Poeta greco. Figlio di un nobile e di una schiava tracia,
divenne soldato mercenario per guadagnarsi da vivere. Peregrinò a lungo e
morì in battaglia combattendo contro i soldati di Nasso. Della sua
produzione restano circa 300 frammenti: componimenti in metro elegiaco, trimetri
giambici, tetrametri trocaici e strofe di vario genere. Nelle opere di
A.
è possibile cogliere numerosi riferimenti alle vicende personali e
soprattutto alle imprese di combattente e all'amore per Neobule, che gli era
stata promessa in sposa, e quindi negata, dal padre Licambe. Per gli antichi
A. ebbe fama di violento e venne considerato il poeta dell'ira (Orazio
parla di
rabies archilochea): famosi sono i suoi versi di aggressivo
scherno e gli epiteti ingiuriosi in giambi, rivolti contro il padre della donna
amata. L'altro aspetto che rese famoso il poeta è quello amoroso che
ispirò opere di valore:
A. canta la bellezza e la grazia di
Neobule e dà sfogo alla sua delusione per il rifiuto subito. Fra i
componimenti di
A. risultano inoltre di grande interesse gli inni cantati
a Olimpia per le vittorie riportate durante i giochi e i carmi che vedono gli
animali (la scimmia, la volpe astuta, l'aquila) come protagonisti (Paro VII sec.
a.C.).