Stats Tweet

Argenterìa.

L'insieme degli oggetti d'argento che si trovano in una casa e che fanno parte di un patrimonio familiare, oppure che si trovano in un negozio e in questo caso fanno parte del suo rifornimento. Tra questi oggetti rientrano in particolare le posate, i piatti, le teiere, le caffettiere e tutte le altre suppellettili usate sulla tavola da pranzo. Fanno anche parte dell'a. i candelabri, i vasi da fiori, i posacenere, gli accendisigari da tavolo, le scatole da sigarette, le cornici per fotografie, i portadolci e altri tipi di soprammobili più o meno elaborati. Ne sono esclusi invece gli ornamenti femminili (e non), tra cui gli anelli, le collane, le spille, i pendenti e simili che, anche se d'argento, costituiscono la chincaglieria (V.), unitamente ad altri oggetti piccoli e di scarso valore. Dall'a. sono esclusi anche gli oggetti di metallo argentato. L'argento usato per le suppellettili non è mai puro. Questo dipende dal fatto che si tratta di un metallo non sufficientemente duro (alla scala di Mohs presenta una durezza pari a 2,5/3). Quindi ci si avvale di una lega costituita da argento e da un altro metallo, quasi sempre il rame. In questo caso l'aggiunta di rame non deve essere inferiore a un tasso del 100 per mille - la lega non risulterebbe, altrimenti, abbastanza consistente - ma nemmeno superiore al 200 per mille perché, in tal caso, la lega diverrebbe più dura di quanto conviene. Inoltre, nel caso in cui il rame fosse presente nella lega d'argento in quantità superiore ai due terzi, il metallo così ottenuto presenterebbe una colorazione leggermente rosata, sufficiente a denunciare la carenza del metallo pregiato. Al di sotto di detta proporzione la lega conserva, praticamente, lo stesso colore dell'argento puro, cioè quella gradazione del bianco che è caratteristica di questo metallo. Sotto l'aspetto della sua lavorabilità l'argento presenta notevoli affinità con l'oro, soprattutto per quanto concerne la malleabilità, la duttilità, nonché il punto di fusione, che è di poco inferiore a quello dell'oro (960,5°C). Per tale motivo, le leghe d'argento per la fabbricazione di oggetti vari vengono generalmente lavorate dagli stessi specialisti e negli stessi laboratori dove si manipola il re dei metalli. Certe suppellettili, come le posate, possono anche essere prodotte industrialmente mediante la tecnica di stampaggio ad alta fusione. Nei laboratori artigianali, invece, si ricorre alla "colata in stampo" che, naturalmente, valorizza maggiormente la posateria. Per la lavorazione del vasellame non si parte, di norma, dal lingotto d'argento o, meglio, dal lingotto delle sue leghe, ma da una lastra formata dalle leghe stesse. Tali lastre vengono normalmente fornite all'argentiere dai fonditori che le preparano in spessori diversi a seconda della richiesta. Dagli operai specializzati la lastra, scelta del conveniente spessore, può essere lavorata a mano oppure, per la produzione in piccola o grande serie, lavorata al tornio. Quest'ultimo procedimento permette di foggiare la lastra nelle forme più varie. In ogni caso, la lastra deve essere prima tagliata e, nel caso della lavorazione a mano, anche curvata ed eventualmente saldata. Molto spesso, poi, il vasellame viene finito a "sbalzo", ovvero deformando il metallo secondo disegni prestabiliti e martellandolo su quella che diverrà la faccia interna dell'oggetto. Nella lavorazione a sbalzo si ricorre quasi sempre alla "percussione indiretta" sul tipo di quella usata nei pianoforti per percuotere le corde con martelletti comandati da una serie di leve. Un'altra particolare operazione cui possono essere soggetti i pezzi di a. è il "cesello", una caratteristica decorazione che completa la finitura dell'oggetto. Per mezzo di appositi scalpelli o di bulini viene tolta, sempre secondo un disegno prestabilito, parte della superficie esterna o, meglio, dello spessore della lastra in lavorazione. • St. - L'argento, come metallo, era già conosciuto in epoca protostorica. Pare che gli Assiro-Babilonesi possedessero, già nel 2000 a.C., miniere di piombo dalle quali essi ricavavano anche notevolissime quantità d'argento tanto che, a quanto risulta, il sovrano Siniqisam avrebbe fatto costruire, intorno al 2170 a.C., ben 11 statue d'argento (e una d'oro) per decorare alcuni templi. Gli antichi Egizi all'argento preferivano l'oro, tant'è vero che gli oggetti d'argento venuti alla luce nelle tombe dei faraoni erano stati importati in Egitto da altri Paesi. Gli Ebrei furono degli specialisti nella metallurgia dell'argento, così come lo furono anche i Greci - Omero ed Esiodo accennarono spesso a impugnature di spade, scudi e altri oggetti in argento massiccio - ma, data la grande abbondanza di questo metallo a quei tempi, esso non era particolarmente apprezzato. Tuttavia, Atene dovette proprio all'argento, di cui possedeva inesauribili miniere, gran parte della sua preminenza politica e finanziaria. I Romani coniarono le loro prime monete d'argento cinque anni prima dello scoppio della prima guerra punica (264 a.C.). Tra i secc. X e XVI vennero valorizzati importanti giacimenti argentiferi di vari Paesi europei (Boemia, Sassonia, Ungheria, Francia, Inghilterra) ma fu la scoperta dell'America a far aumentare notevolmente la produzione dell'argento, abbondantissimo specialmente nel Messico e nel Perù. Ancor oggi il Messico produce circa un terzo di tutto l'argento mondiale. Quanto alla produzione di oggetti d'argento, pare che essa sia stata preceduta, di secoli forse, da quella dei manufatti d'oro. Tuttavia è possibile che anche in tempi antichissimi si costruissero oggetti d'argento legato con il rame (cioè con qualcuna delle sue leghe) ma essi non sono pervenuti fino a noi, a causa della minor durata di tali leghe che, al contatto con l'atmosfera, si ossidano rapidamente raggiungendo talvolta la totale distruzione. Questa ipotesi troverebbe conferma nel ritrovamento, da parte di Heinrich Schliemann, di resti di oggetti d'argento negli scavi dell'antichissima città da lui ritenuta la Troia di Omero. Oggetti in parte distrutti furono anche scoperti negli scavi archeologici dell'area micenea. Negli stessi scavi furono trovati anche oggetti d'oro perfettamente conservati, dato che l'oro - come d'altronde anche l'argento allo stato puro - è inalterabile dagli agenti atmosferici. Oggetti d'argento ben conservati furono rinvenuti proprio a Micene e furono fatti risalire al XV o al XVI sec. a.C. L'arte argentaria cominciò a fiorire in Atene dopo la scoperta della ricchissima miniera di Laurion, nel V. sec. a.C., ma durò soltanto fino all'esaurimento di quella miniera. Alla conquista della Grecia, nel II sec. a.C., i Romani, pur trovando ben poco argento, poterono apprendere l'arte della sua lavorazione dai numerosi argentieri che ancora vivevano in Grecia. In tal modo si ebbe anche a Roma un'a. di un certo valore artistico. Al museo del Louvre, a Parigi, sono conservati vari argenti di produzione romana; si tratta degli oggetti che facevano parte del "tesoro di Boscoreale". Nei musei di Berlino si trovano invece i preziosi pezzi del servizio da tavola di età augustea, derivati dal cosiddetto "tesoro di Hildesheim". Pure al Louvre sono conservati i vasi votivi delle Aquae Apollinares e gli argenti del "tesoro di Berthonville" che risalgono al II sec. d.C. In quelle epoche l'argento era lavorato dagli orafi, che tuttavia non gli attribuivano molta importanza anche perché non era molto apprezzato, pur essendo metallo piuttosto raro, dalla loro clientela, che preferiva di gran lunga l'oro. Probabilmente, sul gusto del pubblico influì in una certa misura anche il tipo di lavorazione, notevolmente diversa da quella in uso oggi. Si deve tener presente che uno dei maggiori pregi dell'argento è dato da quei riflessi che appaiono soprattutto nelle parti "nude" dell'oggetto, riflessi che tendono a scomparire nelle decorazioni in rilievo o in "incavo"; inoltre tale effetto risulta più evidente sul "massiccio" o sulla lastra di un certo spessore. Gli argentieri greci e romani cercavano spesso di risparmiare quanto più metallo possibile, data la scarsità dello stesso sul mercato. Secondariamente essi eccedevano nella decorazione che, pur mettendo in evidenza la loro abilità di sbalzatori o di cesellatori, riduceva al minimo le superfici piane, quelle appunto dove la luce appare in tutta la sua bellezza. Da ciò si può facilmente desumere che l'arte argentaria entrò in una fase di produzione qualitativamente più apprezzabile solo quando la disponibilità del metallo aumentò notevolmente; ossia dopo la scoperta dell'America. Ma questa ebbe come effetto anche la rapida immissione nel mercato europeo di enormi quantità di argento - il metallo era usato soprattutto per coniare monete - che causarono una notevole svalutazione dello stesso. Per di più molti Paesi europei limitarono, con apposite leggi, la produzione dell'a., temendo che l'uso del metallo per tale impiego portasse, prima o poi, alla fuga dell'argento necessario alle zecche. Nel XVI sec. numerosi Stati imposero agli argentieri l'uso di leghe d'argento a titolo molto alto, al fine di evitare l'esodo del metallo dalla specie monetaria alle manifatture. Tali restrizioni - e altre ancora - ebbero come conseguenza la difficoltà di produrre oggetti di uso pratico e di costo non eccessivamente alto. D'altro canto, esse ebbero però un importantissimo effetto sulle qualità artistiche dei prodotti. Infatti, l'uso di lastre d'argento a 925 mm facilita la lavorazione della lega ma la rende meno solida; perciò gli argentieri furono costretti a ricorrere a lastre di spessore notevole e scegliere forme più resistenti agli urti, limitando altresì le decorazioni - i fregi si logorano più facilmente delle parti nude - e scegliendo sagome meno elaborate, più semplici e, forse per questo, di maggior effetto. Anche l'obbligo da parte degli argentieri di applicare il "marchio legale" su tutti i manufatti d'argento aprì un nuovo capitolo nella storia dell'arte argentaria, favorendo la diffusione dell'a. in una società che si andava sempre più raffinando. Anche se lo scopo ufficiale era quello di evitare l'uso di argento monetario, il marchio dava un'ottima garanzia alla clientela. Fin dai tempi antichi l'a. fu una prerogativa delle famiglie ricche o addirittura molto ricche. All'epoca romana, per esempio, potevano far sfoggio di posate, piatti, vasi d'argento soltanto personaggi come Lucullo, Silla, Giulio Cesare, Verre, che si possono definire addirittura "collezionisti" d'a. d'autore. Oltre che presso i privati ricchissimi l'a. appariva nei templi sotto forma di oggetti votivi. Anche con il Cristianesimo si ebbe una grande diffusione dell'a., specialmente durante e dopo il IV sec.; molti pezzi attualmente conservati nei musei sono proprio calici e ostensori, usati nella celebrazione della Messa; ma, nonostante la Chiesa si servisse abbondantemente di argentieri, nel VI sec. l'arte dell'argento conobbe in Italia un grande decadimento mentre, al contrario, essa andava sempre più sviluppandosi nelle province orientali dell'Impero, dove l'argento costava meno, data la maggior vicinanza delle sue fonti asiatiche. Certamente larga diffusione ebbe l'arte argentaria bizantina, ma pochissime sono le testimonianze in proposito pervenute fino a noi. Eppure si sa con certezza che essa eccelleva, anche perché grandemente influenzata dai maestri persiani, insuperabili nell'arte orafa e in quella dell'argento. Lo dimostrano vari oggetti conservati nel Museo archeologico di Teheran. Ma la Persia esercitò la sua influenza sull'arte argentaria europea anche in altre epoche e specialmente tra il XIII e il XIV sec., attraverso la Palestina, la Sicilia e la Spagna. Nel Medioevo l'a. ebbe molti cultori in Europa: fra questi anche Carlo Magno, il quale collezionava suppellettili d'argento e possedeva, a quanto si dice, anche due tavole da pranzo in argento massiccio. Intorno ai secc. X e XI nacque la moda degli altari d'argento; celebre fu quello di Sant'Ambrogio a Milano (oro e argento), ma si hanno notizie anche di altri altari d'argento costruiti in Italia e oggi scomparsi. Verso il 1200, si ebbe una buona fioritura anche in Germania, mentre a Venezia nasceva un'a. di tradizione bizantina, oltre che di influenza musulmana. Come nella bassa romanità, anche nel Medioevo si erano prodotti per lo più oggetti d'argento sbalzato in lamina di scarso spessore e solo durante il XII e il XIII sec. si cominciò a lavorare l'argento massiccio (celebre l'Arca dei Re Magi del Duomo di Colonia, vera scultura in argento con figure di apostoli e di profeti). Col Gotico fiorito si ebbero argenti, soprattutto destinati a uso liturgico, i cui moduli erano decisamente architettonici, specialmente in Francia e in Inghilterra; la moda di tali costruzioni quasi "monumentali" in argento massiccio perdurò anche qualche tempo dopo l'introduzione delle nuove fogge del Rinascimento italiano. In Spagna l'a. era molto elaborata durante i secc. XIV e XV. Un esempio è costituito dalla brocca d'argento conservata al Victoria and Albert Museum di Londra dove si trova anche una bellissima coppa realizzata dagli orafi di Norimberga attorno al 1572. Con l'abbondanza d'argento introdotto dalla Spagna in Europa, l'arte argentaria godette di un grande sviluppo che raggiunse le massime proporzioni verso la fine del Seicento e nel Settecento. Lo svilimento del metallo bianco rispetto all'oro, a causa dell'inflazione, fece sì che gli orafi non si degnassero più di lavorarlo e si ebbero quindi degli "argentieri puri" che si dedicarono esclusivamente alla produzione di un'a. ricca di espressioni artistiche confrontabili soltanto con quelle del miglior periodo della similare arte iranica. All'Inghilterra spetta il primato della miglior produzione argentiera europea, grazie soprattutto all'immigrazione in quel Paese di provetti artigiani francesi, costretti a lasciare la Francia in seguito alla persecuzione contro gli Ugonotti; fra questi, il più abile fu certamente Paul de Lameir, nel 1712 maestro riconosciuto della Goldsmiths Company di Londra. Ma molti altri notevoli argentieri francesi contribuirono ad arricchire quella tradizione inglese che ormai stava invecchiando. Essi importarono in Gran Bretagna nuove tecniche di lavorazione e nuovi moduli stilistici, che subirono poi un sostanziale rinnovamento per merito dei fratelli Adam. Questi artisti introdussero nell'a. i motivi decorativi greco-romani elaborati dal Piranesi e da altri artigiani dell'epoca, rendendoli consoni al gusto inglese. Intorno alla metà del Settecento si formò dunque l'Adam style, prettamente britannico, dal quale derivò lo "stile coloniale" diffuso nel Nord-America dagli artigiani che, nei nuovi territori, lavoravano l'argento. Uno degli esponenti di questo stile fu Paul Revère, la cui produzione è considerata fra le più eleganti di tutti i tempi. Nell'Ottocento l'a. europea si mantenne su un buon livello fino alla fine del periodo legato allo "stile Luigi Filippo"; ma col Secondo Impero cominciò a decadere e attraversò una fase tra le meno felici di tutta la sua storia. Al decadimento contribuì, almeno parzialmente, la cosiddetta produzione in serie, anche perché per la lavorazione si ricorreva a lamine eccessivamente sottili che non permettevano all'argento di esprimere il carattere più individuale della sua natura, quella famosa "luce vellutata" che non si riscontra in nessun altro metallo. Nella serie la leggerezza della lamina era compensata con un'anima di legno o di uno speciale mastice: in tal modo, sia le suppellettili, sia gli altri oggetti decorativi non avevano praticamente sostanza. Questo stato di cose si protrasse fino a tutto il periodo floreale e oltre. Soltanto negli ultimi decenni l'a., e particolarmente quelle da tavola, è ritornata all'uso di materiale massiccio, anche nella produzione industriale. Accanto a splendide imitazioni dei modelli del XVIII sec., oggi anche troppo standardizzate, si producono oggetti di linea modernissima - specialmente nella posateria, nei soprammobili e nei servizi da fumo - che mettono in risalto magnificamente i riflessi vellutati dell'argento. Si noti poi che se un tempo l'a. era appannaggio soltanto dei ricchi, oggi essa vede senza dubbio una maggiore diffusione. Non di rado sono stati creati oggetti in argento e cristallo: i due materiali legano perfettamente fra loro. L'argento e le sue leghe, esposti all'aria, soffrono dell'umidità e si ossidano facilmente. Sulle a. si forma una patina scura di solfuro d'argento che, oltre a privare il metallo del suo colore naturale, lo danneggia; devono quindi essere periodicamente pulite.