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Architettura.

L'arte e la tecnica di progettare e costruire un edificio o altre opere (autostrade, ponti, giardini, monumenti, opere di ingegneria). ║ Il concetto di a. è considerevolmente mutato nel corso delle varie epoche e pertanto va considerato nella molteplicità dei suoi aspetti e nella dinamica della sua evoluzione storica. In senso generale si può comunque definire come un'attività, dotata di una duplice natura tecnico-intellettuale e artistica, volta a modificare l'ambiente naturale in relazione alle esigenze funzionali e civili della vita sociale. • St. - Le prime costruzioni fatte dall'uomo risalgono alla Preistoria: esse rispondevano alla primaria esigenza di offrire riparo dalle intemperie. Le prime case furono paraventi di frasche, rudimentali capanne realizzate con rami ed erba, primitive tende di pelli d'animali; più tardi si ebbero le costruzioni su palafitte, le terramare. Queste prime esperienze costruttive erano ben lungi dall'esser concepite - come quelle odierne - in ossequio a precisi canoni estetici: allora l'uomo badava soltanto a costruirsi un rifugio, senza affrontare quei problemi di ritmo della costruzione, di alternanza armoniosa di pieno e di vuoto, di equilibrio strutturale, di abbellimento e ornamentazione che avrebbero successivamente costituito materia privilegiata della riflessione teorica sugli aspetti eminentemente artistici dell'a. Poi l'uomo imparò a usare le zolle di argilla, a ricoprire di fango una struttura di rami, a spezzare e squadrare la pietra, a mettere una pietra sull'altra. Successivamente elaborò la tecnica atta a sovrapporre dei grossi blocchi di roccia, i monoliti. I primi esempi di a. sono, forse, i numerosi monumenti funebri, che vanno dai tumuli islandesi ai nuraghi della Sardegna, dai monoliti celtici, ai dolmen e ai cromlech della Gallia. Ma i primi veri documenti di a. li troviamo soltanto nell'epoca protostorica. Si tratta di edifici autentici, con copertura a falsa volta, architravata, a terrazza: li caratterizza la presenza di strutture portanti (già nel trilite) e una spiccata verticalizzazione dell'equilibrio architettonico. È in questi primi esperimenti che si realizza un importante salto qualitativo: lo spazio empirico comincia a trasformarsi in spazio d'arte, e con esso si registra l'affacciarsi di un concetto di a. intesa come bilanciamento di volumi armoniosamente accostati secondo un certo ritmo compositivo. Nell'a. mesopotamica compaiono gli ziggurat, templi caratterizzati da una struttura monumentale e torreggiante a gradoni sovrapposti che diverranno, più tardi, scale: si tratta di costruzioni massicce, semplici nelle proporzioni. Sorgono le prime case di mattoni crudi, i primi palazzi di pietra. Nelle regioni più orientali il materiale principale è il legno. Nonostante il grande interesse artistico di queste prime esperienze, la questione dell'ordine architettonico non è ancora stata risolta; bisognerà arrivare all'a. greca per pervenire alla definitiva teorizzazione del problema costruttivo come ricerca di equilibrio fra materia e spazio, complesso sistema di bilanciamenti fra pieni e vuoti. Ma non si sarebbe mai potuta raggiungere la perfezione dei canoni architettonici classici, se quell'immenso sforzo di regolamentazione estetica e strutturale del linguaggio architettonico non fosse stato preparato dall'esperienza dell'a. mesopotamica-orientale. Sui luoghi dell'antichissima città di Ur furono trovati i resti di un tempio su podio trapezoidale (3500 a.C.) di 33 m per 26; il muro era composto da filari di pietre (calcare) sormontati da mattoni crudi e una scala di pietra portava a un vestibolo con 4 colonne lignee rivestite di rame e mosaici. A Kish fu ritrovato un Palazzo Reale con sala semicircolare e colonne cilindriche di mattoni crudi. Ad Akkad, Nippur, Sippara Warka e in altre numerose località vennero alla luce rovine di costruzioni civili e religiose che furono oggetto di approfondita analisi: fu così possibile elaborare un'idea abbastanza precisa dell'a. mesopotamica. Notevole il Palazzo Reale di Mari con le sue 260 stanze, cucine, locali di abitazione, scuole, ecc. L'a. assira è presente con vari edifici, con gli ziggurat, col famoso palazzo di Assurbanipal, ecc. La torre era un modulo architettonico assai diffuso in quei tempi: basti ricordare quella di Babele (che era poi uno ziggurat in muratura). E anche le vie sacre sono testimonianza del primitivo affermarsi di una concezione urbanistica, come d'altronde provano i numerosi piani ed elaborazioni progettuali in base a cui furono costruiti i paesi e le città circondate da alte mura. Babilonesi, Sumeri, Ittiti, Fenici ed altri popoli ancora, che vissero nella regione del Tigri e dell'Eufrate, contribuirono notevolmente allo sviluppo dell'a., così come fecero più a Est gli Indiani, i Cinesi e, in genere, tutti i popoli dell'Estremo Oriente. Ogni regione aveva la propria a., caratterizzata da prerogative altamente specifiche, basata su una precisa definizione e selezione delle tecniche costruttive, dei materiali impiegati e dei dettagli stilistici. Una considerazione a parte merita l'antico Egitto. Pochi resti ci parlano dell'a. egizia più antica, solo qualche avanzo di tomba in terra cruda e geroglifici che rappresentano edifici del tempo. La tecnica strutturale era rappresentata dal muro di terra battuta o da quello di traliccio. Ne sono esempi la Piramide a scalini di Re Gioser (2950 a.C. circa) e quella, sempre a scalini, del Snefrou a Saqqarah. I monumenti egizi dell'epoca più recente sono molto noti: dalle piramidi ai giganteschi templi scavati nella roccia o costruiti in pietra. Questo fu infatti il materiale maggiormente impiegato dagli architetti egizi, che nelle loro costruzioni intesero esprimere in modo del tutto originale quel senso altissimo di sacralità, magnificenza e solennità che promanava dalla loro grande civiltà. I moduli architettonici più diffusi presso gli Egizi e tramite i quali si dava compiuta espressione a una prioritaria esigenza di "ritmo" della costruzione, furono le colonne: imponenti, a fascia di loto, palmiformi, dotate di capitelli a bocciolo o a papiro, oppure a testa di animale o di uomo. Sono dunque gli alti pilastri di ingresso, le porte monumentali, le gigantesche statue spesso impiegate anche per motivi funzionali (di sostegno, per esempio), il ricorso a sale ipostile che ricordano il pronao dei Greci, gli obelischi, ecc. a conferire la caratteristica impronta di monumentalità alle espressioni architettoniche egizie. I Greci succedettero agli Egizi nella fama di abili costruttori. Dapprima questi furono influenzati dai nilotici ma, col volgere dei secoli, essi impressero un carattere del tutto peculiare alla propria a., carattere nel quale predominarono l'ordine, l'eleganza e l'armonia. Il periodo aureo dell'a. greca è quello che va da Pericle (500 a.C. circa - 420 a.C.) ad Alessandro (356-232 a.C.). Celeberrime, fra le opere architettoniche, il Partenone e il tempio di Atene Propilea in Atene, i templi di Teseo in Eleusi, di Giunone a Samo, di Artemide a Efeso, di Apollo a Mileto e tanti altri ancora. Le dimensioni dei templi, in genere, non sono gigantesche, ed elementare è l'articolazione degli spazi - un locale a pianta rettangolare, una cella a muri ciechi - il tutto circondato da un colonnato; tuttavia il tempio greco è una potente invenzione artistica che esprime in termini chiari ed eloquenti tutto il significato di una grande civiltà. L'organismo della costruzione - che è caratterizzato dalle colonne, dai capitelli, dagli architravi, dalle metope, dai triglifi, dagli acroteri e dai frontoni - sembra la trasposizione di una costruzione lignea e tuttavia rappresenta il più grande esempio di equilibrio, di proporzione, di corrispondenza armonica delle varie parti, ovvero di "euritmia". Il tempio greco è un "ragionamento svolto nella pietra", come è stato giustamente notato, che prende forma più nell'immagine, ossia nella valenza eminentemente estetica dell'opera architettonica, che nei suoi stessi contenuti tecnico-costruttivi. Oltre ai templi, un'altra impareggiabile manifestazione dell'a. greca è offerta dai teatri. Famoso il Teatro di Dioniso che sorge sull'Acropoli di Atene, nel quale gli Ateniesi assistettero a vari spettacoli per quasi mille anni; pregevole è anche il Teatro di Epidauro, costruito da Policleto il Giovane (fine del V sec. a.C.) che poteva contenere fino a 14.000 persone. Il Partenone venne costruito dall'architetto Ictino e da Callicrate fra il 447 e il 432 a.C.: oltre che per il suo intrinseco valore estetico, è interessante anche come esempio di a. legata a una precisa situazione politica. Tipico è il tempio dell'Eretteo (413 a.C.). La copertura della sua loggia è sostenuta, anziché da colonne, da statue alte 230 cm circa: sono le statue delle Còrai. Nel periodo tardo l'a. greca si è sviluppata anche nell'Italia meridionale (complesso di Siracusa, tempio di Paestum, tempio dorico di Selinunte, quelli di Agrigento, ecc.). In epoca ellenistica l'a. greca decade: abbandonato il linguaggio asciutto e contenuto dell'età classica, improntato a un ideale di armonia e misura, si ricercano soluzioni ambiziose che creano effetti di grandiosità, di scenografica monumentalità, a volte anche drammatica. Ne furono esempi il Mausoleo di Alicarnasso, il Faro di Alessandria, l'altare di Pergamo, ecc. Dell'a. etrusca - preceduta da quella primitiva dei Pelasgi - rimangono numerosi esempi, specialmente nel settore dell'arte funeraria. Assai noti sono i sepolcri a tumulo, a forma di capanna circolare coperta da un cumulo di terra che serve a proteggere l'interno della tomba (Cerveteri, Populonia) e le camere sepolcrali di Orvieto (IV sec. a.C.). Ma molte altre testimonianze dell'a. etrusca sono offerte dalle antiche città dei Lucumoni che presentano un piano urbanistico peculiare; molti monumenti hanno superato i secoli, come la Porta dell'Arco di Volterra che si apre nelle antiche mura etrusche: la sua struttura a tutto sesto ispirerà l'Arco Trionfale dei Romani. Presenza viva è pure la Porta Etrusca di Saturnia, con arco a tutto sesto. Interessantissima la Tomba a Cupola di Casalmarittimo, camera a pianta circolare con copertura ad anelli concentrici sostenuti, al centro, da un pilastro. Tipica è anche l'a. della cosiddetta Tomba dei Rilievi Dipinti, dal pavimento a più livelli, dai pilastri ornati, dal soffitto piano e dai bellissimi stucchi policromi. Secondo la leggenda, Romolo, primo re di Roma, tracciò il fatidico solco sui colli latini, e con questo suo atto solenne si sarebbe meritato un posto anche nella storia dell'urbanistica. Senonché oggi è dimostrato - attraverso gli scavi archeologici - che sui colli di Roma, intorno all'VIII sec. a.C., esistevano già alcuni villaggi i cui abitanti erano soliti scambiarsi i loro prodotti incontrandosi nella valle, dove un giorno sarebbe sorto il primo Foro. Per tutto il VII sec. furono mantenuti rapporti di buon vicinato e venne salvaguardata la rispettiva autonomia dei vari villaggi, fino a quando si affermò la signoria di un lucumone etrusco, che riuscì a riunire in una sola cittadina i diversi insediamenti instaurando, accanto all'economia agricola e pastorale che li aveva fino ad allora contaddistinti, una fiorente attività industriale e manufatturiera. Queste migliori condizioni furono ottenute anche grazie alla costruzione di un buon porto sul fiume Tevere, che permise rapporti commerciali non solo con le località del litorale, ma anche con gran parte dell'Etruria meridionale. A tal proposito sembra che Roma in etrusco significasse appunto "città del fiume". Nel VI sec., poi, gli Etruschi vennero cacciati dalla nuova città e sostituiti da re latini; alla monarchia fece seguito l'instaurazione della forma repubblicana. Nella prima fase della sua storia, Roma disponeva di un'a. assai modesta: le case erano capanne a pianta circolare con il tetto di paglia, il cui modello è testimoniato dai ritrovamenti nelle urne cinerarie dell'epoca. Secondo la tradizione, la prima sistemazione urbanistica di Roma fu opera di un re etrusco, Servio Tullio, al quale viene attribuita la prima cerchia di mura (poi riedificata in epoca repubblicana dopo essere stata demolita in seguito alle condizioni di pace imposte da Porsenna). Si cominciarono a costruire strade (le cui misure erano regolamentate dalle Leggi delle XII Tavole), alcuni ponti - come il Ponte Sublicio, in legno, famoso per l'atto eroico di Orazio Coclite - e i primi edifici destinati alle occasioni della vita sociale. Condizionata dal modello etrusco, l'a. romana si espresse con costruzioni ispirate al modello di quelle dei popoli vicini. Poi fu edificata la Cloaca Massima, caratterizzata dalla solidissima volta, e vennero eretti templi, acquedotti, circhi per gli spettacoli. Dopo la seconda guerra punica la cultura greca penetrò nel mondo romano condizionando con le altre arti anche l'a. I dittatori prima, gli imperatori poi fecero a gara per lasciare testimonianze indistruttibili della potenza di Roma. Sorsero così nuovi templi e acquedotti, anfiteatri, terme, ponti, archi trionfali, basiliche, teatri. Dalle costruzioni in mattoni si passò a quelle in pietra e in marmo che meglio avrebbero resistito all'offesa dei secoli. Si moltiplicarono i portici, le case dei privati - almeno di quelli abbienti - divennero lussuose, le ville dei signori sorsero un po' dovunque. L'antico ordine architettonico toscano non venne mai meno, benché ad esso venissero accostati i tre ordini greci. Inoltre fu inventato l'ordine cosiddetto "composito", derivante da una mescolanza di motivi ionici e corinzi. Gli stili classici erano tre: dorico, ionico e corinzio. Lo stile dorico è il più antico dei tre: è caratterizzato dalle colonne leggermente coniche, solcate da scanalature e poggianti direttamente sul pavimento; le colonne stesse sono sormontate dall'echino e dall'abaco quadrangolare. Negli edifici di questo stile l'architrave sovrasta, nella trabeazione, il fregio, nel quale si alternano metope e triglifi. La fronte dell'edificio dorico è coronata da un timpano triangolare che, al centro, presenta dei bassorilievi. Esempio significativo è il Partenone di Atene. Lo stile ionico è il più elegante e il più leggero dei tre ordini greci. Le sue caratteristiche principali sono: le proporzioni armoniche dell'edificio; le colonne snelle, ricche di profonde scanalature; il capitello sobrio, decorato da grandi e armoniose volute. Famoso esempio di stile ionico è l'Eretteo di Atene. Lo stile corinzio presenta una colonna, in prevalenza scanalata, che sorregge il capitello ornato da foglie di acanto. Esempio classico è la Torre dei Venti, in Atene. Da questi influssi stilistici i Romani ricavarono lo stile composito che presenta un capitello nel quale sono sintetizzati elementi ionici ed elementi corinzi: le volute (motivo ionico) con foglie di acanto (motivo corinzio). Esempio di questa fusione di stili è l'arco di Tito in Roma. I Romani conoscevano perfettamente l'arte del costruire: usavano mattoni e pietra da taglio squadrata in blocchi, che venivano sovrapposti e mantenuti in equilibrio statico dal loro stesso peso; spesso la tecnica della pietra squadrata veniva sostituita da quella, più recente, dell'opus cementitium (il Porticus Aemiliae del 176 a.C. fu costruito con questa tecnica), che consisteva nell'innalzare delle cortine di paramento fra le quali veniva "colato" l'impasto di piccole pietre e cemento (o calce). Il lavoro era assai più rapido rispetto ad altre tecniche e garantiva una maggiore solidità. Talvolta i muri così eretti venivano rinforzati con pilastri di mattoni o con pali di legno. L'impiego del conglomerato consentì ai Romani di costruire quegli archi e quelle volte che caratterizzano in modo inconfondibile l'a. romana; l'audacia di concezione che contraddistingue certe costruzioni, grazie all'uso dell'impasto, è paragonabile soltanto a quella delle strutture in cemento armato dei nostri giorni. Le case dei lavoratori salariati apparivano misere e anguste: erano formate da un unico locale in alcuni casi provvisto di un cubicolo dove, di notte, la gente si ritirava a dormire. Ben diversa era la domus (casa signorile). Essa consisteva di un atrium, per molto tempo rimasto il locale più importante, dal tetto a compluvium o a displuvium (spiovente verso il centro o verso i lati dell'atrium), utile per raccogliere l'acqua piovana nell'impluvium. Questo elemento della costruzione era destinato a scomparire quando l'acqua cominciò a essere convogliata per mezzo di tubature fino alle case. C'era poi il locale per il pranzo, il tablium, aperto sull'atrio, davanti al quale, in tempi più recenti, vennero aggiunti un vestibulum e le fauces; c'era inoltre il peristylium, piccolo cortile circondato da colonne che sostenevano un portico; serviva di disimpegno all'intera casa. Sul peristilio, nelle case più lussuose, si aprivano altri locali e l'exedra, oltre alle alae dove venivano sistemate le immagini degli antenati. La difficoltà di trovare terreni edificabili in Roma - che fra l'altro erano costosissimi - portò alla costruzione di sopralzi, appartamenti al primo piano, che in principio servirono per le famiglie dei figli e più tardi vennero sfruttati per riscuoterne l'affitto. Questa nuova moda condusse poi alla costruzione di edifici a più piani. Alla domus di città corrispondeva la villa di campagna; esisteva inoltre la cosiddetta villa urbana, una particolare tipologia di abitazione padronale, ubicata in vaste aree residenziali di lusso e costruita a imitazione delle dimore di campagna: si trattava di grandi case a un solo piano o due, al massimo, onde poter essere distinte dalle insulae, le case formate da più appartamenti sovrapposti. Anche i teatri ebbero notevole diffusione specialmente in epoca imperiale, ma anche durante la Repubblica i ludi scaenici, allora molto in voga, richiesero la costruzione di numerosi teatri. E con i teatri (Teatro Marcello, ecc.) occorrevano i Circhi, dove si svolgevano i ludi circenses e le venationes. Dal III sec. d.C. l'a. romana cominciò a decadere. L'unico che tentò di opporsi al declino fu l'imperatore Teodorico, ma nuovi elementi stavano ormai infiltrandosi nella cultura romana. Una delle ultime costruzioni a testimonianza della grandezza di Roma è la Basilica di Massenzio (278-312 d.C.) sulla via Sacra. Le prime costruzioni cristiane furono le catacombe, cimiteri e luoghi di riunione scavati nel sottosuolo, di origine orientale; si ebbero poi le prime chiese paleocristiane (Santa Maria Maggiore, Chiesa di Santa Costanza, ecc.). Nel '400 sorsero le cattedrali cristiane di Santa Sabina in Roma, di San Lorenzo a Milano, il Battistero di San Giovanni di Fonte a Napoli. Contemporaneamente si diffuse da Costantinopoli l'a. bizantina: ne sono primi esempi il Mausoleo di Galla Placidia e il Battistero degli Ortodossi. Nel '500 si registra la piena fioritura di questa a. nata dall'innesto di elementi stilistici di origine orientale sulla tradizione ellenistico-romana. Gli edifici sacri ne rappresentavano la quasi totalità: essi erano caratterizzati da una rigida solennità e da elementi caratteristici come la pianta a croce greca, la basilica a volta mesopotamica, la cupola di stile persiano. Fra i monumenti dell'a. bizantina vanno ricordati: la chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli, la chiesa di Sant'Apollinare in Classe e quella di Sant'Apollinare Nuovo, la chiesa di San Vitale in Ravenna e - per quanto d'epoca più tarda - la basilica di San Marco in Venezia. In Italia, intorno al '500, si verificò un periodo di transizione di cui è un esempio il Battistero di Lomello. Nel frattempo, in America si svilupparono le a. precolombiane e, tra queste, l'a. azteca, che sarà attiva fino all'800 d.C., quella maya e quella degli Inca (intorno al 1000 d.C.). In Asia, e più precisamente in India, fin dal 100 d.C. ebbe inizio l'attività delle scuole architettoniche di Mathura e di Amaravati (fino al IV sec.), cui fece seguito lo stile gupta, destinato a sopravvivere fino alla metà del VII sec., di cui sono espressione i santuari di Chezaria, di Aihole, ecc. In Persia, nel '200, venne eretto il famoso Palazzo reale di Sapore I a Ctesifonte. In Giappone, dal '500, sorsero i primi monasteri costruiti da maestranze coreane sullo stile architettonico cinese (V. LE SINGOLE VOCI). Intorno al '600, in Italia, cominciarono a essere attivi i primi Maestri Comacini che già preludono a quella che sarà l'a. lombarda cui succederà quella romanica. L'influenza del gusto dei Lombardi si rende evidente in alcuni elementi architettonici degli edifici sacri. Nel IV sec., dalla Mecca e da Medina, si diffusero le predicazioni di Maometto e con esse l'a. araba, o meglio, islamica. Suoi elementi particolari sono l'arco a ferro di cavallo, l'arco acuto da cui deriverà quello gotico, i trafori alle porte e alle finestre, le snelle colonne, le cupole a mammella, i mosaici, gli arabeschi geometrici delle decorazioni, la ricchezza degli stucchi. È a. di grande eleganza e di somma leggerezza. Attraverso i Paesi del Levante, dell'Africa mediterranea, essa giungerà in Europa, in Spagna, in Sicilia, in Grecia, dove lascerà splendidi esempi di moschee, di ricchi palazzi, di cortili (Moschea di Al Azhar al Cairo, le moschee di Cordova, quelle di Samarra, di Bagdad, di Kairouan in Tunisia). Fino all'anno 1000 intanto, in Italia l'a. vive un periodo di transizione e solo successivamente sorgeranno in Alta Italia i primi edifici sacri dell'a. lombarda: sarà merito dei Maestri Comacini se essa si diffonderà in tutta la Val Padana. L'esempio più classico di questa a. è indubbiamente la chiesa di Sant'Ambrogio in Milano; ma anche le chiese di San Fedele e di Sant'Abbondio in Como ne sono meravigliose testimonianze, e così pure le chiese di San Michele in Pavia, il duomo di Modena, il duomo e il Battistero di Parma. Tipici elementi di quest'arte sono gli archetti, le loggette pensili, i pilastri, le lesene, l'incavatura nel coronamento esterno dell'abside, ecc. Importante elemento è pure la volta a crociera costolonata (sostenuta da costoloni ovvero da alcuni archi diagonali). Questa espressione architettonica rientrava nel più ampio alveo dell'a. romanica che si chiamava anche a. romanico-lombarda; così come vi era un'a. romanico-piemontese, che peraltro intratteneva stretti legami con quella lombarda (San Pietro d'Asti ecc.). L'a. romanica, che dominò nell'Europa occidentale dall'XI al XIV sec., venne così chiamata verso la metà del secolo scorso sia per indicare il richiamo stilistico ad alcune tradizioni romane, sia per l'affermarsi contemporaneo delle lingue romanze. Essa presenta da luogo a luogo una grande varietà di caratteri che rende assai complesso ogni tentativo di classificazione; d'altronde non è ben stabilita neppure l'origine di questo stile architettonico, attribuita, da alcuni, a certi ordini religiosi francesi, e particolarmente ai cistercensi e ai cluniacensi che, già in epoca anteriore, avevano svolto in Francia una notevole attività edilizia; altri, invece, la fanno direttamente risalire ai Maestri Comacini che, in realtà, rappresentano la corrente più innovatrice. Il massimo sviluppo di questa a. si ebbe in Italia e in Francia; più tardi si registrò la sua affermazione anche in Germania, in Inghilterra, in Spagna, in Scandinavia e in Svizzera. Nell'Italia Settentrionale, l'a. romanico-lombarda, fu rappresentata nei monumenti più insigni; nell'Italia Centrale si ebbe una tendenza classicheggiante chiaramente espressa dal Duomo e dal Battistero di Pisa, dal Duomo di Lucca, dalla Chiesa di San Miniato al Monte, dal Battistero di Firenze, per citare gli esempi più noti. A Roma i Vassalletti costruirono i chiostri di San Giovanni e di San Paolo, unitamente ad altre opere meno importanti; anche la famiglia dei Cosma (o Cosmati) si richiamò a uno stile romanico classicheggiante nelle sue numerose costruzioni sia nella capitale, sia in altri centri come l'antica Falleri, dove eressero la chiesa di Santa Maria (della quale rimangono oggi soltanto le rovine) e come a Subiaco, dove costruirono il chiostro di Santa Scolastica, e a Civita Castellana (portico della Cattedrale). Anche in Puglia l'a. romanica lasciò degli splendidi monumenti: basti ricordare la chiesa di San Nicola a Bari, le cattedrali di Trani, di Altamura, di Bitetto e di Troia. All'estero testimonianze importanti dell'a. romanica si trovano a Parigi (Chiesa di Saint Germain-des-Prés) e ad Angoulême (la Cattedrale) in Francia; le cattedrali di Magonza, di Spira, di Bamberga e di Worms in Germania; la Cattedrale di Santiago di Compostela in Spagna. Lo stile romanico, nelle costruzioni di carattere religioso, presenta prerogative assolutamente inconfondibili. La principale di esse - che contraddistingue la basilica romanica - è costituita dal sistema di copertura a volta, per quanto non manchino esempi di costruzioni romaniche nelle quali questa prerogativa manca del tutto (Chiesa di San Zeno in Verona). Altri elementi tipici sono il rosone centrale della facciata e le torri, che spesso erigono la loro mole a fianco della chiesa o, addirittura, ne costituiscono corpo unico. L'arco è quello a tutto centro, mentre la pianta è di norma formata dalla ripetizione di un modulo geometrico, il quadrato, che più facilmente consente la sovrapposizione della volta a crociera. Nel XII sec. nacque in Francia un nuovo stile architettonico, quello gotico, destinato a propagarsi in tutta Europa, sia pure con alcune differenze: in Italia il nuovo "corso" non venne entusiasticamente accettato come lo fu, invece, in Germania. Forse la riluttanza ad accogliere il nuovo stile in Italia dipendeva anche da un'incomprensione della sua carica "rivoluzionaria", evidenziata soprattutto nella rinuncia ai consueti equilibri statici per tendere a un'accentuata verticalizzazione delle strutture. L'origine del termine gotico non è certo da attribuire ai Goti, i barbari che da secoli ormai non erano più protagonisti delle vicende storiche europee; è invece ipotizzabile, dal momento che questo termine venne coniato dagli artisti del nostro Rinascimento, che avesse una connotazione spregiativa, nel senso di barbarico. Lo stile, invece, nacque con certezza in Piccardia e nell'Ile de France, probabilmente ad opera dei padri cistercensi. Le prime ricerche, più che a temi estetici, furono indirizzate verso la funzionalità, specialmente per quanto si riferisce agli edifici religiosi. L'a. romanica tendeva alla costruzione di chiese piuttosto basse, con poche finestre e interni scarsamente luminosi; nei climi nordici, dove il cielo è spesso coperto, questo difetto risultava maggiormente accentuato. Di qui la necessità di ricorrere a strutture che permettessero alla chiesa di stagliarsi e di emergere rispetto alle circostanti costruzioni civili: questa ricerca sfociò nella progressiva enfatizzazione del verticalismo. Lo slancio verso l'alto delle pareti consentiva l'apertura di finestre via via più ampie e numerose. Si ricorse all'ogiva, ottenendo così l'alleggerimento della copertura degli edifici. D'altro canto lo sviluppo verticale delle pareti e l'apertura di molte finestre avevano come conseguenza l'indebolimento delle strutture portanti, oramai inabilitate a reggere la spinta della volta. Per eliminare tale gravissimo inconveniente si dovette necessariamente ricorrere ai contrafforti (archi di sostegno). Caratteri principali dell'a. gotica sono pertanto: la volta a ogiva provvista di nervature; l'arco a sesto acuto o spezzato, di cui molti esempi erano stati forniti in precedenza dall'a. islamica; i contrafforti o archi rampanti esterni alla costruzione; l'assoluto predominio del verticalismo. Come esempi di questa a. citiamo, fra le costruzioni di carattere religioso: le cattedrali di Notre Dame di Parigi, di Amiens, di Reims, di Chartres, la Sainte Chapelle di Parigi in Francia; le cattedrali di Lubecca e di Colonia in Germania; le cattedrali di York, di Canterbury, di Salisbury, di Westminster in Inghilterra, dove il Gotico acquista una particolare fisionomia; altri monumenti esistono in Spagna, in Olanda, in Belgio e in Svizzera. In Italia il Gotico, per quanto non purissimo, è rappresentato soprattutto dal Duomo di Milano; in altre città, come Firenze, Bologna, Siena, Pisa, Orvieto, ecc. i motivi e gli stilemi dell'a. gotica si presentano spesso mescolati o sovrapposti a preesistenti costruzioni romaniche. L'a. gotica profana è manifesta nel Palazzo dei Papi ad Avignone, nella ben nota Cà d'Oro di Venezia, in numerosi castelli, palazzi comunali o padronali, disseminati in tutta Italia (Palazzo Ducale a Venezia, Palazzo Vecchio a Firenze, il campanile di Giotto pure a Firenze, il Palazzo Pubblico di Siena, ecc.). Agli inizi del XV sec. si registra un importante fenomeno di rinnovamento culturale: il rinascere dell'amore per gli studi umanistici e per l'arte classica. Si trattava delle prime avvisaglie del Rinascimento, che successivamente vedrà gli intellettuali e gli artisti coralmente impegnati in una radicale revisione della tradizione filosofica dell'età medioevale. Questo movimento era soprattutto legato alla formazione di una nuova mentalità che, ponendo definitivamente in crisi i valori teoretici e spirituali dell'età precedente, sceglieva ormai di volgersi a ideali prevalentemente laici. Pur senza escludere l'attaccamento alla fede religiosa dei padri, la nuova generazione degli intellettuali umanisti giungeva a configurare un orizzonte spirituale non più volto a una dimensione trascendente ma all'esaltazione dell'attivo ruolo dell'uomo nelle vicende storiche. Ci si orientava insomma verso un'inedita concezione immanente, mondana, che poneva al centro l'uomo e il valore conoscitivo delle sue esperienze. Le manifestazioni artistiche, specie per quanto attiene alle arti figurative, si fecero pertanto più vicine agli interessi concreti dell'umanità, più libere, e perfino più audaci e gioiose. L'a., naturalmente, non si sottrasse allo spirito che permeava gli animi in quel periodo di grande fervore intellettuale. Il ritorno al classico spinse gli architetti a studiare con attenzione gli esempi tratti dallo studio delle espressioni artistiche della Grecia e di Roma. Per quanto in a. non fosse mai stata del tutto abbandonata una "linea classica" anche nei periodi più bui del Medioevo - e ciò è dimostrato dalla chiara derivazione della basilica cristiana dal modello di quella romana e dal ricorso a elementi classici da parte di costruttori di chiara fama, come i Cosmati a Roma - il nuovo movimento condusse all'abbandono di tutto ciò che poteva essere considerato di ascendenza barbarica, in ossequio all'idea dominante secondo cui i più alti ideali estetici e morali potevano provenire solo dal grande magistero di Roma e di Atene. Precursori della nuova scuola furono Brunelleschi, dalle eleganti e ardite concezioni, e il teorico Leon Battista Alberti - che costruì il Tempio Malatestiano a Rimini - subito seguiti e imitati da una schiera di artisti famosi. È invalso un metodo di classificazione dell'a. rinascimentale che prevede la suddivisione in tre periodi distinti: il Primo Rinascimento che comprende tutto il XV sec.; il Medio Rinascimento che abbraccia la prima metà del XVI sec.; il Tardo Rinascimento che comprende la seconda metà del XVI sec. fino agli inizi del XVII. Nel primo periodo il fiorentino Filippo Brunelleschi, dopo aver studiato a Roma le forme dell'antichità classica, più ancora che nella cupola di Santa Maria del Fiore in Firenze, espresse i canoni del Rinascimento nell'Ospedale degli Innocenti (iniziato nel 1419). In questo edificio dall'atrio aperto e circondato da snelle colonne, a imitazione dello stile corinzio, sulle quali si eleva una parete interrotta da finestre, si ritroveranno poi i motivi dominanti dell'a. civile fiorentina. Altre sue opere, appartenenti tutte al primo periodo rinascimentale, sono la chiesa di San Lorenzo, la cappella dei Pazzi nel chiostro di Santa Croce, la chiesa di Santo Spirito. Alberti, di origine fiorentina, ma forse nativo di Genova, oltre che teorico insigne (sua è l'opera De re aedificatoria) fu un attivissimo architetto che trasse ispirazione dai modelli classici per progettare e costruire le sue pregevoli opere rinascimentali del primo periodo; tra queste vanno citate, oltre al già nominato Tempio Malatestiano di Rimini, la facciata di Santa Maria Novella e il Palazzo dei Rucellai in Firenze, e la chiesa di Sant'Andrea a Mantova. Mentre questi due grandi artisti erano attivi soprattutto in Toscana, in Lombardia si andava affermando un altro giovane sostenitore del nuovo stile architettonico, ovvero Donato D'Angelo detto il Bramante nativo di Fermignano (Pesaro). Di lui si tratterà più dettagliatamente a proposito del Medio Rinascimento. Altri architetti seguirono le orme di Brunelleschi e di Alberti, in Toscana; tra essi Michelozzo Michelozzi, allievo di Brunelleschi, che ampliò secondo il nuovo stile il Palazzo de' Medici in Firenze; Bernardo Rossellino, che fu attivo a Siena. Anche a Milano si affermò la rivisitazione dello stile classico con Filarete, Antonio Averlino, che avviò i lavori dell'Ospedale Maggiore, e con Michelozzi, autore del Palazzo del Banco Mediceo di Milano. Il periodo del Medio Rinascimento segnò il trionfo romano del Bramante che, dopo aver lavorato a Milano (rifacimento di Santa Maria presso San Satiro, tribuna di Santa Maria delle Grazie), costruì a Roma il piccolo tempio di San Pietro in Montorio, il chiostro di Santa Maria della Pace, l'abside di Santa Maria del Popolo, la chiesa di San Celso, quella di San Biagio e il Palazzo dei Tribunali; su tutto però prevalsero i suoi lavori presso la fabbrica di San Pietro e nel Palazzo Vaticano, come la pianta della chiesa di San Pietro - la cattedrale ebbe una storia assai complessa - e la progettazione dei cortili del Belvedere e di San Damaso. Mentre Bramante operava a Roma, altri architetti, guidati dal gusto per il classico, furono attivi in molte parti d'Italia, e soprattutto nel Veneto dove eccelsero le opere di Sansovino, Jacopo Tatti, allievo di Andrea Colucci, altro artista chiamato pure Sansovino, che a Venezia eresse la famosa Libreria di San Marco e il Palazzo Corner. Una menzione a parte merita Palladio, architetto padovano: celebri sono molte sue opere e tra queste vanno citati il Teatro Olimpico di Vicenza dove costruì anche la Basilica; le chiese del Redentore e di San Giorgio Maggiore in Venezia oltre a numerosissime ville come la Villa Barbaro, la Villa Malcontenta, la Villa Rotonda, la Villa Maser e molte altre in cui spesso inserì, nel suo stile di derivazione classica, qualche elemento del nascente stile barocco. Nell'arco che comprende il Medio Rinascimento e il Tardo Rinascimento numerosissimi edifici portavano la firma di Raffaello Sanzio, di Giulio Romano suo allievo (suo è il Palazzo del Tè dei Gonzaga a Mantova), di Baldassarre Peruzzi (Palazzo della Farnesina in Roma), di Michele Sanmicheli (Palazzo Grimani a Venezia e numerose fortezze come quella di Padova, di Verona, ecc.), di Jacopo Barozzi detto il Vignola che, con Michelangelo Buonarroti, collaborò alla fabbrica di San Pietro in Roma e che ebbe parte notevole nella costruzione del Casino di Papa Giulio II, di Galeazzo Alessi (Palazzo Marino a Milano e Villa Cambiase a Genova). Ma molti altri architetti dell'epoca meriterebbero citazione, da Francesco Laurana il Bramantino a Bartolomeo Ammannati. Mentre in Italia l'a. rinascimentale era in piena fioritura, traendo alimento dai Libri IV dell'architettura scritti dal Palladio, all'estero permaneva lo stile tardo-gotico, ramificato in molteplici correnti diversificate secondo le aree geografiche: lo stile perpendicolare, particolarmente diffuso in Inghilterra e in Germania; lo stile gotico fiammeggiante, espressione tipica del tardo-gotico francese, che in Spagna era invece denominato mudejar. In Estremo Oriente l'evoluzione del linguaggio e delle tecniche architettoniche non fu meno interessante e vitale, sia pure seguendo linee di sviluppo assolutamente autonome: basti pensare alle bellissime pagode cinesi e, in Pechino, al Tempio del Cielo e agli splendidi palazzi; nel 1400 l'a. araba ebbe le sue massime espressioni nella Tomba di Tamerlano a Samarcanda e, nel 1500, nella Moschea del Solimano a Istanbul. Nello stesso secolo furono costruiti in Francia i più celebri castelli della Loira, oltre al Palazzo del Louvre e delle Tuileries, in Germania il famoso Palazzo dell'Elettore Ottone Enrico a Heidelberg. In Boemia questa fu l'epoca dei grandi castelli, mentre nella penisola iberica si diffuse uno stile particolare: lo estilo desornamentado del quale sono esempi la Cattedrale di Cadice e il Palazzo dell'Escorial. Notevole anche, in questo periodo, la Cattedrale di San Basilio a Mosca. Verso la fine del XVI sec., però, cominciò a prendere piede in Italia un movimento che rispondeva a una crescente esigenza di introdurre elementi di innovazione stilistica nel linguaggio dell'a. Si andò alla ricerca esasperata del fronzolo, dell'ornamentazione ridondante seguendo i "capricci" della nuova corrente, mossa forse da un'inquietudine sentimentale, dalla smania di dare sfogo a una fantasia esuberante, di esprimersi attraverso una stravagante e fastosa esibizione esteriore: così l'a. si avviava verso il Barocco. Alla testa della nuova scuola vi furono gli architetti Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini. Il primo, napoletano, eresse il Baldacchino di San Pietro, costruì il Palazzo di Montecitorio, il Palazzo Odescalchi, la Scala Regia, il Colonnato di San Pietro e la chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, insieme ad altri edifici minori. Fu indubbiamente un grande architetto anche se le sue stravaganze influenzarono non poco la nutrita schiera dei suoi seguaci e imitatori, che lasciarono opere non certo pregevoli come le sue. Il Borromini, per il quale valgono le medesime considerazioni, fu forse più originale del Bernini, come è possibile constatare dall'analisi dei suoi lavori, di cui i più noti sono: la chiesa e il convento di San Carlino alle Quattro Fontane, il convento dei Filippini, le chiese di Sant'Ivo alla Sapienza e di Sant'Andrea delle Fratte, tutti edifici romani. A differenza di Bernini, lo stile di Borromini fu più intimo che monumentale: ed è appunto in virtù di questa prerogativa che si attribuisce la derivazione del Rococò europeo dal Barocco. Nel corso del '600 molti altri architetti firmarono opere di stile barocco; ne ricordiamo qualcuno fra i maggiori: lo svizzero Carlo Maderno che collaborò anche alla facciata di San Pietro in Roma; Pietro Berrettini, più noto come Pietro da Cortona, di cui le opere più rilevanti sono però quelle pittoriche; Guarino Guarini, modenese: sono suoi il Palazzo Carignano a Torino, la cappella della Santa Sindone, nella stessa città, la chiesa di San Lorenzo dei Teatini, ecc.; i Bibiena, architetti bolognesi, noti anche come abili costruttori di teatri (di Giuseppe Bibiena, ad esempio, è il teatro di Bayreuth). Il Barocco ebbe diffusione anche in altri Paesi d'Europa e particolarmente in Francia dove si distinsero Jacques Lemercier, autore del Palais Royal di Parigi, Louis Le Vaux che costruì l'Institut de France pure a Parigi; e poi Pierre Le Muet, Salomon de Brosse, François Mansart (l'ideatore della mansarda). In Inghilterra, la Cattedrale di San Paolo a Londra fu costruita da Christopher Wren; in Germania si distinse Elias Holl e, in Russia, nel Barocco pietroburghese eccelse Bartolomeo Rastrelli, il cui figlio Bartolomeo Francesco erigerà a Pietroburgo il Palazzo d'Inverno e a Kiev la chiesa di Sant'Andrea. Un altro architetto veneziano è degno di ricordo: Baldassarre Longhena che costruì gli splendidi palazzi Rezzonico a Pesaro, le chiese di Santa Maria della Salute e di Santa Giustina. A Venezia il Barocco si ingentilì tanto da meritarsi il nome di Barocchetto, specialmente intorno ai primi del Settecento, mentre, nella stessa epoca, sbocciò in Francia il Rococò che presto si diffuse in Austria e in Germania. Gli eccessi stilistici, le forme ridondanti, l'ornamento arzigogolato e tutti i tratti che in genere caratterizzarono il Barocco, anche se congeniali alla decadenza dei costumi del XVIII sec., cominciarono a cadere in disuso. Nacque così il Neoclassicismo, che rappresentò una vera e propria reazione al Barocco, in quanto mirava a ripristinare le regole, già tanto seguite, dell'a. classica greco-romana. Ne furono i promotori Niccolò Salvi, romano, che ha lasciato la famosa Fontana di Trevi; Giuseppe Piermarini, nato a Foligno, che a Milano costruì il Teatro alla Scala, la Villa Reale di Monza, rifece il Palazzo Reale e il Palazzo Belgioioso; Luigi Vanvitelli di Napoli, allievo di Filippo Juvara, di cui però non seguì le dottrine per dedicarsi allo stile neoclassico: fu opera sua la famosa Reggia di Caserta. Anche in Francia, in Germania, in Russia, ecc. non tardarono a manifestarsi le nuove tendenze neoclassiche. Emuli degli architetti italiani furono in Francia: Jacques Ange Gabriel (Teatro dell'Opera di Parigi), che però si attenne ancora a schemi barocchi; Jacques Soufflot, costruttore del Pantheon parigino. In Germania e in Austria si seguì ancora la scuola barocca (con von Beer, von Knobelsdorf, Langhas). In Russia, invece, il Neoclassicismo si mescolò con alcuni tratti tipici dello stile palladiano e fu rappresentato dall'italiano Antonio Rinaldi. Con il XIX sec. vi fu un nuovo radicale rinnovamento dell'a., legato all'affermazione di un movimento, il Romanticismo, che ebbe origine in Germania. Si trattò di un fenomeno culturale di grandissima portata, inizialmente dettato dalla scoperta dello spirito nazionale tedesco, e successivamente destinato a investire tutte le manifestazioni della cultura europea: dalla pittura alla musica, dalla letteratura alla scultura. Con l'affermazione del principio di nazionalità si riscoprì il valore della Storia. Accanto alla rivalutazione dello spirito nazionale dei popoli e delle tradizioni storiche, si ebbe una parallela esaltazione del sentimento dettata dall'aspirazione a lasciarsi trasportare dalle forze della natura, abbandonando il rigore raziocinante delle teorie illuministiche. Filosofi, letterati, musicisti, pittori e scultori abbracciarono entusiasticamente il nuovo movimento. Per l'a., comunque, l'avvento del Romanticismo non coincise con un periodo particolarmente fecondo, in quanto - nonostante l'intensa vitalità delle manifestazioni culturali dell'epoca - prevalsero gli aspetti più problematici e complessi della tormentata adesione del linguaggio architettonico ai nuovi ideali. Qualcuno lo ha definito il "secolo senza stile", e non del tutto a torto. L'unico linguaggio stilistico davvero organico e coerente che sopravvisse nel primo ventennio del XIX sec. fu in effetti il Neoclassicismo, che peraltro continuerà a manifestarsi sporadicamente anche più tardi. Definitivamente chiusa la parentesi neoclassica, i modi espressivi dell'a. non raggiunsero mai un'autonomia e una dignità tali da farli assurgere al grado di "stile". Le prime notevoli costruzioni ottocentesche si distinsero per la struttura continua a telaio elastico di ferro, struttura che consentì l'aumento della portata e l'impiego di ampie superfici vetrate. Si costruirono i primi ponti di ferro, ispirati al modello del ponte di Coalbrookdale, sul fiume Severn (risalente al 1775-1779), e le prime opere di copertura (nelle gallerie stradali furono impiegati ferro e vetro): ne sono esempi le gallerie di Milano, di Trieste, di Parigi, la Galerie des Machines. Vanno poi ricordati la Torre Eiffel di Parigi e il Palazzo di Cristallo di Londra. Il Romanticismo in a. giunse anche a riprodurre antiche costruzioni medievali: è il famoso Gothic Revival, chiaramente espresso nella villa costruita per Lord Walpole a Strawberry, in Inghilterra. L'edificio più rappresentativo del Neogotico resta sempre, però, il palazzo del Parlamento a Westminster eretto da Charles Barry. Altri rappresentanti del Neogotico furono Edward Blore, William Porder, Viollet-le-Duc, Pietro Selvatico, Camillo Boito, Rubbiani, Fabris. Un'altra corrente affermatasi in questo secolo fu l'Eclettismo, da molti considerato soltanto un compromesso, in quanto basato su un miscuglio di elementi appartenenti a ordini e stili diversi: ne fu espressione emblematica la nuova sede dell'Opéra di Parigi (1875), di Charles Garnier. Veramente apprezzabile fu, nell'Ottocento, la nascita di una nuova corrente dell'a. che si chiamò Restauro dei Monumenti, forse dovuta allo stesso neogoticizzante Viollet-le Duc. Verso la metà del secolo, poi, venne brevettato da Joseph Monnier il procedimento per la produzione del cemento armato che però resterà inapplicato fino al principio del XX sec. A prescindere dall'utilizzo architettonico del ferro, peraltro usato quasi esclusivamente in costruzioni di pubblica utilità, non si registra l'avvento di altre tecniche nuove, nonostante la disponibilità di parecchi materiali (cemento, alluminio, vetro, ecc.) che avrebbero potuto trovare un impiego redditizio. In ogni caso lo sfruttamento di nuovi materiali e l'invenzione di nuove tecniche risultavano inibiti a causa della mancanza di una fantasia creatrice davvero vitale e innovativa. Questa fantasia si rivelò, però, nella seconda metà del secolo XX, quando si affermò un nuovo stile, assai vivace e rapidamente diffuso in tutta Europa sotto varie etichette. Fu lo stile che caratterizzò la Belle Epoque: lo Stile Liberty o Stile Floreale. In Inghilterra esso si chiamò Arts and Crafts, nei Paesi di lingua francese Art nouveau, in Germania Jugendstil, in Austria Sezession. In Italia il Liberty sbocciò nel 1902 a Torino in occasione dell'esposizione d'arte decorativa. Suoi vessilliferi: Raimondo D'Aronco, Ernesto Basile, Max Fabiani, Giuseppe Sommaruga (Albergo del Sacro Monte di Varese, Palazzo Castiglioni a Milano), Alfredo Campanini, Luigi Broggi e numerosi altri. A questi nomi di architetti italiani occorre aggiungere quello di Alessandro Antonelli, piemontese, il quale non fu decisamente seguace del Floreale quanto piuttosto di un indirizzo tardo-neoclassico che si estrinseca nel San Gaudenzio di Novara e nella Mole Antonelliana di Torino, nei quali prevale il grande prestigio architettonico dell'intuizione strutturale. Certamente Antonelli fu il più moderno o, meglio, il più attuale fra tutti gli architetti suoi contemporanei. Tra gli stranieri che abbracciarono lo stile Liberty vanno menzionati, primo fra tutti, lo spagnolo Cornet Antoni Gaudí (1852-1926), nato a Barcellona, città dove fu più attivo. A lui sono dovuti il Tempio della Sacra Famiglia, la casa Milá e la casa Batlló. Vanno poi citati l'architetto francese Vector Guimard, di cui è noto il discusso esempio fornito da una stazione del métro parigino; Jules Lavirotte con la sua facciata della casa in Avenue Rapp n. 29 a Parigi; l'ungherese Gèza Maròti specializzato nel progettare e nell'allestire mostre d'arte; Victor Horta, il belga ricco di fantasia e di raffinata eleganza; il suo collega Henry Van de Velde; Franz Jourdain e Otto Wagner. In America aderirono al movimento Floreale due artisti, Sullivan e Richardson (Scuola di Chicago); in Inghilterra rappresentarono l'Arts and Crafts, William Morris, Marshall e Faulkner seguiti, dal punto di vista ideale, da R.N. Shaw, C.F. Annesley Voysey, Philip Webbe, i quali si ispirarono piuttosto al '700 inglese. In Italia il Liberty durò poco più di un ventennio e rapidamente venne esiliato alla periferia delle città, relegato in provincia e si esaurì in manifestazioni minori; oppure trovò credito per un certo periodo ancora in Sicilia, nell'opera di Ernesto Basile. In sua vece nasceranno il Novecentismo, prima, e il Razionalismo, poi. Non è facile stabilire una data precisa per l'inizio dell'a. moderna, benché molti storici ne facciano risalire la nascita al periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale. Non è dunque errato affermare che le prime manifestazioni del nuovo corso ebbero inizio intorno al 1919-1920, anche se bisogna ammettere che il linguaggio architettonico moderno non nacque improvvisamente ma si sviluppò attraverso un lungo periodo di gestazione, in cui affiorarono nuove idee, teorie d'avanguardia, concetti sociali e dottrine sociologiche che procedevano di pari passo con il progresso industriale e con la diffusione di più elevati standard di vita. La transizione dalla fase teorica a quella sperimentale e pratica fu resa possibile anche dall'avvento del cemento armato (Joseph Monnier aveva brevettato il suo primo procedimento per la produzione del cemento armato fin dal 1849), dalla produzione industriale dell'acciaio (processo Bessemer, 1855) e da quella dell'alluminio. Soltanto al principio del XX sec., però, cemento armato, ferro e alluminio, entrarono normalmente nelle applicazioni strutturali degli edifici. Contrariamente alla vecchia generazione legata a stilemi architettonici e tecniche costruttive superate, i giovani provavano l'irreprimibile esigenza di sfrondare le costruzioni del nuovo secolo da un decorativismo ridondante e superfluo, per adeguarle a un ideale di semplicità finalizzato a mettere in evidenza la potenza intima delle strutture. Così si mossero H.P. Berlage in Olanda, Beherens in Germania, Boberg in Svezia e Wagner in Austria. I giovanissimi, poi, passati attraverso le drammatiche vicende belliche, decisero di troncare addirittura qualunque forma di legame nostalgico e di compromesso con il passato. Si arrivò pertanto alla formulazione di un linguaggio architettonico affrancato da stili ormai sentiti come anacronistici, e proiettato invece verso l'elaborazione di nuove forme improntate a criteri "razionali", capaci di confluire in un linguaggio universale, condivisibile da parte degli innovatori di tutto il mondo; tra questi citiamo lo svizzero Le Corbusier, il francese Loos, l'americano Wright, il tedesco Gropius, l'italiano Sant'Elia. Il mutamento di indirizzo nell'a. era anche imposto dai nuovi stili di vita e da un mondo che ormai si stava avviando a grandi passi verso l'industrializzazione. Quando si parla di a. moderna si pensa agli imponenti grattacieli degli Stati Uniti. I primi esempi concreti di questa tipologia architettonica sorsero nella seconda metà del XIX secolo, ma gli architetti statunitensi da Buffington a Sullivan, a Richardson a Baumann, a Huell, ecc., benché facessero ricorso, in genere, a nuove conquiste tecniche, non riuscirono a liberarsi dall'eredità del passato, preferendo camuffare i loro edifici con torri merlate, campanili e altri motivi di remota ascendenza. Uno dei primi architetti a lanciare un messaggio di fuoco contro gli pseudostili, dal Floreale al Neoclassico, dal Neobarocco all'Umbertino, fu Adolf Loos, nel 1908. Ma già le sue prime teorie erano state elaborate da Otto Wagner in "Moderna Architettura" (Scuola di Vienna) e sperimentate da Franck, da Olbrich e da Hoffmann al principio del secolo. La Sezession e l'Art nouveau vennero superate già nel 1912 dal cecoslovacco Kotera. Nel 1914 Henri van de Velde pubblicò le Formule della moderna bellezza in architettura. Poi, nel 1917, Theo van Doesburg fondò a Dresda il "De Stijl" e gli Olandesi si posero all'avanguardia con il Neoplasticismo. L'interludio che precede la vera a. moderna proseguì con la "Casa Domino" di Le Corbusier, con il Futurismo di Sant'Elia, con il Costruttivismo del russo Vladimir Tatlin, e con la Bauhaus di Gropius. Accanto alle nuove forme del primo Razionalismo europeo convissero però atteggiamenti neoclassici come il Neoromanesimo in Italia, il Neoclassicismo nordico, l'Espressionismo tedesco. In alcuni casi alle manifestazioni artistiche e alle correnti stilistiche non erano alieni fini politici e interessi di parte. Spesso, tra le enfatiche e mastodontiche costruzioni espresse dalle correnti dominanti si distinguevano soltanto taluni edifici per la semplicità delle linee e la sobrietà delle scarne decorazioni: sintomi, questi, che già preannunciavano l'avvento del vero Razionalismo. Fu questo movimento a delineare la nuova grammatica che avrebbe condizionato l'arte del costruire, non solo in Europa, ma nel mondo intero. Dalla inventiva di Le Corbusier si passò alla poesia pura di Mies van der Rohe, al vivo rapporto arte-industria della Bauhaus. Dovunque, nel mondo, i nuovi grandi architetti, furono propugnatori di una rivoluzionaria concezione dello spazio, mirata al raggiungimento di un traguardo essenziale: il bello-funzionale. I protagonisti di questo nuovo corso furono: R.J. Neutra, G. Hwe, W. Lescage, Harrison, S.A. Fouilhoux in America; José Sert, Kunjo Maekawa, Kenzo Tange, Ichiro Kawahara in Giappone, Hawliceck, Honzik, Fragner in Cecoslovacchia; Van Tijen e Van der Vlugt in Olanda; Eeelzerbacher, Fellere, Haerdt in Austria; M.L. Otero, J. Vaquero in Spagna; Salvisberg, Meili, Moser in Svizzera; Markelius, Jacobsen, Aalto in Scandinavia. Sorsero il Collegio Svizzero, la Villa Savoye di Le Corbusier, il Padiglione tedesco a Barcellona di Mies van der Rohe, la Bauhaus di Dessaun di Gropius, il Palazzo Comunale di Hilversun di Dudok, le Case Popolari di Oud. Pareti vetrate, modulazioni di pilotis, schermi di marmo e di cristallo, scomposizioni di volumi sono gli elementi caratterizzanti di questa nuova a.. Sintetizzano lo spirito del nuovo corso le parole di Ludwig Mies van der Rohe: "l'a. è la volontà di un'epoca, tradotta in spazio: vivente, mutevole, nuova. Non al passato, non al futuro, soltanto al presente si può dar forma..." In Italia, dopo un lungo periodo caratterizzato da grandi polemiche su organi di stampa specializzati come la "Rivista di architettura" e "Arti decorative", si ebbero le prime realizzazioni intonate al Razionalismo. Negli anni Trenta il "Gruppo di Como", con Terragni, Lingeri, Cereghini, Sartoris, ecc. fu impegnato in un'intensa attività: Casa del Fascio (1932-1936), l'Asilo di Sant'Elia (1934), varie case a Milano, ville in campagna, ecc. A Milano fu attivo il "Gruppo 7" (Figini, Frette, Larco, Pollini, Rava, Terragni, Castagnoli): qui ebbero particolare rilievo le manifestazioni alla Triennale. Ma altri architetti erano destinati a emergere rapidamente; tra essi si ricordano: Baldassarri, Asnago, Vender, Camus, Palanti e Franco Albini; e poi il Gruppo BBPR (Banfi, Belgioioso, Peressuti, Rogers), Persico, Nizzoli e Gio Ponti (Palazzo della Montecatini del 1936). A Roma il Razionalismo fu rappresentato da Libera, De Renze, Valenti, Ridolfi, Moretti, ecc. Affermatosi grazie a un concorso, salì alla ribalta il Gruppo di Michelucci che, con un lavoro di équipe, realizzò la Stazione di Santa Maria Novella in Firenze (che risente l'influsso di Gropius e di Le Corbusier). Pier Luigi Nervi, il solo che seppe infondere un carattere autenticamente nostrano al Razionalismo italiano, espresse il vertice del suo talento nello Stadio Berta di Firenze, mirabile sintesi di genialità, poesia e amore per il bello, fusi con la tecnica più avanzata. Per Nervi la forma delle strutture architettoniche, anche di quelle più complesse, scaturisce da un processo inventivo, quindi eminentemente artistico, perché "solo in momenti successivi tale forma viene controllata attraverso il calcolo, la sperimentazione". Numerose sono le opere di questo architetto che riconfermano le sue teorie: il Kursaal del Lido di Roma, la Torino-Esposizioni, le Aviorimesse di Orbetello, ecc. Fra gli ultimi episodi del Razionalismo in Italia sono da citare l'E42, ovvero il famoso quartiere romano dell'EUR, nato dal piano per la costruzione dell'Esposizione Universale di Roma che avrebbe dovuto aver luogo nel 1942, Sabaudia, lo Studium Urbis. Dopo la seconda guerra mondiale l'a. non si allontanò che parzialmente dal Razionalismo com'era concepito, per esempio, da Le Corbusier; in ogni Paese si manifestarono tendenze specifiche che, pur aderendo a un criterio di rigorosa funzionalità costruttiva, cercarono di mantenersi in qualche modo radicate nelle tradizioni locali. La nuova generazione di architetti-poeti si concesse dunque un più ampio margine creativo, nonostante la dimensione prevalentemente sovranazionale insita nel concetto stesso di Razionalismo e propugnata dai suoi maggiori esponenti. Con la parentesi bellica venne a esaurirsi la fase più propriamente vitale e propositiva del Razionalismo, lasciando però ampio spazio a nuove elaborazioni sul piano dei sistemi costruttivi e delle innovazioni tecnologiche. Fecero così la loro comparsa nuovi modi di sfruttare il cemento armato (peraltro già previsti e formulati da Maillart, da Torroja, da Nervi); il recupero del motivo dell'arco (quello nuovo, delle strutture a ponte), e il ricorso alla copertura autoportante, alla tecnica delle volte sottili, all'impiego dell'iperboloide (Felix Candela), ecc. L'esigenza storica di porre mano alla ricostruzione di molte città europee distrutte dalla guerra sollecitò, in definitiva, una significativa apertura verso nuove soluzioni architettoniche e urbanistiche. In questo quadro di radicali cambiamenti nello scenario internazionale, solo Le Corbusier e pochi altri si mantennero fedeli al Razionalismo ortodosso (Grattacielo Cartesiano, progetto per l'Ospedale di Venezia, ecc.). Dalla teorizzazione dell'"Unité d'habitation" di Le Corbusier, Van den Broek e Bakema, molta strada doveva ancora essere percorsa per approdare a soluzioni autenticamente innovative. Rigoroso funzionalista si è dimostrato il finlandese Alvar Aalto che pure pervenne a un nuovo senso compositivo. E così Deilmann, Hausen, Rave, Düttmann, Runhau; anche il danese Arne Jacobsen, lo spagnolo Coderch, lo svedese Markelius seguirono la nuova corrente. Cromatismo, ricchezza plastica e complessità compositiva sono i caratteri dominanti delle opere recenti di Camelot, di De Mailly, di Prouvè, di Breuer, di Rainer, di Nervi. Negli Stati Uniti, con la realizzazione dell'aeroporto TWA a New York, si distinse l'apporto innovativo di Eero Saarinen; vanno inoltre ricordati Mielziner e Barnes; Wachsman, Kahn, Lundy, Buckminster Fuller (cupola geodetica del padiglione statunitense all'Esposizione di Montreal del 1967) e Joseph Salerno con la sua United Church of Christ di Rowayton. Numerosissimi altri architetti statunitensi sono stati fra i protagonisti della nuova architettura americana. Nel Messico e nel Sudamerica vanno menzionati Felix Candela, Lucio Costa, Jorge Moreira, Ernani Vasconcellos, Alvarez Espinosa, e vari altri. In Giappone, fra i nuovi, si ricordano Moto-o-Take, Tohgo Murano, Ashihara, Kikutake, Otaka, Maki, ecc. Il quadro della più recente a. mondiale si presenta estremamente mobile, composito e frammentario, costituito da esperienze varie e tra loro contrastanti. La disgregazione del movimento moderno, che aveva dominato gli ultimi decenni dell'a. mondiale, ha dato vita a innumerevoli nuove tendenze, genericamente definite postmoderne. L'affermazione delle nuove tendenze architettoniche postmoderne ha comportato, soprattutto negli Stati Uniti, una profonda revisione critica dello stile internazionale, impostosi dopo la guerra mondiale e sul quale si erano basati la costruzione e il rinnovamento dei centri direzionali delle grandi città. Gli esempi più macroscopici di questo stile sono i grattacieli newyorchesi dell'isola di Manhattan: immense "gabbie" di vetro, acciaio e cemento, a cominciare da quelli costruiti fra gli anni Venti e Trenta, ad opera di architetti famosi quali Raymond Hoods, William Van Alen, John Mead. Gli anni Cinquanta e Sessanta hanno segnato il trionfo dei grandi edifici, sempre caratterizzati dalla triade di vetro-acciaio-cemento e basati su uno schema architettonico geometrizzante e una concezione urbanistica della "città verticale". Questi stessi principi ispiratori sarebbero poi stati al centro di un dibattito acceso e successivamente sottoposti a seria revisione critica. L'inversione di tendenza ha portato i massimi rappresentanti dell'a. mondiale a compiere sforzi per interpretare in chiave moderna la grande a. del passato: i primi e più interessanti esempi di questa sorta di rivisitazione, che contraddistingue gli anni Ottanta, provengono dai nuovi grattacieli costruiti negli Stati Uniti, assai diversi fra loro per stile e concezione architettonica, ma in genere accomunati da un elevato coefficiente di spettacolarità: facciate di vetro cangiante (che mutano colore al variare delle condizioni di luce), giochi di vetri e specchi che richiamano gli effetti dei quadri cubisti, ultimi piani girevoli come quello del Renaissance Center di Detroit, firmato da John Portman. Gran parte dei nuovi grattacieli costruiti negli Stati Uniti tendono a trarre ispirazione dall'a. rinascimentale e gotica europea rivalutando nel contempo i materiali tradizionali, come per esempio quello della American Telephone and Telegraph, firmato da Philip Johanson, rivestito in parte di granito, pietra e marmi rosa e verdi. Innovazioni e stravaganze estetiche costituiscono comunque solo un aspetto - e non il più importante - della nuova corrente postmoderna, che mira fondamentalmente al recupero della dimensione sociale dello spazio architettonico e alla valorizzazione delle aree verdi, attraverso l'incorporazione di aiuole, giardini, serre, fontane e laghetti all'interno dei nuovi edifici. Sull'esempio di P. Johanson, numerosi architetti statunitensi, tra cui Ulrich Franzen e Helmut Jahn, tendono a recuperare l'esempio dell'arte europea, costruendo grandi edifici caratterizzati da moduli formali irregolari e dalla dovizia di pinnacoli e sfaccettature, sostanzialmente improntati a un criterio di eclettismo stilistico. Altri architetti interpretano diversamente lo stile postmoderno, conservando come elemento dominante il vetro, arricchito da decorazioni e colori di ispirazione pittorica, come per esempio Cesar Polli che, per il Battery Center di Manhattan, si è ispirato a Mondrian. Non meno interessanti sono le linee di tendenza innovative seguite dagli architetti europei. Tra i grandi nomi ricordiamo quelli di vari architetti italiani, tra cui Vittorio Gregotti, Renzo Piano, Carlo Aymonimo, Aldo Rossi. Tra i massimi rappresentanti dell'a. europea e mondiale, vanno inoltre ricordati i tedeschi Ostwald Mathias Ungheres e Joseph Kleiheus, l'inglese James Stirling, lo spagnolo Oriol Bohigas e i giapponesi Kenzo Tange (tra le sue numerose realizzazioni si ricordano il piano urbanistico di Tokyo e il Centro della pace di Hiroshima) e Minoru Yamasaki (progettista del World Trade Center di New York), entrambi molto attivi anche in Italia. Una panoramica delle nuove tendenze architettoniche e un confronto internazionale tra i grandi dell'a. contemporanea è quello offerto dall'Iba (International Bau Austellung), una mostra architettonica di eccezionale profilo e vasto respiro internazionale. Un'altra occasione di confronto è stata rappresentata dall'Expo '89, la grande manifestazione celebrativa del duecentesimo anniversario della Rivoluzione francese, per la quale i massimi rappresentanti dell'a. europea e mondiale sono stati chiamati a far parte della direzione architettonico-urbanistica incaricata di fissare gli orientamenti generali e di pianificare gli spazi, rimodellando il centro di Parigi. ║ A. organica: scuola architettonica della metà del nostro secolo, fondata da F.L. Wright. Si caratterizza per lo studio della forma e dei materiali costitutivi di un edificio in rapporto alla sua funzione e alla sua collocazione nell'ambiente. • Inf. - Termine generico mediante il quale si indica la struttura generale di un calcolatore o di un software complesso. L'a. a bus indica che ciascuna delle unità operative è collegata in parallelo su una linea di connessione multipla, detta appunto bus, che viene da tutte condivisa. L'a. a multiprocessore indica un sistema a più processori che lavorano in parallelo su compiti diversi o sullo stesso compito, effettuando l'interscambio dei dati. L'a. CICS viene di solito contrapposta alla RISC. Si parla anche di a. seriale, parallela e a pipeline. Nella prima le operazioni avvengono in sequenza; nella seconda hanno invece un parallelismo più o meno elevato; infine, in quella a pipeline vi è un "canale" nel quale le istruzioni vengono elaborate o preelaborate lungo la "strada" che porta alla CPU. Nel software l'a. è intesa come una struttura dei programmi e dei sottoprogrammi, che di solito è indipendente dall'hardware utilizzato e, in certi casi, anche dal linguaggio di programmazione.