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Arianesimo.

Eresia cristologica e trinitaria diffusasi a partire dal IV sec. per la predicazione del prete alessandrino Ario (V.) e dei suoi seguaci. Il punto centrale dell'a. era la negazione della natura divina di Cristo e della sua uguaglianza con il Padre. A Nicea, il primo Concilio ecumenico (325), convocato dall'imperatore Costantino, respinse la dottrina di Ario e redasse un simbolo, o professione di fede che definì la fede cristiana. In esso si dichiarava che Gesù, figlio unigenito di Dio, era "generato, non creato, della stessa sostanza del Padre, per mezzo quale tutte le cose sono state create". In seguito al Concilio di Nicea Ario e altri vescovi suoi seguaci, come Eusebio di Nicomedia, furono condannati; tuttavia la controversia ariana perdurò a lungo, intrecciandosi alle tendenze e agli interessi politici degli imperatori, che appoggiarono ora la posizione ortodossa, ora quella ariana. In particolare gli ariani riuscirono a imporsi per qualche tempo sostenuti dall'imperatore d'Oriente Costanzo II (337-361), che iniziò la persecuzione degli ortodossi. La reazione degli ortodossi contro i negatori della fede di Nicea si intensificò soprattutto dopo l'editto di Teodosio (380) che fece progressivamente sparire l'a. dall'Impero sia occidentale che orientale. L'eresia si diffuse in seguito tra i popoli barbarici, in particolare tra i Goti, i Vandali, i Visigoti i Longobardi. Sconfitto con la vittoria dei Franchi, alleati del papato e dell'episcopato, l'a. riemerse anche se sotto forme diverse, al tempo della Riforma, in tendenze antitrinitarie e neoariane.