L'arte e la tecnica di progettare e costruire un edificio o
altre opere (autostrade, ponti, giardini, monumenti, opere di ingegneria).
║ Il concetto di
a. è considerevolmente mutato nel corso
delle varie epoche e pertanto va considerato nella molteplicità dei suoi
aspetti e nella dinamica della sua evoluzione storica. In senso generale si
può comunque definire come un'attività, dotata di una duplice
natura tecnico-intellettuale e artistica, volta a modificare l'ambiente naturale
in relazione alle esigenze funzionali e civili della vita sociale.
• St. - Le prime costruzioni fatte dall'uomo
risalgono alla Preistoria: esse rispondevano alla primaria esigenza di offrire
riparo dalle intemperie. Le prime case furono paraventi di frasche, rudimentali
capanne realizzate con rami ed erba, primitive tende di pelli d'animali;
più tardi si ebbero le costruzioni su palafitte, le terramare. Queste
prime esperienze costruttive erano ben lungi dall'esser concepite - come quelle
odierne - in ossequio a precisi canoni estetici: allora l'uomo badava soltanto a
costruirsi un rifugio, senza affrontare quei problemi di ritmo della
costruzione, di alternanza armoniosa di pieno e di vuoto, di equilibrio
strutturale, di abbellimento e ornamentazione che avrebbero successivamente
costituito materia privilegiata della riflessione teorica sugli aspetti
eminentemente artistici dell'
a. Poi l'uomo imparò a usare le zolle
di argilla, a ricoprire di fango una struttura di rami, a spezzare e squadrare
la pietra, a mettere una pietra sull'altra. Successivamente elaborò la
tecnica atta a sovrapporre dei grossi blocchi di roccia, i monoliti. I primi
esempi di
a. sono, forse, i numerosi monumenti funebri, che vanno dai
tumuli islandesi ai
nuraghi della Sardegna, dai
monoliti
celtici, ai
dolmen e ai
cromlech della Gallia. Ma i primi veri
documenti di
a. li troviamo soltanto nell'epoca protostorica. Si tratta
di edifici autentici, con copertura a falsa volta, architravata, a terrazza: li
caratterizza la presenza di strutture portanti (già nel trilite) e una
spiccata verticalizzazione dell'equilibrio architettonico. È in questi
primi esperimenti che si realizza un importante salto qualitativo: lo spazio
empirico comincia a trasformarsi in spazio d'arte, e con esso si registra
l'affacciarsi di un concetto di
a. intesa come bilanciamento di volumi
armoniosamente accostati secondo un certo ritmo compositivo. Nell'
a.
mesopotamica compaiono gli
ziggurat, templi caratterizzati da una
struttura monumentale e torreggiante a gradoni sovrapposti che diverranno,
più tardi, scale: si tratta di costruzioni massicce, semplici nelle
proporzioni. Sorgono le prime case di mattoni crudi, i primi palazzi di pietra.
Nelle regioni più orientali il materiale principale è il legno.
Nonostante il grande interesse artistico di queste prime esperienze, la
questione dell'ordine architettonico non è ancora stata risolta;
bisognerà arrivare all'
a. greca per pervenire alla definitiva
teorizzazione del problema costruttivo come ricerca di equilibrio fra materia e
spazio, complesso sistema di bilanciamenti fra pieni e vuoti. Ma non si sarebbe
mai potuta raggiungere la perfezione dei canoni architettonici classici, se
quell'immenso sforzo di regolamentazione estetica e strutturale del linguaggio
architettonico non fosse stato preparato dall'esperienza dell'
a.
mesopotamica-orientale. Sui luoghi dell'antichissima città di Ur furono
trovati i resti di un tempio su podio trapezoidale (3500 a.C.) di 33 m per 26;
il muro era composto da filari di pietre (calcare) sormontati da mattoni crudi e
una scala di pietra portava a un vestibolo con 4 colonne lignee rivestite di
rame e mosaici. A Kish fu ritrovato un Palazzo Reale con sala semicircolare e
colonne cilindriche di mattoni crudi. Ad Akkad, Nippur, Sippara Warka e in altre
numerose località vennero alla luce rovine di costruzioni civili e
religiose che furono oggetto di approfondita analisi: fu così possibile
elaborare un'idea abbastanza precisa dell'
a. mesopotamica. Notevole il
Palazzo Reale di Mari con le sue 260 stanze, cucine, locali di abitazione,
scuole, ecc. L'
a. assira è presente con vari edifici, con gli
ziggurat, col famoso palazzo di Assurbanipal, ecc. La torre era un modulo
architettonico assai diffuso in quei tempi: basti ricordare quella di Babele
(che era poi uno ziggurat in muratura). E anche le vie sacre sono testimonianza
del primitivo affermarsi di una concezione urbanistica, come d'altronde provano
i numerosi piani ed elaborazioni progettuali in base a cui furono costruiti i
paesi e le città circondate da alte mura. Babilonesi, Sumeri, Ittiti,
Fenici ed altri popoli ancora, che vissero nella regione del Tigri e
dell'Eufrate, contribuirono notevolmente allo sviluppo dell'
a.,
così come fecero più a Est gli Indiani, i Cinesi e, in genere,
tutti i popoli dell'Estremo Oriente. Ogni regione aveva la propria
a.,
caratterizzata da prerogative altamente specifiche, basata su una precisa
definizione e selezione delle tecniche costruttive, dei materiali impiegati e
dei dettagli stilistici. Una considerazione a parte merita l'antico Egitto.
Pochi resti ci parlano dell'
a. egizia più antica, solo qualche
avanzo di tomba in terra cruda e geroglifici che rappresentano edifici del
tempo. La tecnica strutturale era rappresentata dal muro di terra battuta o da
quello di traliccio. Ne sono esempi la Piramide a scalini di Re Gioser (2950
a.C. circa) e quella, sempre a scalini, del Snefrou a Saqqarah. I monumenti
egizi dell'epoca più recente sono molto noti: dalle piramidi ai
giganteschi templi scavati nella roccia o costruiti in pietra. Questo fu infatti
il materiale maggiormente impiegato dagli architetti egizi, che nelle loro
costruzioni intesero esprimere in modo del tutto originale quel senso altissimo
di sacralità, magnificenza e solennità che promanava dalla loro
grande civiltà. I moduli architettonici più diffusi presso gli
Egizi e tramite i quali si dava compiuta espressione a una prioritaria esigenza
di "ritmo" della costruzione, furono le colonne: imponenti, a fascia di loto,
palmiformi, dotate di capitelli a bocciolo o a papiro, oppure a testa di animale
o di uomo. Sono dunque gli alti pilastri di ingresso, le porte monumentali, le
gigantesche statue spesso impiegate anche per motivi funzionali (di sostegno,
per esempio), il ricorso a sale ipostile che ricordano il pronao dei Greci, gli
obelischi, ecc. a conferire la caratteristica impronta di monumentalità
alle espressioni architettoniche egizie. I Greci succedettero agli Egizi nella
fama di abili costruttori. Dapprima questi furono influenzati dai nilotici ma,
col volgere dei secoli, essi impressero un carattere del tutto peculiare alla
propria
a., carattere nel quale predominarono l'ordine, l'eleganza e
l'armonia. Il periodo aureo dell'
a. greca è quello che va da
Pericle (500 a.C. circa - 420 a.C.) ad Alessandro (356-232 a.C.). Celeberrime,
fra le opere architettoniche, il Partenone e il tempio di Atene Propilea in
Atene, i templi di Teseo in Eleusi, di Giunone a Samo, di Artemide a Efeso, di
Apollo a Mileto e tanti altri ancora. Le dimensioni dei templi, in genere, non
sono gigantesche, ed elementare è l'articolazione degli spazi - un locale
a pianta rettangolare, una cella a muri ciechi - il tutto circondato da un
colonnato; tuttavia il tempio greco è una potente invenzione artistica
che esprime in termini chiari ed eloquenti tutto il significato di una grande
civiltà. L'organismo della costruzione - che è caratterizzato
dalle colonne, dai capitelli, dagli architravi, dalle metope, dai triglifi,
dagli acroteri e dai frontoni - sembra la trasposizione di una costruzione
lignea e tuttavia rappresenta il più grande esempio di equilibrio, di
proporzione, di corrispondenza armonica delle varie parti, ovvero di "euritmia".
Il tempio greco è un "ragionamento svolto nella pietra", come è
stato giustamente notato, che prende forma più nell'immagine, ossia nella
valenza eminentemente estetica dell'opera architettonica, che nei suoi stessi
contenuti tecnico-costruttivi. Oltre ai templi, un'altra impareggiabile
manifestazione dell'
a. greca è offerta dai teatri. Famoso il
Teatro di Dioniso che sorge sull'Acropoli di Atene, nel quale gli Ateniesi
assistettero a vari spettacoli per quasi mille anni; pregevole è anche il
Teatro di Epidauro, costruito da Policleto il Giovane (fine del V sec. a.C.) che
poteva contenere fino a 14.000 persone. Il Partenone venne costruito
dall'architetto Ictino e da Callicrate fra il 447 e il 432 a.C.: oltre che per
il suo intrinseco valore estetico, è interessante anche come esempio di
a. legata a una precisa situazione politica. Tipico è il tempio
dell'Eretteo (413 a.C.). La copertura della sua loggia è sostenuta,
anziché da colonne, da statue alte 230 cm circa: sono le statue delle
Còrai. Nel periodo tardo l'
a. greca si è sviluppata anche
nell'Italia meridionale (complesso di Siracusa, tempio di Paestum, tempio dorico
di Selinunte, quelli di Agrigento, ecc.). In epoca ellenistica l'
a. greca
decade: abbandonato il linguaggio asciutto e contenuto dell'età classica,
improntato a un ideale di armonia e misura, si ricercano soluzioni ambiziose che
creano effetti di grandiosità, di scenografica monumentalità, a
volte anche drammatica. Ne furono esempi il Mausoleo di Alicarnasso, il Faro di
Alessandria, l'altare di Pergamo, ecc. Dell'
a. etrusca - preceduta da
quella primitiva dei Pelasgi - rimangono numerosi esempi, specialmente nel
settore dell'arte funeraria. Assai noti sono i sepolcri a tumulo, a forma di
capanna circolare coperta da un cumulo di terra che serve a proteggere l'interno
della tomba (Cerveteri, Populonia) e le camere sepolcrali di Orvieto (IV sec.
a.C.). Ma molte altre testimonianze dell'
a. etrusca sono offerte dalle
antiche città dei Lucumoni che presentano un piano urbanistico peculiare;
molti monumenti hanno superato i secoli, come la Porta dell'Arco di Volterra che
si apre nelle antiche mura etrusche: la sua struttura a tutto sesto
ispirerà l'Arco Trionfale dei Romani. Presenza viva è pure la
Porta Etrusca di Saturnia, con arco a tutto sesto. Interessantissima la Tomba a
Cupola di Casalmarittimo, camera a pianta circolare con copertura ad anelli
concentrici sostenuti, al centro, da un pilastro. Tipica è anche
l'
a. della cosiddetta Tomba dei Rilievi Dipinti, dal pavimento a
più livelli, dai pilastri ornati, dal soffitto piano e dai bellissimi
stucchi policromi. Secondo la leggenda, Romolo, primo re di Roma, tracciò
il fatidico solco sui colli latini, e con questo suo atto solenne si sarebbe
meritato un posto anche nella storia dell'urbanistica. Senonché oggi
è dimostrato - attraverso gli scavi archeologici - che sui colli di Roma,
intorno all'VIII sec. a.C., esistevano già alcuni villaggi i cui abitanti
erano soliti scambiarsi i loro prodotti incontrandosi nella valle, dove un
giorno sarebbe sorto il primo Foro. Per tutto il VII sec. furono mantenuti
rapporti di buon vicinato e venne salvaguardata la rispettiva autonomia dei vari
villaggi, fino a quando si affermò la signoria di un lucumone etrusco,
che riuscì a riunire in una sola cittadina i diversi insediamenti
instaurando, accanto all'economia agricola e pastorale che li aveva fino ad
allora contaddistinti, una fiorente attività industriale e
manufatturiera. Queste migliori condizioni furono ottenute anche grazie alla
costruzione di un buon porto sul fiume Tevere, che permise rapporti commerciali
non solo con le località del litorale, ma anche con gran parte
dell'Etruria meridionale. A tal proposito sembra che Roma in etrusco
significasse appunto "città del fiume". Nel VI sec., poi, gli Etruschi
vennero cacciati dalla nuova città e sostituiti da re latini; alla
monarchia fece seguito l'instaurazione della forma repubblicana. Nella prima
fase della sua storia, Roma disponeva di un'
a. assai modesta: le case
erano capanne a pianta circolare con il tetto di paglia, il cui modello è
testimoniato dai ritrovamenti nelle urne cinerarie dell'epoca. Secondo la
tradizione, la prima sistemazione urbanistica di Roma fu opera di un re etrusco,
Servio Tullio, al quale viene attribuita la prima cerchia di mura (poi
riedificata in epoca repubblicana dopo essere stata demolita in seguito alle
condizioni di pace imposte da Porsenna). Si cominciarono a costruire strade (le
cui misure erano regolamentate dalle Leggi delle XII Tavole), alcuni ponti -
come il Ponte Sublicio, in legno, famoso per l'atto eroico di Orazio Coclite - e
i primi edifici destinati alle occasioni della vita sociale. Condizionata dal
modello etrusco, l'
a. romana si espresse con costruzioni ispirate al
modello di quelle dei popoli vicini. Poi fu edificata la Cloaca Massima,
caratterizzata dalla solidissima volta, e vennero eretti templi, acquedotti,
circhi per gli spettacoli. Dopo la seconda guerra punica la cultura greca
penetrò nel mondo romano condizionando con le altre arti anche
l'
a. I dittatori prima, gli imperatori poi fecero a gara per lasciare
testimonianze indistruttibili della potenza di Roma. Sorsero così nuovi
templi e acquedotti, anfiteatri, terme, ponti, archi trionfali, basiliche,
teatri. Dalle costruzioni in mattoni si passò a quelle in pietra e in
marmo che meglio avrebbero resistito all'offesa dei secoli. Si moltiplicarono i
portici, le case dei privati - almeno di quelli abbienti - divennero lussuose,
le ville dei signori sorsero un po' dovunque. L'antico ordine architettonico
toscano non venne mai meno, benché ad esso venissero accostati i tre
ordini greci. Inoltre fu inventato l'ordine cosiddetto "composito", derivante da
una mescolanza di motivi ionici e corinzi. Gli stili classici erano tre: dorico,
ionico e corinzio. Lo
stile dorico è il più antico dei tre:
è caratterizzato dalle colonne leggermente coniche, solcate da
scanalature e poggianti direttamente sul pavimento; le colonne stesse sono
sormontate dall'echino e dall'abaco quadrangolare. Negli edifici di questo stile
l'architrave sovrasta, nella trabeazione, il fregio, nel quale si alternano
metope e triglifi. La fronte dell'edificio dorico è coronata da un
timpano triangolare che, al centro, presenta dei bassorilievi. Esempio
significativo è il Partenone di Atene. Lo
stile ionico è il
più elegante e il più leggero dei tre ordini greci. Le sue
caratteristiche principali sono: le proporzioni armoniche dell'edificio; le
colonne snelle, ricche di profonde scanalature; il capitello sobrio, decorato da
grandi e armoniose volute. Famoso esempio di stile ionico è l'Eretteo di
Atene. Lo
stile corinzio presenta una colonna, in prevalenza scanalata,
che sorregge il capitello ornato da foglie di acanto. Esempio classico è
la Torre dei Venti, in Atene. Da questi influssi stilistici i Romani ricavarono
lo
stile composito che presenta un capitello nel quale sono sintetizzati
elementi ionici ed elementi corinzi: le volute (motivo ionico) con foglie di
acanto (motivo corinzio). Esempio di questa fusione di stili è l'arco di
Tito in Roma. I Romani conoscevano perfettamente l'arte del costruire: usavano
mattoni e pietra da taglio squadrata in blocchi, che venivano sovrapposti e
mantenuti in equilibrio statico dal loro stesso peso; spesso la tecnica della
pietra squadrata veniva sostituita da quella, più recente, dell'
opus
cementitium (il Porticus Aemiliae del 176 a.C. fu costruito con questa
tecnica), che consisteva nell'innalzare delle cortine di paramento fra le quali
veniva "colato" l'impasto di piccole pietre e cemento (o calce). Il lavoro era
assai più rapido rispetto ad altre tecniche e garantiva una maggiore
solidità. Talvolta i muri così eretti venivano rinforzati con
pilastri di mattoni o con pali di legno. L'impiego del conglomerato
consentì ai Romani di costruire quegli archi e quelle volte che
caratterizzano in modo inconfondibile l'
a. romana; l'audacia di
concezione che contraddistingue certe costruzioni, grazie all'uso dell'impasto,
è paragonabile soltanto a quella delle strutture in cemento armato dei
nostri giorni. Le case dei lavoratori salariati apparivano misere e anguste:
erano formate da un unico locale in alcuni casi provvisto di un
cubicolo
dove, di notte, la gente si ritirava a dormire. Ben diversa era la
domus
(casa signorile). Essa consisteva di un
atrium, per molto tempo rimasto
il locale più importante, dal tetto a
compluvium o a
displuvium (spiovente verso il centro o verso i lati dell'
atrium),
utile per raccogliere l'acqua piovana nell'
impluvium. Questo elemento
della costruzione era destinato a scomparire quando l'acqua cominciò a
essere convogliata per mezzo di tubature fino alle case. C'era poi il locale per
il pranzo, il
tablium, aperto sull'atrio, davanti al quale, in tempi
più recenti, vennero aggiunti un
vestibulum e le
fauces;
c'era inoltre il
peristylium, piccolo cortile circondato da colonne che
sostenevano un portico; serviva di disimpegno all'intera casa. Sul peristilio,
nelle case più lussuose, si aprivano altri locali e l'
exedra,
oltre alle
alae dove venivano sistemate le immagini degli antenati. La
difficoltà di trovare terreni edificabili in Roma - che fra l'altro erano
costosissimi - portò alla costruzione di sopralzi, appartamenti al primo
piano, che in principio servirono per le famiglie dei figli e più tardi
vennero sfruttati per riscuoterne l'affitto. Questa nuova moda condusse poi alla
costruzione di edifici a più piani. Alla
domus di città
corrispondeva la
villa di campagna; esisteva inoltre la cosiddetta
villa urbana, una particolare tipologia di abitazione padronale, ubicata
in vaste aree residenziali di lusso e costruita a imitazione delle dimore di
campagna: si trattava di grandi case a un solo piano o due, al massimo, onde
poter essere distinte dalle
insulae, le case formate da più
appartamenti sovrapposti. Anche i teatri ebbero notevole diffusione specialmente
in epoca imperiale, ma anche durante la Repubblica i
ludi scaenici,
allora molto in voga, richiesero la costruzione di numerosi teatri. E con i
teatri (Teatro Marcello, ecc.) occorrevano i
Circhi, dove si svolgevano i
ludi circenses e le
venationes. Dal III sec. d.C. l'
a.
romana cominciò a decadere. L'unico che tentò di opporsi al
declino fu l'imperatore Teodorico, ma nuovi elementi stavano ormai infiltrandosi
nella cultura romana. Una delle ultime costruzioni a testimonianza della
grandezza di Roma è la Basilica di Massenzio (278-312 d.C.) sulla via
Sacra. Le prime costruzioni cristiane furono le catacombe, cimiteri e luoghi di
riunione scavati nel sottosuolo, di origine orientale; si ebbero poi le prime
chiese paleocristiane (Santa Maria Maggiore, Chiesa di Santa Costanza, ecc.).
Nel '400 sorsero le cattedrali cristiane di Santa Sabina in Roma, di San Lorenzo
a Milano, il Battistero di San Giovanni di Fonte a Napoli. Contemporaneamente si
diffuse da Costantinopoli l'
a. bizantina: ne sono primi esempi il
Mausoleo di Galla Placidia e il Battistero degli Ortodossi. Nel '500 si registra
la piena fioritura di questa
a. nata dall'innesto di elementi stilistici
di origine orientale sulla tradizione ellenistico-romana. Gli edifici sacri ne
rappresentavano la quasi totalità: essi erano caratterizzati da una
rigida solennità e da elementi caratteristici come la pianta a croce
greca, la basilica a volta mesopotamica, la cupola di stile persiano. Fra i
monumenti dell'
a. bizantina vanno ricordati: la chiesa di Santa Sofia a
Costantinopoli, la chiesa di Sant'Apollinare in Classe e quella di
Sant'Apollinare Nuovo, la chiesa di San Vitale in Ravenna e - per quanto d'epoca
più tarda - la basilica di San Marco in Venezia. In Italia, intorno al
'500, si verificò un periodo di transizione di cui è un esempio il
Battistero di Lomello. Nel frattempo, in America si svilupparono le
a.
precolombiane e, tra queste, l'
a. azteca, che sarà attiva fino
all'800 d.C., quella
maya e quella degli
Inca (intorno al 1000
d.C.). In Asia, e più precisamente in India, fin dal 100 d.C. ebbe inizio
l'attività delle scuole architettoniche di
Mathura e di
Amaravati (fino al IV sec.), cui fece seguito lo stile
gupta,
destinato a sopravvivere fino alla metà del VII sec., di cui sono
espressione i santuari di Chezaria, di Aihole, ecc. In Persia, nel '200, venne
eretto il famoso Palazzo reale di Sapore I a Ctesifonte. In Giappone, dal '500,
sorsero i primi monasteri costruiti da maestranze coreane sullo stile
architettonico cinese (V. LE SINGOLE VOCI).
Intorno al '600, in Italia, cominciarono a essere attivi i primi
Maestri
Comacini che già preludono a quella che sarà l'
a.
lombarda cui succederà quella romanica. L'influenza del gusto dei
Lombardi si rende evidente in alcuni elementi architettonici degli edifici
sacri. Nel IV sec., dalla Mecca e da Medina, si diffusero le predicazioni di
Maometto e con esse l'
a. araba, o meglio,
islamica. Suoi elementi
particolari sono l'arco a ferro di cavallo, l'arco acuto da cui deriverà
quello gotico, i trafori alle porte e alle finestre, le snelle colonne, le
cupole a mammella, i mosaici, gli arabeschi geometrici delle decorazioni, la
ricchezza degli stucchi. È
a. di grande eleganza e di somma
leggerezza. Attraverso i Paesi del Levante, dell'Africa mediterranea, essa
giungerà in Europa, in Spagna, in Sicilia, in Grecia, dove lascerà
splendidi esempi di moschee, di ricchi palazzi, di cortili (Moschea di Al Azhar
al Cairo, le moschee di Cordova, quelle di Samarra, di Bagdad, di Kairouan in
Tunisia). Fino all'anno 1000 intanto, in Italia l'
a. vive un periodo di
transizione e solo successivamente sorgeranno in Alta Italia i primi edifici
sacri dell'
a. lombarda: sarà merito dei Maestri Comacini se essa
si diffonderà in tutta la Val Padana. L'esempio più classico di
questa
a. è indubbiamente la chiesa di Sant'Ambrogio in Milano; ma
anche le chiese di San Fedele e di Sant'Abbondio in Como ne sono meravigliose
testimonianze, e così pure le chiese di San Michele in Pavia, il duomo di
Modena, il duomo e il Battistero di Parma. Tipici elementi di quest'arte sono
gli archetti, le loggette pensili, i pilastri, le lesene, l'incavatura nel
coronamento esterno dell'abside, ecc. Importante elemento è pure la volta
a crociera costolonata (sostenuta da costoloni ovvero da alcuni archi
diagonali). Questa espressione architettonica rientrava nel più ampio
alveo dell'
a. romanica che si chiamava anche
a. romanico-lombarda;
così come vi era un'
a. romanico-piemontese, che peraltro
intratteneva stretti legami con quella lombarda (San Pietro d'Asti ecc.).
L'
a. romanica, che dominò nell'Europa occidentale dall'XI al XIV
sec., venne così chiamata verso la metà del secolo scorso sia per
indicare il richiamo stilistico ad alcune tradizioni romane, sia per
l'affermarsi contemporaneo delle lingue romanze. Essa presenta da luogo a luogo
una grande varietà di caratteri che rende assai complesso ogni tentativo
di classificazione; d'altronde non è ben stabilita neppure l'origine di
questo stile architettonico, attribuita, da alcuni, a certi ordini religiosi
francesi, e particolarmente ai cistercensi e ai cluniacensi che, già in
epoca anteriore, avevano svolto in Francia una notevole attività
edilizia; altri, invece, la fanno direttamente risalire ai Maestri Comacini che,
in realtà, rappresentano la corrente più innovatrice. Il massimo
sviluppo di questa
a. si ebbe in Italia e in Francia; più tardi si
registrò la sua affermazione anche in Germania, in Inghilterra, in
Spagna, in Scandinavia e in Svizzera. Nell'Italia Settentrionale, l'
a.
romanico-lombarda, fu rappresentata nei monumenti più insigni;
nell'Italia Centrale si ebbe una tendenza classicheggiante chiaramente espressa
dal Duomo e dal Battistero di Pisa, dal Duomo di Lucca, dalla Chiesa di San
Miniato al Monte, dal Battistero di Firenze, per citare gli esempi più
noti. A Roma i Vassalletti costruirono i chiostri di San Giovanni e di San
Paolo, unitamente ad altre opere meno importanti; anche la famiglia dei Cosma (o
Cosmati) si richiamò a uno stile romanico classicheggiante nelle sue
numerose costruzioni sia nella capitale, sia in altri centri come l'antica
Falleri, dove eressero la chiesa di Santa Maria (della quale rimangono oggi
soltanto le rovine) e come a Subiaco, dove costruirono il chiostro di Santa
Scolastica, e a Civita Castellana (portico della Cattedrale). Anche in Puglia
l'
a. romanica lasciò degli splendidi monumenti: basti ricordare la
chiesa di San Nicola a Bari, le cattedrali di Trani, di Altamura, di Bitetto e
di Troia. All'estero testimonianze importanti dell'
a. romanica si trovano
a Parigi (Chiesa di Saint Germain-des-Prés) e ad Angoulême (la
Cattedrale) in Francia; le cattedrali di Magonza, di Spira, di Bamberga e di
Worms in Germania; la Cattedrale di Santiago di Compostela in Spagna. Lo stile
romanico, nelle costruzioni di carattere religioso, presenta prerogative
assolutamente inconfondibili. La principale di esse - che contraddistingue la
basilica romanica - è costituita dal sistema di copertura a volta, per
quanto non manchino esempi di costruzioni romaniche nelle quali questa
prerogativa manca del tutto (Chiesa di San Zeno in Verona). Altri elementi
tipici sono il rosone centrale della facciata e le torri, che spesso erigono la
loro mole a fianco della chiesa o, addirittura, ne costituiscono corpo unico.
L'arco è quello a tutto centro, mentre la pianta è di norma
formata dalla ripetizione di un modulo geometrico, il quadrato, che più
facilmente consente la sovrapposizione della volta a crociera. Nel XII sec.
nacque in Francia un nuovo stile architettonico, quello
gotico, destinato
a propagarsi in tutta Europa, sia pure con alcune differenze: in Italia il nuovo
"corso" non venne entusiasticamente accettato come lo fu, invece, in Germania.
Forse la riluttanza ad accogliere il nuovo stile in Italia dipendeva anche da
un'incomprensione della sua carica "rivoluzionaria", evidenziata soprattutto
nella rinuncia ai consueti equilibri statici per tendere a un'accentuata
verticalizzazione delle strutture. L'origine del termine gotico non è
certo da attribuire ai Goti, i barbari che da secoli ormai non erano più
protagonisti delle vicende storiche europee; è invece ipotizzabile, dal
momento che questo termine venne coniato dagli artisti del nostro Rinascimento,
che avesse una connotazione spregiativa, nel senso di barbarico. Lo stile,
invece, nacque con certezza in Piccardia e nell'Ile de France, probabilmente ad
opera dei padri cistercensi. Le prime ricerche, più che a temi estetici,
furono indirizzate verso la funzionalità, specialmente per quanto si
riferisce agli edifici religiosi. L'
a. romanica tendeva alla costruzione
di chiese piuttosto basse, con poche finestre e interni scarsamente luminosi;
nei climi nordici, dove il cielo è spesso coperto, questo difetto
risultava maggiormente accentuato. Di qui la necessità di ricorrere a
strutture che permettessero alla chiesa di stagliarsi e di emergere rispetto
alle circostanti costruzioni civili: questa ricerca sfociò nella
progressiva enfatizzazione del verticalismo. Lo slancio verso l'alto delle
pareti consentiva l'apertura di finestre via via più ampie e numerose. Si
ricorse all'ogiva, ottenendo così l'alleggerimento della copertura degli
edifici. D'altro canto lo sviluppo verticale delle pareti e l'apertura di molte
finestre avevano come conseguenza l'indebolimento delle strutture portanti,
oramai inabilitate a reggere la spinta della volta. Per eliminare tale
gravissimo inconveniente si dovette necessariamente ricorrere ai contrafforti
(archi di sostegno). Caratteri principali dell'
a. gotica sono pertanto:
la volta a ogiva provvista di nervature; l'arco a sesto acuto o spezzato, di cui
molti esempi erano stati forniti in precedenza dall'
a. islamica; i
contrafforti o archi rampanti esterni alla costruzione; l'assoluto predominio
del verticalismo. Come esempi di questa
a. citiamo, fra le costruzioni di
carattere religioso: le cattedrali di Notre Dame di Parigi, di Amiens, di Reims,
di Chartres, la Sainte Chapelle di Parigi in Francia; le cattedrali di Lubecca e
di Colonia in Germania; le cattedrali di York, di Canterbury, di Salisbury, di
Westminster in Inghilterra, dove il Gotico acquista una particolare fisionomia;
altri monumenti esistono in Spagna, in Olanda, in Belgio e in Svizzera. In
Italia il Gotico, per quanto non purissimo, è rappresentato soprattutto
dal Duomo di Milano; in altre città, come Firenze, Bologna, Siena, Pisa,
Orvieto, ecc. i motivi e gli stilemi dell'
a. gotica si presentano spesso
mescolati o sovrapposti a preesistenti costruzioni romaniche. L'
a. gotica
profana è manifesta nel Palazzo dei Papi ad Avignone, nella ben nota
Cà d'Oro di Venezia, in numerosi castelli, palazzi comunali o padronali,
disseminati in tutta Italia (Palazzo Ducale a Venezia, Palazzo Vecchio a
Firenze, il campanile di Giotto pure a Firenze, il Palazzo Pubblico di Siena,
ecc.). Agli inizi del XV sec. si registra un importante fenomeno di rinnovamento
culturale: il rinascere dell'amore per gli studi umanistici e per l'arte
classica. Si trattava delle prime avvisaglie del Rinascimento, che
successivamente vedrà gli intellettuali e gli artisti coralmente
impegnati in una radicale revisione della tradizione filosofica dell'età
medioevale. Questo movimento era soprattutto legato alla formazione di una nuova
mentalità che, ponendo definitivamente in crisi i valori teoretici e
spirituali dell'età precedente, sceglieva ormai di volgersi a ideali
prevalentemente laici. Pur senza escludere l'attaccamento alla fede religiosa
dei padri, la nuova generazione degli intellettuali umanisti giungeva a
configurare un orizzonte spirituale non più volto a una dimensione
trascendente ma all'esaltazione dell'attivo ruolo dell'uomo nelle vicende
storiche. Ci si orientava insomma verso un'inedita concezione immanente,
mondana, che poneva al centro l'uomo e il valore conoscitivo delle sue
esperienze. Le manifestazioni artistiche, specie per quanto attiene alle arti
figurative, si fecero pertanto più vicine agli interessi concreti
dell'umanità, più libere, e perfino più audaci e gioiose.
L'
a., naturalmente, non si sottrasse allo spirito che permeava gli animi
in quel periodo di grande fervore intellettuale. Il ritorno al classico spinse
gli architetti a studiare con attenzione gli esempi tratti dallo studio delle
espressioni artistiche della Grecia e di Roma. Per quanto in
a. non fosse
mai stata del tutto abbandonata una "linea classica" anche nei periodi
più bui del Medioevo - e ciò è dimostrato dalla chiara
derivazione della basilica cristiana dal modello di quella romana e dal ricorso
a elementi classici da parte di costruttori di chiara fama, come i Cosmati a
Roma - il nuovo movimento condusse all'abbandono di tutto ciò che poteva
essere considerato di ascendenza barbarica, in ossequio all'idea dominante
secondo cui i più alti ideali estetici e morali potevano provenire solo
dal grande magistero di Roma e di Atene. Precursori della nuova scuola furono
Brunelleschi, dalle eleganti e ardite concezioni, e il teorico Leon Battista
Alberti - che costruì il Tempio Malatestiano a Rimini - subito seguiti e
imitati da una schiera di artisti famosi. È invalso un metodo di
classificazione dell'
a. rinascimentale che prevede la suddivisione in tre
periodi distinti: il Primo Rinascimento che comprende tutto il XV sec.; il Medio
Rinascimento che abbraccia la prima metà del XVI sec.; il Tardo
Rinascimento che comprende la seconda metà del XVI sec. fino agli inizi
del XVII. Nel primo periodo il fiorentino Filippo Brunelleschi, dopo aver
studiato a Roma le forme dell'antichità classica, più ancora che
nella cupola di Santa Maria del Fiore in Firenze, espresse i canoni del
Rinascimento nell'Ospedale degli Innocenti (iniziato nel 1419). In questo
edificio dall'atrio aperto e circondato da snelle colonne, a imitazione dello
stile corinzio, sulle quali si eleva una parete interrotta da finestre, si
ritroveranno poi i motivi dominanti dell'
a. civile fiorentina. Altre sue
opere, appartenenti tutte al primo periodo rinascimentale, sono la chiesa di San
Lorenzo, la cappella dei Pazzi nel chiostro di Santa Croce, la chiesa di Santo
Spirito. Alberti, di origine fiorentina, ma forse nativo di Genova, oltre che
teorico insigne (sua è l'opera
De re aedificatoria) fu un
attivissimo architetto che trasse ispirazione dai modelli classici per
progettare e costruire le sue pregevoli opere rinascimentali del primo periodo;
tra queste vanno citate, oltre al già nominato Tempio Malatestiano di
Rimini, la facciata di Santa Maria Novella e il Palazzo dei Rucellai in Firenze,
e la chiesa di Sant'Andrea a Mantova. Mentre questi due grandi artisti erano
attivi soprattutto in Toscana, in Lombardia si andava affermando un altro
giovane sostenitore del nuovo stile architettonico, ovvero Donato D'Angelo detto
il Bramante nativo di Fermignano (Pesaro). Di lui si tratterà più
dettagliatamente a proposito del Medio Rinascimento. Altri architetti seguirono
le orme di Brunelleschi e di Alberti, in Toscana; tra essi Michelozzo
Michelozzi, allievo di Brunelleschi, che ampliò secondo il nuovo stile il
Palazzo de' Medici in Firenze; Bernardo Rossellino, che fu attivo a Siena. Anche
a Milano si affermò la rivisitazione dello stile classico con Filarete,
Antonio Averlino, che avviò i lavori dell'Ospedale Maggiore, e con
Michelozzi, autore del Palazzo del Banco Mediceo di Milano. Il periodo del Medio
Rinascimento segnò il trionfo romano del Bramante che, dopo aver lavorato
a Milano (rifacimento di Santa Maria presso San Satiro, tribuna di Santa Maria
delle Grazie), costruì a Roma il piccolo tempio di San Pietro in
Montorio, il chiostro di Santa Maria della Pace, l'abside di Santa Maria del
Popolo, la chiesa di San Celso, quella di San Biagio e il Palazzo dei Tribunali;
su tutto però prevalsero i suoi lavori presso la fabbrica di San Pietro e
nel Palazzo Vaticano, come la pianta della chiesa di San Pietro - la cattedrale
ebbe una storia assai complessa - e la progettazione dei cortili del Belvedere e
di San Damaso. Mentre Bramante operava a Roma, altri architetti, guidati dal
gusto per il classico, furono attivi in molte parti d'Italia, e soprattutto nel
Veneto dove eccelsero le opere di Sansovino, Jacopo Tatti, allievo di Andrea
Colucci, altro artista chiamato pure Sansovino, che a Venezia eresse la famosa
Libreria di San Marco e il Palazzo Corner. Una menzione a parte merita Palladio,
architetto padovano: celebri sono molte sue opere e tra queste vanno citati il
Teatro Olimpico di Vicenza dove costruì anche la Basilica; le chiese del
Redentore e di San Giorgio Maggiore in Venezia oltre a numerosissime ville come
la Villa Barbaro, la Villa Malcontenta, la Villa Rotonda, la Villa Maser e molte
altre in cui spesso inserì, nel suo stile di derivazione classica,
qualche elemento del nascente stile barocco. Nell'arco che comprende il Medio
Rinascimento e il Tardo Rinascimento numerosissimi edifici portavano la firma di
Raffaello Sanzio, di Giulio Romano suo allievo (suo è il Palazzo del
Tè dei Gonzaga a Mantova), di Baldassarre Peruzzi (Palazzo della
Farnesina in Roma), di Michele Sanmicheli (Palazzo Grimani a Venezia e numerose
fortezze come quella di Padova, di Verona, ecc.), di Jacopo Barozzi detto il
Vignola che, con Michelangelo Buonarroti, collaborò alla fabbrica di San
Pietro in Roma e che ebbe parte notevole nella costruzione del Casino di Papa
Giulio II, di Galeazzo Alessi (Palazzo Marino a Milano e Villa Cambiase a
Genova). Ma molti altri architetti dell'epoca meriterebbero citazione, da
Francesco Laurana il Bramantino a Bartolomeo Ammannati. Mentre in Italia
l'
a. rinascimentale era in piena fioritura, traendo alimento dai
Libri
IV dell'architettura scritti dal Palladio, all'estero permaneva lo stile
tardo-gotico, ramificato in molteplici correnti diversificate secondo le aree
geografiche: lo stile perpendicolare, particolarmente diffuso in Inghilterra e
in Germania; lo stile gotico fiammeggiante, espressione tipica del tardo-gotico
francese, che in Spagna era invece denominato
mudejar. In Estremo Oriente
l'evoluzione del linguaggio e delle tecniche architettoniche non fu meno
interessante e vitale, sia pure seguendo linee di sviluppo assolutamente
autonome: basti pensare alle bellissime pagode cinesi e, in Pechino, al Tempio
del Cielo e agli splendidi palazzi; nel 1400 l'
a. araba ebbe le sue
massime espressioni nella Tomba di Tamerlano a Samarcanda e, nel 1500, nella
Moschea del Solimano a Istanbul. Nello stesso secolo furono costruiti in Francia
i più celebri castelli della Loira, oltre al Palazzo del Louvre e delle
Tuileries, in Germania il famoso Palazzo dell'Elettore Ottone Enrico a
Heidelberg. In Boemia questa fu l'epoca dei grandi castelli, mentre nella
penisola iberica si diffuse uno stile particolare: lo
estilo
desornamentado del quale sono esempi la Cattedrale di Cadice e il Palazzo
dell'Escorial. Notevole anche, in questo periodo, la Cattedrale di San Basilio a
Mosca. Verso la fine del XVI sec., però, cominciò a prendere piede
in Italia un movimento che rispondeva a una crescente esigenza di introdurre
elementi di innovazione stilistica nel linguaggio dell'
a. Si andò
alla ricerca esasperata del fronzolo, dell'ornamentazione ridondante seguendo i
"capricci" della nuova corrente, mossa forse da un'inquietudine sentimentale,
dalla smania di dare sfogo a una fantasia esuberante, di esprimersi attraverso
una stravagante e fastosa esibizione esteriore: così l'
a. si
avviava verso il
Barocco. Alla testa della nuova scuola vi furono gli
architetti Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini. Il primo, napoletano,
eresse il Baldacchino di San Pietro, costruì il Palazzo di Montecitorio,
il Palazzo Odescalchi, la Scala Regia, il Colonnato di San Pietro e la chiesa di
Sant'Andrea al Quirinale, insieme ad altri edifici minori. Fu indubbiamente un
grande architetto anche se le sue stravaganze influenzarono non poco la nutrita
schiera dei suoi seguaci e imitatori, che lasciarono opere non certo pregevoli
come le sue. Il Borromini, per il quale valgono le medesime considerazioni, fu
forse più originale del Bernini, come è possibile constatare
dall'analisi dei suoi lavori, di cui i più noti sono: la chiesa e il
convento di San Carlino alle Quattro Fontane, il convento dei Filippini, le
chiese di Sant'Ivo alla Sapienza e di Sant'Andrea delle Fratte, tutti edifici
romani. A differenza di Bernini, lo stile di Borromini fu più intimo che
monumentale: ed è appunto in virtù di questa prerogativa che si
attribuisce la derivazione del Rococò europeo dal Barocco. Nel corso del
'600 molti altri architetti firmarono opere di stile barocco; ne ricordiamo
qualcuno fra i maggiori: lo svizzero Carlo Maderno che collaborò anche
alla facciata di San Pietro in Roma; Pietro Berrettini, più noto come
Pietro da Cortona, di cui le opere più rilevanti sono però quelle
pittoriche; Guarino Guarini, modenese: sono suoi il Palazzo Carignano a Torino,
la cappella della Santa Sindone, nella stessa città, la chiesa di San
Lorenzo dei Teatini, ecc.; i Bibiena, architetti bolognesi, noti anche come
abili costruttori di teatri (di Giuseppe Bibiena, ad esempio, è il teatro
di Bayreuth). Il Barocco ebbe diffusione anche in altri Paesi d'Europa e
particolarmente in Francia dove si distinsero Jacques Lemercier, autore del
Palais Royal di Parigi, Louis Le Vaux che costruì l'Institut de France
pure a Parigi; e poi Pierre Le Muet, Salomon de Brosse, François Mansart
(l'ideatore della mansarda). In Inghilterra, la Cattedrale di San Paolo a Londra
fu costruita da Christopher Wren; in Germania si distinse Elias Holl e, in
Russia, nel Barocco pietroburghese eccelse Bartolomeo Rastrelli, il cui figlio
Bartolomeo Francesco erigerà a Pietroburgo il Palazzo d'Inverno e a Kiev
la chiesa di Sant'Andrea. Un altro architetto veneziano è degno di
ricordo: Baldassarre Longhena che costruì gli splendidi palazzi Rezzonico
a Pesaro, le chiese di Santa Maria della Salute e di Santa Giustina. A Venezia
il Barocco si ingentilì tanto da meritarsi il nome di
Barocchetto,
specialmente intorno ai primi del Settecento, mentre, nella stessa epoca,
sbocciò in Francia il
Rococò che presto si diffuse in
Austria e in Germania. Gli eccessi stilistici, le forme ridondanti, l'ornamento
arzigogolato e tutti i tratti che in genere caratterizzarono il Barocco, anche
se congeniali alla decadenza dei costumi del XVIII sec., cominciarono a cadere
in disuso. Nacque così il
Neoclassicismo, che rappresentò
una vera e propria reazione al Barocco, in quanto mirava a ripristinare le
regole, già tanto seguite, dell'
a. classica greco-romana. Ne
furono i promotori Niccolò Salvi, romano, che ha lasciato la famosa
Fontana di Trevi; Giuseppe Piermarini, nato a Foligno, che a Milano
costruì il Teatro alla Scala, la Villa Reale di Monza, rifece il Palazzo
Reale e il Palazzo Belgioioso; Luigi Vanvitelli di Napoli, allievo di Filippo
Juvara, di cui però non seguì le dottrine per dedicarsi allo stile
neoclassico: fu opera sua la famosa Reggia di Caserta. Anche in Francia, in
Germania, in Russia, ecc. non tardarono a manifestarsi le nuove tendenze
neoclassiche. Emuli degli architetti italiani furono in Francia: Jacques Ange
Gabriel (Teatro dell'Opera di Parigi), che però si attenne ancora a
schemi barocchi; Jacques Soufflot, costruttore del Pantheon parigino. In
Germania e in Austria si seguì ancora la scuola barocca (con von Beer,
von Knobelsdorf, Langhas). In Russia, invece, il Neoclassicismo si
mescolò con alcuni tratti tipici dello stile palladiano e fu
rappresentato dall'italiano Antonio Rinaldi. Con il XIX sec. vi fu un nuovo
radicale rinnovamento dell'
a., legato all'affermazione di un movimento,
il
Romanticismo, che ebbe origine in Germania. Si trattò di un
fenomeno culturale di grandissima portata, inizialmente dettato dalla scoperta
dello spirito nazionale tedesco, e successivamente destinato a investire tutte
le manifestazioni della cultura europea: dalla pittura alla musica, dalla
letteratura alla scultura. Con l'affermazione del principio di
nazionalità si riscoprì il valore della Storia. Accanto alla
rivalutazione dello spirito nazionale dei popoli e delle tradizioni storiche, si
ebbe una parallela esaltazione del sentimento dettata dall'aspirazione a
lasciarsi trasportare dalle forze della natura, abbandonando il rigore
raziocinante delle teorie illuministiche. Filosofi, letterati, musicisti,
pittori e scultori abbracciarono entusiasticamente il nuovo movimento. Per
l'
a., comunque, l'avvento del Romanticismo non coincise con un periodo
particolarmente fecondo, in quanto - nonostante l'intensa vitalità delle
manifestazioni culturali dell'epoca - prevalsero gli aspetti più
problematici e complessi della tormentata adesione del linguaggio architettonico
ai nuovi ideali. Qualcuno lo ha definito il "secolo senza stile", e non del
tutto a torto. L'unico linguaggio stilistico davvero organico e coerente che
sopravvisse nel primo ventennio del XIX sec. fu in effetti il Neoclassicismo,
che peraltro continuerà a manifestarsi sporadicamente anche più
tardi. Definitivamente chiusa la parentesi neoclassica, i modi espressivi
dell'
a. non raggiunsero mai un'autonomia e una dignità tali da
farli assurgere al grado di "stile". Le prime notevoli costruzioni ottocentesche
si distinsero per la struttura continua a telaio elastico di ferro, struttura
che consentì l'aumento della portata e l'impiego di ampie superfici
vetrate. Si costruirono i primi ponti di ferro, ispirati al modello del ponte di
Coalbrookdale, sul fiume Severn (risalente al 1775-1779), e le prime opere di
copertura (nelle gallerie stradali furono impiegati ferro e vetro): ne sono
esempi le gallerie di Milano, di Trieste, di Parigi, la Galerie des Machines.
Vanno poi ricordati la Torre Eiffel di Parigi e il Palazzo di Cristallo di
Londra. Il Romanticismo in
a. giunse anche a riprodurre antiche
costruzioni medievali: è il famoso Gothic Revival, chiaramente espresso
nella villa costruita per Lord Walpole a Strawberry, in Inghilterra. L'edificio
più rappresentativo del
Neogotico resta sempre, però, il
palazzo del Parlamento a Westminster eretto da Charles Barry. Altri
rappresentanti del Neogotico furono Edward Blore, William Porder,
Viollet-le-Duc, Pietro Selvatico, Camillo Boito, Rubbiani, Fabris. Un'altra
corrente affermatasi in questo secolo fu l'
Eclettismo, da molti
considerato soltanto un compromesso, in quanto basato su un miscuglio di
elementi appartenenti a ordini e stili diversi: ne fu espressione emblematica la
nuova sede dell'Opéra di Parigi (1875), di Charles Garnier. Veramente
apprezzabile fu, nell'Ottocento, la nascita di una nuova corrente dell'
a.
che si chiamò
Restauro dei Monumenti, forse dovuta allo stesso
neogoticizzante Viollet-le Duc. Verso la metà del secolo, poi, venne
brevettato da Joseph Monnier il procedimento per la produzione del cemento
armato che però resterà inapplicato fino al principio del XX sec.
A prescindere dall'utilizzo architettonico del ferro, peraltro usato quasi
esclusivamente in costruzioni di pubblica utilità, non si registra
l'avvento di altre tecniche nuove, nonostante la disponibilità di
parecchi materiali (cemento, alluminio, vetro, ecc.) che avrebbero potuto
trovare un impiego redditizio. In ogni caso lo sfruttamento di nuovi materiali e
l'invenzione di nuove tecniche risultavano inibiti a causa della mancanza di una
fantasia creatrice davvero vitale e innovativa. Questa fantasia si
rivelò, però, nella seconda metà del secolo XX, quando si
affermò un nuovo stile, assai vivace e rapidamente diffuso in tutta
Europa sotto varie etichette. Fu lo stile che caratterizzò la Belle
Epoque: lo
Stile Liberty o Stile Floreale. In Inghilterra esso si
chiamò
Arts and Crafts, nei Paesi di lingua francese
Art
nouveau, in Germania
Jugendstil, in Austria
Sezession. In
Italia il Liberty sbocciò nel 1902 a Torino in occasione dell'esposizione
d'arte decorativa. Suoi vessilliferi: Raimondo D'Aronco, Ernesto Basile, Max
Fabiani, Giuseppe Sommaruga (Albergo del Sacro Monte di Varese, Palazzo
Castiglioni a Milano), Alfredo Campanini, Luigi Broggi e numerosi altri. A
questi nomi di architetti italiani occorre aggiungere quello di Alessandro
Antonelli, piemontese, il quale non fu decisamente seguace del Floreale quanto
piuttosto di un indirizzo tardo-neoclassico che si estrinseca nel San Gaudenzio
di Novara e nella Mole Antonelliana di Torino, nei quali prevale il grande
prestigio architettonico dell'intuizione strutturale. Certamente Antonelli fu il
più moderno o, meglio, il più attuale fra tutti gli architetti
suoi contemporanei. Tra gli stranieri che abbracciarono lo stile Liberty vanno
menzionati, primo fra tutti, lo spagnolo Cornet Antoni Gaudí (1852-1926),
nato a Barcellona, città dove fu più attivo. A lui sono dovuti il
Tempio della Sacra Famiglia, la casa Milá e la casa Batlló. Vanno
poi citati l'architetto francese Vector Guimard, di cui è noto il
discusso esempio fornito da una stazione del métro parigino; Jules
Lavirotte con la sua facciata della casa in Avenue Rapp n. 29 a Parigi;
l'ungherese Gèza Maròti specializzato nel progettare e
nell'allestire mostre d'arte; Victor Horta, il belga ricco di fantasia e di
raffinata eleganza; il suo collega Henry Van de Velde; Franz Jourdain e Otto
Wagner. In America aderirono al movimento Floreale due artisti, Sullivan e
Richardson (Scuola di Chicago); in Inghilterra rappresentarono l'Arts and
Crafts, William Morris, Marshall e Faulkner seguiti, dal punto di vista ideale,
da R.N. Shaw, C.F. Annesley Voysey, Philip Webbe, i quali si ispirarono
piuttosto al '700 inglese. In Italia il Liberty durò poco più di
un ventennio e rapidamente venne esiliato alla periferia delle città,
relegato in provincia e si esaurì in manifestazioni minori; oppure
trovò credito per un certo periodo ancora in Sicilia, nell'opera di
Ernesto Basile. In sua vece nasceranno il
Novecentismo, prima, e il
Razionalismo, poi. Non è facile stabilire una data precisa per
l'inizio dell'
a. moderna, benché molti storici ne facciano
risalire la nascita al periodo immediatamente successivo alla prima guerra
mondiale. Non è dunque errato affermare che le prime manifestazioni del
nuovo corso ebbero inizio intorno al 1919-1920, anche se bisogna ammettere che
il linguaggio architettonico moderno non nacque improvvisamente ma si
sviluppò attraverso un lungo periodo di gestazione, in cui affiorarono
nuove idee, teorie d'avanguardia, concetti sociali e dottrine sociologiche che
procedevano di pari passo con il progresso industriale e con la diffusione di
più elevati standard di vita. La transizione dalla fase teorica a quella
sperimentale e pratica fu resa possibile anche dall'avvento del cemento armato
(Joseph Monnier aveva brevettato il suo primo procedimento per la produzione del
cemento armato fin dal 1849), dalla produzione industriale dell'acciaio
(processo Bessemer, 1855) e da quella dell'alluminio. Soltanto al principio del
XX sec., però, cemento armato, ferro e alluminio, entrarono normalmente
nelle applicazioni strutturali degli edifici. Contrariamente alla vecchia
generazione legata a stilemi architettonici e tecniche costruttive superate, i
giovani provavano l'irreprimibile esigenza di sfrondare le costruzioni del nuovo
secolo da un decorativismo ridondante e superfluo, per adeguarle a un ideale di
semplicità finalizzato a mettere in evidenza la potenza intima delle
strutture. Così si mossero H.P. Berlage in Olanda, Beherens in Germania,
Boberg in Svezia e Wagner in Austria. I giovanissimi, poi, passati attraverso le
drammatiche vicende belliche, decisero di troncare addirittura qualunque forma
di legame nostalgico e di compromesso con il passato. Si arrivò pertanto
alla formulazione di un linguaggio architettonico affrancato da stili ormai
sentiti come anacronistici, e proiettato invece verso l'elaborazione di nuove
forme improntate a criteri "razionali", capaci di confluire in un linguaggio
universale, condivisibile da parte degli innovatori di tutto il mondo; tra
questi citiamo lo svizzero Le Corbusier, il francese Loos, l'americano Wright,
il tedesco Gropius, l'italiano Sant'Elia. Il mutamento di indirizzo
nell'
a. era anche imposto dai nuovi stili di vita e da un mondo che ormai
si stava avviando a grandi passi verso l'industrializzazione. Quando si parla di
a. moderna si pensa agli imponenti grattacieli degli Stati Uniti. I primi
esempi concreti di questa tipologia architettonica sorsero nella seconda
metà del XIX secolo, ma gli architetti statunitensi da Buffington a
Sullivan, a Richardson a Baumann, a Huell, ecc., benché facessero
ricorso, in genere, a nuove conquiste tecniche, non riuscirono a liberarsi
dall'eredità del passato, preferendo camuffare i loro edifici con torri
merlate, campanili e altri motivi di remota ascendenza. Uno dei primi architetti
a lanciare un messaggio di fuoco contro gli pseudostili, dal Floreale al
Neoclassico, dal Neobarocco all'Umbertino, fu Adolf Loos, nel 1908. Ma
già le sue prime teorie erano state elaborate da Otto Wagner in "Moderna
Architettura" (Scuola di Vienna) e sperimentate da Franck, da Olbrich e da
Hoffmann al principio del secolo. La
Sezession e l'
Art nouveau
vennero superate già nel 1912 dal cecoslovacco Kotera. Nel 1914 Henri van
de Velde pubblicò le
Formule della moderna bellezza in
architettura. Poi, nel 1917, Theo van Doesburg fondò a Dresda il "De
Stijl" e gli Olandesi si posero all'avanguardia con il
Neoplasticismo.
L'interludio che precede la vera
a. moderna proseguì con la "Casa
Domino" di Le Corbusier, con il
Futurismo di Sant'Elia, con il
Costruttivismo del russo Vladimir Tatlin, e con la
Bauhaus di
Gropius. Accanto alle nuove forme del primo
Razionalismo europeo
convissero però atteggiamenti neoclassici come il
Neoromanesimo in
Italia, il
Neoclassicismo nordico, l'
Espressionismo tedesco. In
alcuni casi alle manifestazioni artistiche e alle correnti stilistiche non erano
alieni fini politici e interessi di parte. Spesso, tra le enfatiche e
mastodontiche costruzioni espresse dalle correnti dominanti si distinguevano
soltanto taluni edifici per la semplicità delle linee e la
sobrietà delle scarne decorazioni: sintomi, questi, che già
preannunciavano l'avvento del vero
Razionalismo. Fu questo movimento a
delineare la nuova grammatica che avrebbe condizionato l'arte del costruire, non
solo in Europa, ma nel mondo intero. Dalla inventiva di Le Corbusier si
passò alla poesia pura di Mies van der Rohe, al vivo rapporto
arte-industria della Bauhaus. Dovunque, nel mondo, i nuovi grandi architetti,
furono propugnatori di una rivoluzionaria concezione dello spazio, mirata al
raggiungimento di un traguardo essenziale: il bello-funzionale. I protagonisti
di questo nuovo corso furono: R.J. Neutra, G. Hwe, W. Lescage, Harrison, S.A.
Fouilhoux in America; José Sert, Kunjo Maekawa, Kenzo Tange, Ichiro
Kawahara in Giappone, Hawliceck, Honzik, Fragner in Cecoslovacchia; Van Tijen e
Van der Vlugt in Olanda; Eeelzerbacher, Fellere, Haerdt in Austria; M.L. Otero,
J. Vaquero in Spagna; Salvisberg, Meili, Moser in Svizzera; Markelius, Jacobsen,
Aalto in Scandinavia. Sorsero il Collegio Svizzero, la Villa Savoye di Le
Corbusier, il Padiglione tedesco a Barcellona di Mies van der Rohe, la Bauhaus
di Dessaun di Gropius, il Palazzo Comunale di Hilversun di Dudok, le Case
Popolari di Oud. Pareti vetrate, modulazioni di
pilotis, schermi di marmo
e di cristallo, scomposizioni di volumi sono gli elementi caratterizzanti di
questa nuova
a.. Sintetizzano lo spirito del nuovo corso le parole di
Ludwig Mies van der Rohe: "l'
a. è la volontà di un'epoca,
tradotta in spazio: vivente, mutevole, nuova. Non al passato, non al futuro,
soltanto al presente si può dar forma..." In Italia, dopo un lungo
periodo caratterizzato da grandi polemiche su organi di stampa specializzati
come la "Rivista di architettura" e "Arti decorative", si ebbero le prime
realizzazioni intonate al Razionalismo. Negli anni Trenta il "Gruppo di Como",
con Terragni, Lingeri, Cereghini, Sartoris, ecc. fu impegnato in un'intensa
attività: Casa del Fascio (1932-1936), l'Asilo di Sant'Elia (1934), varie
case a Milano, ville in campagna, ecc. A Milano fu attivo il "Gruppo 7" (Figini,
Frette, Larco, Pollini, Rava, Terragni, Castagnoli): qui ebbero particolare
rilievo le manifestazioni alla Triennale. Ma altri architetti erano destinati a
emergere rapidamente; tra essi si ricordano: Baldassarri, Asnago, Vender, Camus,
Palanti e Franco Albini; e poi il Gruppo BBPR (Banfi, Belgioioso, Peressuti,
Rogers), Persico, Nizzoli e Gio Ponti (Palazzo della Montecatini del 1936). A
Roma il Razionalismo fu rappresentato da Libera, De Renze, Valenti, Ridolfi,
Moretti, ecc. Affermatosi grazie a un concorso, salì alla ribalta il
Gruppo di Michelucci che, con un lavoro di équipe, realizzò la
Stazione di Santa Maria Novella in Firenze (che risente l'influsso di Gropius e
di Le Corbusier). Pier Luigi Nervi, il solo che seppe infondere un carattere
autenticamente nostrano al Razionalismo italiano, espresse il vertice del suo
talento nello Stadio Berta di Firenze, mirabile sintesi di genialità,
poesia e amore per il bello, fusi con la tecnica più avanzata. Per Nervi
la forma delle strutture architettoniche, anche di quelle più complesse,
scaturisce da un processo inventivo, quindi eminentemente artistico,
perché "solo in momenti successivi tale forma viene controllata
attraverso il calcolo, la sperimentazione". Numerose sono le opere di questo
architetto che riconfermano le sue teorie: il Kursaal del Lido di Roma, la
Torino-Esposizioni, le Aviorimesse di Orbetello, ecc. Fra gli ultimi episodi del
Razionalismo in Italia sono da citare l'E42, ovvero il famoso quartiere romano
dell'EUR, nato dal piano per la costruzione dell'Esposizione Universale di Roma
che avrebbe dovuto aver luogo nel 1942, Sabaudia, lo Studium Urbis. Dopo la
seconda guerra mondiale l'
a. non si allontanò che parzialmente dal
Razionalismo com'era concepito, per esempio, da Le Corbusier; in ogni Paese si
manifestarono tendenze specifiche che, pur aderendo a un criterio di rigorosa
funzionalità costruttiva, cercarono di mantenersi in qualche modo
radicate nelle tradizioni locali. La nuova generazione di architetti-poeti si
concesse dunque un più ampio margine creativo, nonostante la dimensione
prevalentemente sovranazionale insita nel concetto stesso di Razionalismo e
propugnata dai suoi maggiori esponenti. Con la parentesi bellica venne a
esaurirsi la fase più propriamente vitale e propositiva del Razionalismo,
lasciando però ampio spazio a nuove elaborazioni sul piano dei sistemi
costruttivi e delle innovazioni tecnologiche. Fecero così la loro
comparsa nuovi modi di sfruttare il cemento armato (peraltro già previsti
e formulati da Maillart, da Torroja, da Nervi); il recupero del motivo dell'arco
(quello nuovo, delle strutture a ponte), e il ricorso alla copertura
autoportante, alla tecnica delle volte sottili, all'impiego dell'iperboloide
(Felix Candela), ecc. L'esigenza storica di porre mano alla ricostruzione di
molte città europee distrutte dalla guerra sollecitò, in
definitiva, una significativa apertura verso nuove soluzioni architettoniche e
urbanistiche. In questo quadro di radicali cambiamenti nello scenario
internazionale, solo Le Corbusier e pochi altri si mantennero fedeli al
Razionalismo ortodosso (Grattacielo Cartesiano, progetto per l'Ospedale di
Venezia, ecc.). Dalla teorizzazione dell'"Unité d'habitation" di Le
Corbusier, Van den Broek e Bakema, molta strada doveva ancora essere percorsa
per approdare a soluzioni autenticamente innovative. Rigoroso funzionalista si
è dimostrato il finlandese Alvar Aalto che pure pervenne a un nuovo senso
compositivo. E così Deilmann, Hausen, Rave, Düttmann, Runhau; anche
il danese Arne Jacobsen, lo spagnolo Coderch, lo svedese Markelius seguirono la
nuova corrente. Cromatismo, ricchezza plastica e complessità compositiva
sono i caratteri dominanti delle opere recenti di Camelot, di De Mailly, di
Prouvè, di Breuer, di Rainer, di Nervi. Negli Stati Uniti, con la
realizzazione dell'aeroporto TWA a New York, si distinse l'apporto innovativo di
Eero Saarinen; vanno inoltre ricordati Mielziner e Barnes; Wachsman, Kahn,
Lundy, Buckminster Fuller (cupola geodetica del padiglione statunitense
all'Esposizione di Montreal del 1967) e Joseph Salerno con la sua United Church
of Christ di Rowayton. Numerosissimi altri architetti statunitensi sono stati
fra i protagonisti della nuova architettura americana. Nel Messico e nel
Sudamerica vanno menzionati Felix Candela, Lucio Costa, Jorge Moreira, Ernani
Vasconcellos, Alvarez Espinosa, e vari altri. In Giappone, fra i nuovi, si
ricordano Moto-o-Take, Tohgo Murano, Ashihara, Kikutake, Otaka, Maki, ecc. Il
quadro della più recente
a. mondiale si presenta estremamente
mobile, composito e frammentario, costituito da esperienze varie e tra loro
contrastanti. La disgregazione del movimento moderno, che aveva dominato gli
ultimi decenni dell'
a. mondiale, ha dato vita a innumerevoli nuove
tendenze, genericamente definite
postmoderne. L'affermazione delle nuove
tendenze architettoniche postmoderne ha comportato, soprattutto negli Stati
Uniti, una profonda revisione critica dello stile internazionale, impostosi dopo
la guerra mondiale e sul quale si erano basati la costruzione e il rinnovamento
dei centri direzionali delle grandi città. Gli esempi più
macroscopici di questo stile sono i grattacieli newyorchesi dell'isola di
Manhattan: immense "gabbie" di vetro, acciaio e cemento, a cominciare da quelli
costruiti fra gli anni Venti e Trenta, ad opera di architetti famosi quali
Raymond Hoods, William Van Alen, John Mead. Gli anni Cinquanta e Sessanta hanno
segnato il trionfo dei grandi edifici, sempre caratterizzati dalla triade di
vetro-acciaio-cemento e basati su uno schema architettonico geometrizzante e una
concezione urbanistica della "città verticale". Questi stessi principi
ispiratori sarebbero poi stati al centro di un dibattito acceso e
successivamente sottoposti a seria revisione critica. L'inversione di tendenza
ha portato i massimi rappresentanti dell'
a. mondiale a compiere sforzi
per interpretare in chiave moderna la grande
a. del passato: i primi e
più interessanti esempi di questa sorta di rivisitazione, che
contraddistingue gli anni Ottanta, provengono dai nuovi grattacieli costruiti
negli Stati Uniti, assai diversi fra loro per stile e concezione architettonica,
ma in genere accomunati da un elevato coefficiente di spettacolarità:
facciate di vetro cangiante (che mutano colore al variare delle condizioni di
luce), giochi di vetri e specchi che richiamano gli effetti dei quadri cubisti,
ultimi piani girevoli come quello del Renaissance Center di Detroit, firmato da
John Portman. Gran parte dei nuovi grattacieli costruiti negli Stati Uniti
tendono a trarre ispirazione dall'
a. rinascimentale e gotica europea
rivalutando nel contempo i materiali tradizionali, come per esempio quello della
American Telephone and Telegraph, firmato da Philip Johanson, rivestito in parte
di granito, pietra e marmi rosa e verdi. Innovazioni e stravaganze estetiche
costituiscono comunque solo un aspetto - e non il più importante - della
nuova corrente postmoderna, che mira fondamentalmente al recupero della
dimensione sociale dello spazio architettonico e alla valorizzazione delle aree
verdi, attraverso l'incorporazione di aiuole, giardini, serre, fontane e
laghetti all'interno dei nuovi edifici. Sull'esempio di P. Johanson, numerosi
architetti statunitensi, tra cui Ulrich Franzen e Helmut Jahn, tendono a
recuperare l'esempio dell'arte europea, costruendo grandi edifici caratterizzati
da moduli formali irregolari e dalla dovizia di pinnacoli e sfaccettature,
sostanzialmente improntati a un criterio di eclettismo stilistico. Altri
architetti interpretano diversamente lo stile postmoderno, conservando come
elemento dominante il vetro, arricchito da decorazioni e colori di ispirazione
pittorica, come per esempio Cesar Polli che, per il Battery Center di Manhattan,
si è ispirato a Mondrian. Non meno interessanti sono le linee di tendenza
innovative seguite dagli architetti europei. Tra i grandi nomi ricordiamo quelli
di vari architetti italiani, tra cui Vittorio Gregotti, Renzo Piano, Carlo
Aymonimo, Aldo Rossi. Tra i massimi rappresentanti dell'
a. europea e
mondiale, vanno inoltre ricordati i tedeschi Ostwald Mathias Ungheres e Joseph
Kleiheus, l'inglese James Stirling, lo spagnolo Oriol Bohigas e i giapponesi
Kenzo Tange (tra le sue numerose realizzazioni si ricordano il piano urbanistico
di Tokyo e il Centro della pace di Hiroshima) e Minoru Yamasaki (progettista del
World Trade Center di New York), entrambi molto attivi anche in Italia. Una
panoramica delle nuove tendenze architettoniche e un confronto internazionale
tra i grandi dell'
a. contemporanea è quello offerto dall'Iba
(International Bau Austellung), una mostra architettonica di eccezionale profilo
e vasto respiro internazionale. Un'altra occasione di confronto è stata
rappresentata dall'
Expo '89, la grande manifestazione celebrativa del
duecentesimo anniversario della Rivoluzione francese, per la quale i massimi
rappresentanti dell'
a. europea e mondiale sono stati chiamati a far parte
della direzione architettonico-urbanistica incaricata di fissare gli
orientamenti generali e di pianificare gli spazi, rimodellando il centro di
Parigi. ║
A. organica: scuola architettonica della metà del
nostro secolo, fondata da F.L. Wright. Si caratterizza per lo studio della forma
e dei materiali costitutivi di un edificio in rapporto alla sua funzione e alla
sua collocazione nell'ambiente. • Inf. - Termine
generico mediante il quale si indica la struttura generale di un calcolatore o
di un software complesso. L'
a. a bus indica che ciascuna delle
unità operative è collegata in parallelo su una linea di
connessione multipla, detta appunto bus, che viene da tutte condivisa.
L'
a. a multiprocessore indica un sistema a più processori che
lavorano in parallelo su compiti diversi o sullo stesso compito, effettuando
l'interscambio dei dati. L'
a. CICS viene di solito contrapposta alla
RISC. Si parla anche di
a. seriale, parallela e a
pipeline. Nella
prima le operazioni avvengono in sequenza; nella seconda hanno invece un
parallelismo più o meno elevato; infine, in quella a
pipeline vi
è un "canale" nel quale le istruzioni vengono elaborate o preelaborate
lungo la "strada" che porta alla CPU. Nel software l'
a. è intesa
come una struttura dei programmi e dei sottoprogrammi, che di solito è
indipendente dall'hardware utilizzato e, in certi casi, anche dal linguaggio di
programmazione.