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Archivio.

Raccolta organica di atti e documenti pubblici o privati. La consuetudine di raccogliere e ordinare i documenti ebbe inizio quando gli atti scritti cominciarono a sostituire quelli verbali. Le prime raccolte ordinate di documenti si riferiscono agli antichi regni medio-orientali e risalgono al I millennio a.C. I luoghi in cui venivano conservati tali documenti, scritti su tavolette di argilla, erano generalmente i templi. Anche nell'antica Grecia gli a. si trovavano in alcuni templi come quello ateniese di Minerva, dapprima sotto la custodia dell'Areopago, poi a partire dal 461 a.C., sotto quella dei sette "custodi delle leggi". Il primo vero e proprio a. greco si costituì solo nel secolo successivo ed ebbe sede nel tempio di Cibele, il Metroon. Gli a. cominciarono ad avere maggiore diffusione in età ellenistica; il loro significativo potenziamento in tutti i Paesi del Medio Oriente coincise con l'assoggettamento di quelle regioni al dominio di Roma. Anche i primi a. romani ebbero sede presso i templi e furono detti dapprima sacrarium, poi tabularium e infine archivium. Posti inizialmente sotto la direzione dei sacerdoti, passarono successivamente sotto la responsabilità dei censori, poi dei questori e, infine, in età imperiale dei prefetti. Nel 78 a.C. il console Quinto Lutazio Catulo fece costruire sul Campidoglio il primo edificio (Tabularium) destinato ad a. In età imperiale si ebbe un notevole incremento degli a. sia a Roma, dove fu costruito sul Palatino l'a. imperiale (Tabularium princeps) sia nelle province (ogni provincia ne ebbe uno). Essi risultavano divisi in quattro sezioni: memorie, epistole, libelli, deliberazioni. Inoltre, accanto a questi a. pubblici, si costituirono numerosi a. privati, dove venivano conservati molti documenti politici. In seguito alle invasioni barbariche, la maggior parte degli a. andò distrutta e la loro organizzazione fu gravemente danneggiata, quando non interrotta. Tra il VI e il IX sec., le condizioni dell'Europa non erano tali da consentire un'intensa attività teoretica, né tantomeno poteva essere avvertita l'esigenza di ordinare e raccogliere i documenti, il cui numero, d'altra parte, si era notevolmente assottigliato anche in seguito al progressivo venir meno dell'uso della scrittura. Il temporaneo risveglio d'interesse per la cultura in coincidenza con l'età di Carlo Magno, consentì di organizzare nuovi a. imperiali ad Aquisgrana, ma si trattò di una reviviscenza episodica. Nei secc. X e XI nuove incursioni barbariche, dei Normanni nel Nord e degli Unni a Est, minacciarono nuovamente di ridurre l'Europa in uno stato di completa anarchia e, fino agli ultimi anni dell'XI sec., quando divampò l'aspro conflitto tra l'autorità spirituale e il potere temporale, non vi fu alcun autentico confronto di idee né dibattito politico. Di conseguenza fu assai poco avvertita l'esigenza di conservare e ordinare i documenti da parte dell'autorità civile. Questo fenomeno regressivo fu anche dovuto alla crisi profonda che investì in pieno i centri del potere politico ed economico, provocando una sensibile contrazione degli organismi del governo feudale a dimensioni spesso corrispondenti a quelle, assai anguste, del villaggio. D'altronde, alla decadenza degli a. imperiali e di quelli civili in genere, di cui pressoché niente è rimasto, si contrappose il ruolo crescente, per dimensioni e per importanza, degli a. monastici e di quelli vescovili, molti dei quali sono giunti sino a noi integralmente, sorti per conservare la documentazione relativa ai beni immobili della comunità ecclesiastica e della mensa vescovile. Il declino di questa fase coincise con la nascita dei Comuni nel XII sec. In età comunale, infatti, anche la tradizione archivistica civile registrò una notevole ripresa. All'inizio, i documenti più importanti del Comune venivano generalmente custoditi in un apposito mobile a ripiani (armarium) posto nella sacrestia della cattedrale. Solo più tardi gli a. vennero trasferiti in un'apposita sala del palazzo comunale e ordinati con maggiore cura. Col sorgere delle Signorie, l'attività di archiviazione venne riducendosi e, inoltre, la parte politicamente più importante degli a. venne resa segreta. In età rinascimentale cominciò a essere attribuita grande importanza allo studio dei documenti per fini storiografici e pertanto vennero fondati appositi istituti per la conservazione di tali documenti. Nel corso del XVI sec. grandi a. furono istituiti ad opera di Massimiliano d'Asburgo, Carlo V di Spagna ed Elisabetta d'Inghilterra, che nel 1578 istituì lo State Papers Office. Ebbe inoltre inizio la sistemazione degli a. vaticani e al 1591 risale la fondazione dell'A. di Castel Sant'Angelo, promossa da Papa Clemente VIII. In tutta Europa, con la formazione dei nuovi Stati Nazionali, anche gli a. ricevettero una più organica sistemazione. Nel corso del Settecento, mentre si costituivano grandi a. come quello creato da Maria Teresa d'Austria nel 1749, anche i vari Stati italiani procedettero all'istituzione di nuovi a., che furono totalmente riordinati nella prima metà dell'Ottocento, anche in conseguenza dell'assorbimento dei fondi provenienti dalle congregazioni religiose. Dopo l'unità nazionale i vari a. preesistenti furono riorganizzati e nel 1874 posti sotto la giurisdizione del ministero dell'Interno. Nel maggio dell'anno seguente venne promulgato il primo regolamento per gli a. di Stato e furono riconosciuti come tali diciannove a. presenti nelle città già capitali dei vari Stati italiani o che in un passato più lontano avevano goduto di una propria sovranità. Immutata rimase anche la situazione nelle regioni dell'ex Stato borbonico dove, accanto al grande a. di Stato creato a Napoli, esisteva un a. in ogni provincia. Nel 1911 (decreto n. 1.163 del 2 ottobre) venne approvato un nuovo regolamento che riaffermava il principio della dipendenza dei 19 a. di Stato dal ministero dell'Interno e prevedeva l'istituzione di un Consiglio per gli a. corrispondente all'attuale Consiglio Superiore degli A. La legge inoltre stabiliva l'accesso pubblico agli atti aventi carattere puramente storico, scientifico o letterario, ponendo invece limitazioni per i documenti politici riservati, limitatamente agli ultimi cento anni. Con la legge del 22 dicembre 1939 (n. 2.006) il numero degli a. di Stato fu portato a venti e in ogni capoluogo di provincia fu istituita una sezione di a. di Stato. Con tale legge, vennero inoltre stabilite norme per evitare la dispersione degli a. di enti pubblici locali e di privati cittadini, che avessero interesse storico. Venne inoltre disposto di trasmettere agli a. di Stato o alle loro sezioni provinciali gli atti notarili anteriori agli ultimi cento anni e depositati presso gli a. notarili. La guerra provocò notevoli perdite di materiale archivistico e i bombardamenti danneggiarono soprattutto gli a. di Milano, Palermo e Messina. Anche i preziosi registri angioini dell'a. di Napoli, trasferiti presso Nola per preservarli dalle distruzioni belliche, furono incendiati per rappresaglia dai Tedeschi. La legge del 1939 è stata in gran parte riconfermata nell'ottobre 1963. Tra l'altro il nuovo decreto (n. 1.409) autorizza l'accesso a tutti i documenti, fatta eccezione per quelli di carattere riservato relativi alla politica estera e interna, che possono essere consultati solo dopo cinquant'anni, e per quelli relativi ai processi penali e riferiti a situazioni puramente private che possono essere consultati solo dopo settant'anni. Attualmente, sulla base della legge del 1975 e di quelle precedenti, gli a. dipendono dal ministero dei Beni Culturali, sotto la direzione tecnica del Consiglio Superiore degli A. Il ministero degli Esteri dispone di un proprio a. storico in cui sono raccolti documenti riguardanti la politica estera e gli a. delle varie rappresentanze diplomatiche. Inoltre l'ordinamento attuale prevede tre tipi di a.: 1) a. di Stato a sezioni principali; 2) sottosezioni di a. di Stato istituite nei comuni che, pur essendo capoluoghi di provincia, dispongono di importanti a. storici; 3) a. comunali (V. anche ARCHIVIO DI STATO). • Inf. - Mezzi di a.: il primo strumento usato per creare a. di interesse collettivo è stato il nastro magnetico. La sua storia è contrassegnata da una difficile esigenza di standardizzazione, resa necessaria dalla continua evoluzione tecnologica. Il nastro magnetico è infatti passato velocemente da meno di 220 bit per centimetro a 2.500 bit al centimetro, mettendo a dura prova le capacità dei progettisti che dovevano di volta in volta garantire la compatibilità del prodotto dell'ultima generazione con le precedenti, per non perdere il contenuto degli a. esistenti. Naturalmente questa evoluzione modificò le capacità di a. senza riuscire a ovviare al principale limite del nastro magnetico: il tempo di accesso. Per "tempo di accesso" si intende il periodo medio che trascorre tra la richiesta di un dato e la sua disponibilità. È, questa, una condizione di utilizzo molto importante per gli a. di grandi dimensioni e di interesse pubblico, poiché gli accessi sono molteplici e la quantità di dati archiviati imponente. Per il nastro, questo tempo è nell'ordine dei secondi: troppo, rispetto ai parametri operativi odierni. Pertanto le ricerche sono state indirizzate verso un mezzo più veloce ed egualmente potente: il disco magnetico, progenitore degli attuali floppy-disk. ║ Il disco rigido: l'idea che ha presieduto all'invenzione di questo prodotto consisteva nell'intuizione che un braccio dotato di testina di lettura, come un fonografo, potesse puntare a un solco predeterminato in breve tempo, trattandosi di solco magnetico e non fisico, come nel caso dei dischi a microsolco. Ovviamente non si poteva procedere con tecniche analoghe a quelle fotografiche, che avrebbero comportato tempi di accesso lunghi e soprattutto l'usura dei dischi in un breve lasso di tempo. Si pensò pertanto a un disco in alluminio ricoperto da uno strato ferro-magnetico e ad un sistema di lettura funzionante mediante testine sospese da un getto d'aria, un cuscinetto aeropneumatico volto a prevenire l'usura del disco. Si arrivò così a disporre di dischi magnetici con tempo di accesso inferiore al secondo. Unico vero inconveniente delle prime generazioni di questo prodotto era la temutissima "aratura" del disco: il sistema pneumatico andava in avaria, magari momentanea, e il disco veniva solcato dalla testina come un microsolco, con conseguente perdita del contenuto. Per ovviare a questo problema, in seguito risolto, ogni disco aveva un duplicato di sicurezza, detto "copia di back-up". Quando i dischi arrivarono a tempi brevissimi, comparabili a quelli necessari per accedere a una scheda di memoria allo stato solido, si arrivò a concepire la memoria virtuale. Per memoria virtuale s'intende quella quantità di memoria che fisicamente non esiste sulle schede, ma che può venire simulata attraverso l'uso di mezzi esterni di memorizzazione, come dischi o floppy-disk. Il principio funzionale della memoria virtuale si basa sulla necessità di rendere velocemente disponibile qualunque dato precedentemente archiviato in attesa che divenga utile. Di qui la primaria esigenza di ottenere tempi di accesso il più possibile contenuti. Cionondimeno il nastro magnetico non è mai stato abbandonato, poiché rappresenta tutt'ora un mezzo di archiviazione molto diffuso, sia per creare a. storici di vaste dimensioni, sia per scambiare dati tra computer. ║ Floppy-disk: disco magnetico di piccola capacità del diametro di 3,5 pollici. Ha avuto una diffusione capillare ma, data la bassa capacità di archiviazione dati, è stato soppiantato da nuovi supporti dotati di maggiore capacità di memoria. ║ I sistemi ottici: tutti i mezzi sinora citati si basano sul principio della registrazione di un supporto magnetico e del recupero dell'informazione originale attraverso la rilettura del campo magnetico indotto. A partire dagli anni '70 si è cercato di sviluppare una tecnica basata sulla lettura ottica al posto del campo magnetico. L'obiettivo era quello di poter disporre di un mezzo più affidabile e più potente, basato sui risultati, allora recenti, che provenivano dalla tecnologia laser a basso costo. ║ Il videodisco: nel 1978 la Philips lanciò il sistema Laser Vision, con un videodisco digitale destinato a contenere filmati cinematografici codificati in standard televisivo. Il salto tecnologico era enorme: un disco di 30 cm aveva una capacità di memoria senza pari, con una densità di circa 6.400 tracce per centimetro, incomparabilmente maggiore di un floppy. Però, a questa straordinaria capacità di memoria, si contrapponeva un serio inconveniente: l'impossibilità di registrare il disco. Il videodisco poteva essere utilizzato solo per a. statici, non più alterabili una volta stampato il disco. ║ Disco audio digitale o CD: questo prodotto rimane un capolavoro di tecnologia e di marketing. La Sony, basandosi sulla tecnologia del videodisco laser, per superare la temporanea "impasse" di quel prodotto, pensò di progettare un disco più piccolo, da 12 cm, e di costo più contenuto, dove memorizzare, sempre in forma digitale, brani di musica: lanciato nel 1983, è stato un clamoroso successo commerciale. Il compact-disc può contenere fino a 74 minuti di musica qualitativamente perfetta. ║ CD-ROM: come conseguenza del successo del compact-disc, si è pensato di utilizzare la stessa tecnologia per creare delle memorie di a. Il primo prodotto, introdotto sul mercato nel 1985, è stato il CD-ROM, cioè un disco audio digitale contenente sino a 550 milioni di bytes di dati. Il limite di questo prodotto è lo stesso già segnalato per il videodisco: si può solo leggere. In compenso si rivela ideale per applicazioni come le enciclopedie o i video-libri e gli a. statici. ║ Dischi ottici registrabili: come abbiamo visto il maggior limite dei dischi ottici tradizionali è la non alterabilità. Sin dal 1983 sono stati introdotti sul mercato dei videodischi capaci di essere scritti almeno una volta, ma il prezzo degli apparati di scrittura è tuttora elevato. Recentemente sono stati realizzati anche degli scrittori per compact-disc: in ogni caso si tratta di sistemi capaci di registrare una sola volta il disco, dopodiché non sarà più possibile alcuna ulteriore alterazione. ║ DVD: dispositivo di memorizzazione ottica nato nel 1995. Si avvale di un supporto fisicamente simile al CD-ROM (12 centimetri di diametro), ma può contenere una mole di dati decisamente maggiore. Può avere uno o due strati sovrapposti di informazioni e una o due facce di lettura. Il più diffuso in Italia è quello a singola faccia e singolo strato, con capienza di 4,7 Gb. Esistono quattro categorie di DVD: DVD Video (comprensivi di un menù che offre la possibilità di selezionare svariate funzioni quali la lingua dell'audio e la sua qualità, la visualizzazione o meno di sottotitoli in lingue diverse, l'accesso diretto a una certa sequenza del film o a contenuti extra), DVD Audio (che garantiscono un ascolto qualitativamente superiore a quello ottenibile con un normale CD), DVD-ROM (concepiti per i computer), DVD Riscrivibili (che permettono di archiviare su supporto ottico, per mezzo di appositi masterizzatori, enormi quantità di dati). ║ Chiave USB: detta anche pendrive o penna USB, è un'unità di memorizzazione di massa portatile utilizzabile mediante la porta USB di un personal computer. La chiavetta contiene una memoria flash che può immagazzinare fino a 2 GB di dati.