, non vennero teoricamente codificate. Durante il
Medioevo, fu avviata una certa conoscenza armonistica, basata soprattutto
sull'andamento delle varie voci e sui risultati delle loro combinazioni nella
consuetudine polifonica del tempo. Verso la metà del IX sec. il teorico
Scoto Eriugena descrisse l'
organum, un modo di polifonia in cui le voci
ora si allontanavano fra loro, ora coincidevano in intervalli consonanti o
all'unisono. Dopo di lui il monaco benedettino Ubaldo di Saint Amand, in una
delle sue opere
Musica Enchiriadis, trasformò l'
organum
(detto anche
diaphonia) in un movimento a quarte e quinte parallele.
Più tardi, con il
falso bordone, si sostituirono alle quinte
parallele le seste e le terze, dando luogo a quelli che vengono attualmente
definiti accordi perfetti di tre suoni (
triadi). Con il
discantus
si giunse al principio del moto contrario che, richiamando l'attenzione
unicamente sul movimento delle voci (movimento orizzontale) anziché sulla
combinazione dei suoni (struttura verticale), ritardò di secoli
l'individuazione dei principi armonici. Soltanto verso la metà del XVI
sec. si fece luce il vero concetto di
a., attraverso l'osservazione e
l'analisi del veneziano G. Zarlino (1517-1590), famoso contrappuntista e teorico
musicale. Nel suo trattato
Le istitutioni harmoniche (1558) Zarlino,
mediante indagini di carattere acustico sulla misurazione degli intervalli e dei
suoni armonici derivati da un suono fondamentale, dimostrò come si
generavano l'accordo maggiore e il suo relativo minore. Tuttavia solo più
tardi, nel XIX sec., si comprese la portata della teoria di Zarlino. Nel
frattempo, infatti, era tornato in auge lo studio degli antichi. Già
Zarlino e altri avevano preso in considerazione le divisioni dei tetracordi di
Tolomeo e, proprio rifacendosi a queste premesse, Zarlino era arrivato alla sua
individuazione degli accordi maggiore e minore. Ora i compositori volevano
risuscitare anche gli antichi generi
cromatico ed
enarmonico
(quest'ultimo comportava la suddivisione in quarti di tono). Nel pieno
Cinquecento divennero famosi in questo genere Nicola Vicentino, Cipriano de
Rore, Luca Marenzio e il principe Gesualdo da Venosa. Questa nuova fioritura del
genere cromatico svincolò felicemente la musica dalle troppo rigide
regole del genere diatonico cui era stata fino allora costretta. Si
incominciò così a servirsi liberamente di suoni alterati, di tutti
gli intervalli, di ardite combinazioni e concatenazioni di accordi. Di
conseguenza il tessuto musicale si venne arricchendo di effetti armonici densi
di espressione. Neppure queste conquiste armoniche, già utilizzate nella
pratica, trovarono però un ordinamento teorico. Dopo un periodo di
splendore, il genere cromatico andò tramontando e nella musica si
affermò una nuova tendenza, quella di porre in rilievo una voce nei
confronti delle altre, la
monodia accompagnata. In quel periodo l'uso del
basso continuo, con il compito di sostenere armonicamente la linea
melodica, mise in evidenza il genere dell'accordo nelle varie successioni,
ritardando però l'evolversi della teoria armonica di Zarlino nella linea
da lui tracciata. Infatti il problema centrale sembrava diventato quello di
concertare i vari strumenti con i solisti. Finalmente nel 1722 fu pubblicato il
primo vero trattato di
a.,
Traité de l'harmonie réduite
à ses principes naturels di J.Ph. Rameau. Dal sorgere della monodia
accompagnata in poi, si può dire che l'
a. abbia assunto il ruolo
di base e di struttura che sostiene lo svolgimento melodico nelle sue varie
forme ed espressioni. Nel XIX sec. l'indagine sull'
a. ebbe un grande
sviluppo attraverso la progressiva utilizzazione di accordi di grande
estensione, con il ricorso ad alterazioni cromatiche, fondendo i modi maggiore e
minore. La crisi del sistema armonico tradizionale avviata dalla musica
tardo-romantica e dalle esperienze compositive del primo Novecento (accordi
paralleli, accordi per quarte, politonalità), venne ulteriormente
accresciuta dalla musica atonale e dalla musica dodecafonica le quali,
stabilendo un libero uso delle funzioni armoniche, ne hanno radicalmente
cambiato le caratteristiche e il significato.